
L'adolescenza è il periodo delle grandi scoperte, comprese quelle che riguardano la propria sessualità. Può capitare così che si facciano i conti anche con un'attrazione verso qualcuno del proprio sesso. Come fare? Come spiegare allora, ai propri amici di essere gay? Te lo spieghiamo in questo pezzo realizzato in collaborazione con l'equipe di educazione sessuale dell'istituto di sessuologia clinica di Roma.
Che cos'è il coming out?
Si tratta dell'atto volontario di rivelare la propria identità omosessuale. Non è solo una comunicazione o un’informazione, ma un momento davvero molto importante nella vita di una persona. Infatti, spesso è difficile o anche impossibile prevedere quello che succederà dopo questo gesto e bisogna essere forti abbastanza da poter affrontare con coraggio una situazione che provoca emozioni forti e di cui non si conosce il risultato finale. Molto dipende da chi lo fa, dal modo, dal momento, dal motivo, ma anche dalle caratteristiche delle persone che ricevono la notizia dal contesto. Certo, è molto diverso farlo con i genitori, con un estraneo o con gli amici. Il motivo per cui è un momento così ricco di significati è che farlo significa dire chiaramente chi si è pronti ed affrontare le possibili reazioni degli altri.
Cosa succede se a un bambino chiedi cosa pensa dell'amore gay?
Cosa comporta il coming out?
Spesso le persone che non hanno fatto coming out, o che lo hanno fatto solo con pochi, sentono di vivere più vite contemporaneamente e di dover vestire tante maschere. Il coming out invece permettere di riunire l’identità intima e quella sociale in un’unica realtà coerente e in questo modo la persona “viene allo scoperto” veramente per quelli che sono i suoi reali sentimenti, pensieri e caratteristiche, presentandosi agli altri senza filtri. Tuttavia, questo passo non è libero da possibili difficoltà: infatti anche fra gli amici è possibile che la cosa crei delle tensioni, perché non tutti possono avere la stessa sen-sibilità nei confronti di ciò che non li riguarda direttamente e la stessa voglia di conoscere qualcosa di differente dalla loro unica esperienza. Quindi, se da una parte c’è un guadagno dall’altra si rischia di avere una perdita, che, anche se momentanea, non fa mai piacere. A questo proposito è importante fare un bilancio tra le proprie risorse e le caratteristiche dell’ambiente in cui vogliamo fare coming out prima di muoversi! Ad esempio potremmo chiederci: siamo persone che possono contare sull’appoggio di qualcuno particolarmente fidato, che ci ha dato prova di rimanerci accanto in momenti difficili in precedenza? Oppure: siamo persone che sanno trovare la forza di non sminuirsi, anche di fronte alle critiche o alle reazioni negative inaspettate degli altri?
Cosa fare?
Nel momento in cui si sente di voler parlare con qualcuno del fatto di essere gay/lesbica, si possono adottare varie strategie di dichiarazione, alcune più dirette altre meno. Ad esempio, con atteggiamenti, abbigliamento, preferenze o commenti, possiamo mandare segnali indiretti, in modo da preparare il terreno e poter valutare le reazioni degli altri. Poi, una volta capito che dall’altra parte è tutto ok, il coming out può essere più facile e quasi liberatorio per tutti. A volte però, quando ad esempio gli altri sembrano proprio non capire, oppure alcune situazioni stressanti mettono “all’angolo”, può essere necessario chiarire rapidamente. Se un amico/a popone di uscire in coppie per una cosa che può andare oltre? Lì è più difficile, e le scuse non possono reggere all’infinito… Quindi è meglio attrezzarsi! Una cosa da tenere sempre ben presente, sono le proprie risorse, soprattutto le persone che abbiamo intorno, come altri amici, famiglia, sport, scuola etc.
Infatti, se dichiarare il proprio orientamento rischia di mettere in discussione il rapporto con alcuni amici è importante sapere che su altri si può sempre contare e di poter ricorrere a loro per affrontare insieme il momento. Bisogna insomma capire chi ci aiuta e chi no, ed evitare di affrontare “quelli no” tutti insieme… Potrebbe essere troppo faticoso!
Cosa pensare delle reazioni che abbiamo ricevuto?
In famiglia lo sanno? Se si, come hanno reagito? Se sono positivi potranno essere una risorsa, se non lo sanno o non hanno reagito bene, non vuol dire che non vi amano, ma magari non potete immaginare di prendere supporto proprio da loro in quello specifico momento. Affronterete anche quello, magari più in là. Attenzione anche all’opposto di un comportamento, ovvero a quello dell’amico/a pieno/a di entusiasmo che vi pressa per dirlo sempre e comunque: non fatevi forzare in questa scelta, non esistono due persone uguali nella stessa situazione, per cui è importante che ciascuno abbia il suo percorso. Secondo molti studiosi, lo svelamento ha ripercussioni positive sul benessere psico-sociale dell'individuo solo se è frutto di libera scelta, motivata da una realistica riflessione sul rapporto fra costi e benefici. L’importante rimane tenere presenti due aspetti: il tempo e le possibilità degli altri. Il primo è quello che permette di vedere come le reazioni “a caldo” delle persone siano molto diverse da quelle che si hanno in seguito, in cui spesso si arriva perfino a cambiare del tutto idea rispetto all’inizio e a pentirsi di ciò che si è detto/fatto. Quindi: lasciamo che passi un po’ di tempo.
Dobbiamo anche considerare che non tutti hanno lo stesso modo di ragionare, la stessa disponibilità e la stessa apertura mentale nei confronti delle esperienze altrui. Teniamo presente che questi sono limiti degli altri e che i noi non c'è nulla di sbagliato o “anormale”.
Come andare avanti dopo una delusione
Certamente c’è il rischio di perdere alcuni amici/che e di essere esclusi da alcune attività, e questo può essere spiacevole e doloroso da comprendere e accettare, soprattutto all’inizio di questo percorso.
Ma, che siano pochi, può essere davvero utile affidarsi alle persone che saranno disposte a starci accanto in questo momento. E nei confronti di quelli che non capirannno, potremmo anche chiederci: siamo sicuri che non troveremo di meglio, di non meritare di meglio?

A cura dell'Istituto di sessuologia clinica di Roma