
Per ben cinque anni, una donna 57enne di Verona, ha insegnato in diverse scuole d’infanzia e primarie coprendo supplenze e ottenendo incarichi. Il tutto, però, senza essere in possesso di un titolo di studio essenziale, ovvero il diploma di maturità magistrale.
La scoperta ha portato a un’azione legale per la maestra senza titolo, che ora si trova a dover affrontare una pena salatissima, emessa dalla Corte dei Conti: dovrà restituire allo Stato una cifra che sfiora i 100mila euro.
I motivi della condanna
La vicenda ha dell'incredibile, soprattutto per la sua durata. La donna veronese ha, infatti, preso servizio nelle scuole della zona dal 2018 fino al febbraio 2023. Un periodo lungo, durante il quale ha chiesto l’inserimento nelle Graduatorie Provinciali e di Istituto (G.P.S.).
Ma, una volta saltato il "travestimento", ne è seguito un procedimento che ha portato la Corte dei Conti del Veneto ha emettere, pochi giorni fa, una dura sentenza che la condanna a risarcire il Ministero dell’Istruzione della “somma di 91.676,93 euro oltre agli interessi e alla rivalutazione monetaria dalle date di pagamento dei singoli ratei alla data della sentenza”.
Il collegio ha motivato la decisione sostenendo che “il quadro così delineato si colloca nella fattispecie della prestazione resa sine titulo”, ovvero senza i requisiti minimi richiesti.
Secondo i giudici, “la retribuzione corrisposta a soggetti privi del requisito professionale richiesto dalla legge integra un esborso privo di giustificazione”.
Le Indagini
Il castello di carte ha cominciato a tremare in seguito alla denuncia, presentata lo scorso dicembre dal dirigente dell’ufficio scolastico regionale veneto. Quando, però, il licenziamento dell’insegnante, era già avvenuto “per carente possesso del titolo di studio richiesto per l’accesso al lavoro”.
Dalle prime verifiche, la donna aveva dichiarato di aver conseguito il diploma di maturità magistrale il 15 luglio 1988 all’istituto Zamboni di Verona.
Un requisito che le aveva permesso di insegnare a più riprese, prima con brevi supplenze - da gennaio a maggio 2018 - in scuole di Borgo Milano e Veronetta, poi con un incarico più lungo - dal novembre 2018 al giugno 2019 - a Grezzana.
La scoperta: il diploma non c’è
Essere in graduatoria ha permesso, poi, alla finta maestra di proseguire la sua carriera negli anni a venire. L’inserimento nelle liste dei docenti le ha, infatti, consentito di ottenere, ad esempio, un incarico di sostegno psicofisico in una elementare di Castelnuovo, dal 23 settembre 2019 al 30 giugno 2020.
Successivamente, ha continuato a fare supplenze utilizzando il servizio online (Polis) per altri due anni: nel 2021 in Borgo Milano e l’anno dopo a Saval.
La svolta arriva nel 2023, quando le verifiche sul suo curriculum fanno emergere la verità. All'Istituto Montanari - dove è custodito l'archivio dello Zamboni, la scuola dove la docente diceva di essersi diplomata - le sue dichiarazioni vengono messe in dubbio. E dai riscontri emerge che la 57enne “all’esito degli esami di maturità dell’anno scolastico 1987-88 era stata dichiarata 'non matura' e che in quello successivo non era stata ammessa”.
Messa alle strette dal dirigente dell’Istituto comprensivo di Pescantina (dove avrebbe dovuto iniziare un nuovo incarico), ha provato a difendersi con una denuncia di smarrimento del diploma, dichiarando poi di averlo conseguito l’anno successivo da privatista. Ma ogni tentativo di salvare la situazione è stato inutile: non risultava da nessun archivio.
Davanti a questa scoperta, il contratto è stato annullato, e il procedimento disciplinare si è concluso a giugno 2023 con il licenziamento senza preavviso.
Dopo aver tentato una causa in tribunale, lei stessa ha rinunciato a proseguire. Tutto il materiale è stato quindi girato alla Procura contabile, che ha portato alla maxi-condanna.