
Le scuole occupate tornano al centro della cronaca nazionale. Dall’inizio di ottobre diversi istituti hanno deciso di avviare la protesta a sostegno del popolo palestinese, trasformando aule e corridoi in spazi di mobilitazione politica.
Un fenomeno partito già dalle scorse settimane e che, dopo le manifestazioni del 3 e 4 ottobre, si è esteso ad altre realtà scolastiche. La lista degli istituti coinvolti continua quindi ad allungarsi, rendendo questo autunno 2025 uno dei più movimentati e tesi degli ultimi anni.
Diretta occupazioni: aggiornamenti e retroscena
In questa diretta seguiamo tutte le novità sulle scuole occupate: dalle nuove adesioni alle occupazioni alle dichiarazioni degli studenti e delle istituzioni, fino agli aspetti burocratici e logistici che accompagnano una mobilitazione di questo tipo.
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Da Torino:
Va ricordato che l’occupazione è un atto illegale, quindi non può essere “autorizzata” né regolata. La sua durata è legata alla tenuta del movimento studentesco e al livello di tolleranza di chi gestisce la scuola. In genere, più a lungo si protrae, maggiori sono i rischi di conseguenze disciplinari o penali per chi viene individuato come promotore. Specie se al momento dello sgombero si registrano danni alla struttura o al materiale didattico.
D'altronde non è la prima volta che la cultura pop entra nell'iconografia del dissenso politico: basti pensare alla maschera di Guy Fawkes o al gesto delle tre dita di Hunger Games.
Diverso è il discorso per autogestioni e cogestioni, che sono attività autorizzate (o comunque tollerate) dalla dirigenza. In questi casi la scuola resta formalmente aperta e gli studenti che non partecipano devono comunque giustificare l’assenza, come se fosse una normale giornata di lezione.
Gli studenti dell’Augusto hanno diffuso una nota per spiegare le ragioni della protesta: solidarietà al popolo palestinese, condanna dell’“apartheid” e del “genocidio”, ma anche la denuncia delle misure repressive adottate dalla dirigenza dopo un’assemblea straordinaria. Nel mirino anche il silenzio seguito agli atti vandalici contro i manifesti con immagini di bambini palestinesi, strappati e imbrattati con simboli fascisti.
Dal Plauto il collettivo politico ha parlato di un’occupazione che si inserisce nell’appello nazionale “Blocchiamo tutto”, sottolineando la necessità di mobilitarsi contro la “complicità del governo con il genocidio in Palestina”.
Con le ultime adesioni, a Roma sono cinque i licei attualmente occupati: oltre ad Augusto e Plauto, anche il Kant, il Tullio Levi-Civita e il Rossellini (succursale). In tutto, contando le mobilitazioni già concluse, la protesta ha interessato otto scuole della capitale in meno di un mese.
Al liceo Berti la mobilitazione ha coinvolto oltre mille studenti su 1.500, con dibattiti, cineforum, attività sportive e approfondimenti tematici. La dirigente ha dato il via libera a un utilizzo alternativo degli spazi, definendo la scuola “casa dei ragazzi”.
Anche al Regina Margherita e al vicino Giulio si sono svolte assemblee comuni con circa 300 studenti, autorizzati dalla preside a usare palestre e aule per attività di confronto.
L’Alfieri ha scelto invece di aprire cortili e palestre a laboratori e raccolte fondi, arrivando a proporre anche un incontro sulla cucina palestinese. “L’occupazione non è contro la nostra scuola”, spiegano i ragazzi, sottolineando che la mobilitazione punta a un impegno civile e solidale, non a interrompere le lezioni.

Non solo Firenze, però. A Pisa il movimento ha coinvolto licei storici come il Buonarroti, il Dini e il Galilei-Pacinotti, mentre a Livorno sono scattate autogestioni in istituti superiori fra cui il Niccolini e il nautico Cappellini.
La protesta si è spostata anche sull’università: decine di studenti hanno manifestato davanti al Rettorato di Firenze chiedendo la fine dei rapporti con atenei israeliani e aziende legate al settore militare.