
L’ultimo sole d’agosto porta con sé la solita polemica: ha ancora senso iniziare la scuola a metà settembre, mentre fuori le temperature sfiorano i 35-40 gradi e dentro le aule non c’è aria condizionata?
La questione, ciclica come un tormentone estivo, torna a dividere sindacati, politici e dirigenti scolastici. C’è chi invoca il ritorno al calendario degli anni Sessanta e Settanta, con la prima campanella fissata al 1° ottobre, e chi replica che non si può sacrificare la didattica per un problema che va affrontato con investimenti strutturali. In mezzo, milioni di studenti e docenti che ogni anno si ritrovano a fare i conti con un avvio segnato dal caldo estremo e da edifici spesso inadatti.
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Il fronte del rinvio: “Impossibile fare lezione a quasi 40 gradi”
A rilanciare la proposta è stato Marcello Pacifico, presidente del sindacato Anief, che chiede di tornare al calendario scolastico di cinquant’anni fa. Le ragioni? Semplici: “Non si può pretendere che studenti e insegnanti lavorino in classi roventi”.
Temperature stabilmente oltre i 30 gradi, picchi a 40 e aule con più di 25 studenti stipati senza aria condizionata: una miscela che, secondo i sostenitori del rinvio, rende il rientro a scuola un rischio per la salute prima ancora che un problema didattico.
Dirigenti e sindacati divisi: “Proposta irrealizzabile”
Se, però, da un lato c’è chi chiede lo slittamento, dall’altro arrivano reazioni nette. Per Ivana Barbacci, segretaria della Cisl Scuola, si tratta di “una boutade da spiaggia”, destinata a complicare ulteriormente la vita delle famiglie.
Dello stesso avviso sono i direttori degli uffici scolastici regionali, che mettono in guardia dalle ricadute pratiche: un avvio ritardato comprimerebbe l’anno scolastico, creando problemi agli esami, alla continuità didattica e persino alla gestione delle vacanze.
C’è poi un paradosso che non sfugge a chi conosce i numeri: giugno è spesso più caldo di settembre, quindi posticipare l’inizio significherebbe spostare il problema solo più avanti.
Le scuole italiane e il nodo della climatizzazione
Il vero cuore del dibattito resta l’edilizia scolastica. I dati di Cittadinanzattiva spiegano che, su 61 mila edifici censiti, solo il 6% dispone di condizionatori. Nel 93,5% dei casi, quindi, gli studenti sono costretti a fare lezione in ambienti che non offrono alcun tipo di refrigerio.
Da qui la richiesta di investire non su calendari mobili ma anche su impianti fotovoltaici, efficientamento energetico e climatizzazione diffusa. Un’operazione complessa, certo, ma considerata indispensabile se si vuole garantire scuole adatte a un Paese che vive ormai estati africane.
Personale scolastico sempre più anziano: l’altro lato della medaglia
Il caldo non colpisce solo gli studenti, però. In Italia, quasi un docente su cinque ha più di 60 anni. Un dato che rende il personale particolarmente vulnerabile ai colpi di calore, alla disidratazione e ai problemi cardiovascolari. Da qui, tra le altre, anche la proposta di pensionamento anticipato a 60 anni per insegnanti e ATA, come misura preventiva contro il burnout e i rischi climatici.
Tra memoria e futuro: il fantasma del 1° ottobre
Il ritorno al 1° ottobre, ad ogni modo, non sarebbe una novità: per gran parte del Novecento, la scuola iniziava proprio in quei giorni. Fu una legge del 1971 a fissare l’avvio a settembre, in linea con le altre nazioni europee e vista la necessità di avere un calendario più equilibrato.
Oggi, mezzo secolo dopo, la situazione si è ribaltata: le estati sono diventate torride e c’è chi sostiene che tenere la prima campanella a settembre sia anacronistico. Ma tra esigenze didattiche, logistica familiare e inerzia burocratica, la crociata contro il caldo di settembre sembra destinata a restare ancora a lungo un dibattito più politico che pratico.