
Con uno smartphone era riuscito a filmare le gambe e l'intimo della professoressa, senza che questa si accorgesse di nulla, orientando il cellulare sotto la gonna della donna. Protagonista un ragazzo di un istituto superiore di Pordenone. Qualche giorno dopo, quando le immagini hanno cominciato a circolare sui cellulari degli studenti, la professoressa si è accorta di questo e ha denunciato tutto. Come racconta il "Messaggero Veneto" l'autore di questa 'bravata' è finito sotto inchiesta. Infatti sono già partite le indagini della Procura di Pordenone. La magistratura indaga per interferenze illecite nella vita privata, un reato che una pena che varia dai sei mesi ai quattro anni di reclusione. L'immagine della professoressa non è finita sul web, ma "solo" sui cellulari dei compagni di classe. Non è la prima volta che accade. Nel 2008, ad esempio, uno studente dell'Istituto Montani di Fermo fu sospeso per 15 giorni per aver filmato la biancheria intima di una professoressa di italiano. Ma il caso più clamoroso, negli ultimi anni, è avvenuto in Slovenia. Protagonisti furono il preside di un liceo di Maribor e la professoressa di matematica. Uno studente immortalò il dirigente scolastico con la testa tra le gambe dell'avvenente docente. Il preside, imbarazzato, prima minacciò di citare in giudizio gli studenti e poi negò che il video fosse reale dopo che lo stesso è diventato virale su vari social.
Professori, smartphone e privacy
Ma un alunno può registrare un professore durante una lezione o anche per provare dei comportamenti sbagliati? C'è violazione della privacy? Le immagini e la voce di una persona rappresentano dati personali, ma la raccolta e la conservazione di registrazioni o immagini con telefoni cellulari o smartphone è sicuramente un trattamento dei dati personali. Tuttavia, se questa raccolta non è destinata ad una divulgazione a terzi, ed è quindi fatta soltanto per uso personale, non rappresenta una violazione della privacy.Nel caso di un alunno che registri una lezione di un suo prof e poi “diffonda” la registrazione comunicandola solo alla scuola, quale prova di una tesi sostenuta, non si tratta di una diffusione sistematica ma di un utilizzo personale dei dati raccolti anche se le registrazioni sono avvenute nell’inconsapevolezza del soggetto. In questo caso, quindi, non è necessaria l’informativa prima della cosiddetta diffusione. Di certo il caso di Pordenone non rientra tra questi esempi: "registrare" la lezione è ben diverso dal diffondere immagini intime del proprio insegnante sui social.