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Liceo Statale

“E. Fermi”

Indirizzo scientifico

Candidato: Daniele Bachini

Classe: 5^ B

“I Simpsons e la filosofia”

In basso (da sinistra): Immanuel Kant, Karl Marx, Roland Barthes, Michel Foucault

In alto (da sinistra): Socrate, Ludwing Wittgenstein, Jean-Paul Sartre, Friedrich Nietzsche

INDICE

PREFAZIONE 3

PERCORSO TEMATICO 3

BART E NIETZSCHE: DUE CATTIVI RAGAZZI A CONFRONTO 6

UN ALTRO MANCATO SUPERUOMO: GABRIELE D’ANNUNZIO 9

12

MAGGIE: L'IMPORTANCE DE L'EMPLOIE DES MOTS 13

MAGRITTE E LA PAROLA COME NEGAZIONE DELLA REALTÀ 15

2

Prefazione

Chi sono I Simpson? Nonostante questa domanda possa sembrare retorica, non lo

è affatto: oggi, infatti, molti tendono a considerare questa fortunata serie TV solo

un cartone animato per ragazzi, volgare e fine a se stesso, ma se si guardasse più

da vicino, si scoprirebbero aspetti tutt’ altro che banali. In primo luogo, I Simpson

sono il ritratto più cinico e realistico della società americana (ed occidentale in

generale) mai realizzato. Questa famiglia, infatti, presenta caratteristiche proprie

del nucleo familiare marchio USA: Homer, protagonista in assoluto, è il tipico

americano medio, pieno di vizi e con poche virtù; Marge, sua moglie, è

l’amorevole custode del focolare familiare; mentre Bart, Lisa e Maggie sono

emblemi della nuova generazione consumistica (la MTV generation, come dice

Lisa stessa in un episodio).

Scavando ancora più a fondo, si possono cogliere concetti maggiormente profondi

e, perfino, inaspettati. E’ ciò che hanno fatto William Irwin, Mark T. Conrad e Aeon

J. Skoble, autori del libro “I Simpsons e la filosofia”. Insieme con venti accademici

ed insegnanti dei college più rinomati, hanno analizzato ogni personaggio di

questa “matta” famiglia, scoprendo che ognuno di essi rimanda, con il suo

comportamento, a un determinato filosofo, da Aristotele a Marx. Si dimostra, così,

che la filosofia, considerata di questi tempi una disciplina morta, ha ancora

qualcosa da dire sulla società di oggi, sulla televisione di oggi.

Per quanto mi riguarda, ho deciso di incentrarmi su due membri della famiglia

Simpsons, Bart e Maggie: essi presentano affinità, rispettivamente, col pensiero di

Nietzsche e Sartre, autori che mi hanno interessato in modo particolare.

Percorso tematico 3

AUTORI ED

MATERIA TESTI STRUMENTI

ARGOMENTO “Il trionfo della morte”,

“Le vergini delle

D’Annunzio e il Appunti forniti

Italiano rocce”, “Il fuoco”,

superomismo dall’insegnante

“Forse che sì forse che

no”

“I Simpson e la

filosofia” “I Simpson e la

cap. 5: “Così parlò filosofia” di

Bart: Nietzsche e le William Irwin,

Nietzsche e l’ideale virtù della cattiveria”;

Filosofia Mark T. Conrad,

del superuomo “Fare filosofia” vol. 3, Aeon J. Skoble;

cap. 6: “Nietzsche: libro di testo:

dalla morte di Dio “Fare filosofia”

all’ideale dell’oltre

uomo”

“I Simpson e la

filosofia” cap. 3:

Sartre e “L’importanza di “I Simpson e la

l’importanza delle

Francese Maggie: il valore del filosofia”

parole silenzio tra Oriente e

occidente”

Magritte e la parola Libro di testo:

come negazione

Storia dell’arte “L’uso della parola” “Moduli di arte”

vol. F

della realtà 4

I Simpson

Bart Maggie

Magritte

Nietzsche Sartre

D’Annunzio 5

Bart e Nietzsche: due cattivi ragazzi a

confronto

Senza dubbio Bart è il cattivo ragazzo per eccellenza, si evince facilmente dai

numerosi episodi in cui è protagonista: ha tagliato la testa alla statua del

fondatore della sua città (Jebediah Springfield), ha rubato un videogioco in un

grande magazzino, ha preso in giro tutta la comunità di Springfield, facendole

credere che in fondo ad un pozzo ci fosse un bambino intrappolato… e l’elenco

continua. Bart non è un semplice monello, è un astuto delinquente, anche se a

volte pare redimersi. Analogamente possiamo parlare di Nietzsche (1844 – 1900),

che dal punto di vista filosofico non è certo un santarellino: egli è andato contro

tutto e tutti, rovesciando i valori tradizionali della società del suo tempo (si pensi,

a proposito, alla sua condanna al Cristianesimo). In

opposizione, ha creato l’ideale dello spirito libero, di chi,

rifiutati i valori tradizionali, ne adotta di nuovi, accettando con

gioia il caos del mondo che, invece, i suoi predecessori

temevano e da cui cercavano rifugio nella religione. A questo

punto, viene da chiedersi, viste le analogie tra il pensiero del

filosofo tedesco ed il comportamento del ragazzo dalla pelle

gialla, se Bart non sia l’incarnazione dell’ideale nietzscheano (cioè del

superuomo).

Per verificare quest’ipotesi, si deve innanzitutto capire la

filosofia di Nietzsche e perché essa sia stata così

rivoluzionaria. Alla base del pensiero di Nietzsche sta la

convinzione che la vita sia caos. L’uomo ne è spaventato,

così corre ai ripari, creando delle certezze metafisiche che

lo distolgono dalla realtà: le religioni (prima fra tutte il

Cristianesimo). Esse hanno svuotato l’essere umano della voglia di vivere,

distruggendogli l’animo. Nietzsche riporta l’esempio dell’antica Grecia: in un primo

periodo, noto come era presocratica, i Greci si lasciavano guidare dallo spirito

dionisiaco (che li portava ad accettare la vita a pieno) e dallo spirito apollineo (un

tentativo di trasfigurare l’orrido in armonioso) in pari misura; dopo l’avvento di

Socrate, con la sua visione razionale del mondo, che predicava una rassegnazione

alla morte, lo spirito apollineo sopraffà quello dionisiaco, segnando il declino della

civiltà greca. A questa concezione Nietzsche oppone il principio dell’accettazione

della vita, rinnovando i valori morali: sostituisce alla pietà, alla rinuncia, al

6

sacrificio, alla castità, la fierezza, la gioia, la salute, l’amore sessuale, la guerra, la

riconoscenza verso la Terra e verso la vita, la volontà di potenza. Nietzsche,

/*quindi, si pone contro i dogmi della Chiesa, che promuove invece una condotta

opposta, improntata sulla superiorità della vita nell’aldilà su quella terrena.

Secondo il filosofo tedesco, la religione cristiana sarebbe nata dalla lotta tra la

“morale dei signori” e la “morale degli schiavi”; queste rispecchiano il modo di

pensare delle due classi sociali del passato, i nobili e i servi: i primi seguivano la

virtù del corpo e su questa base dominavano i secondi. Questi ultimi, non potendo

reagire sullo stesso piano dei loro antagonisti, elaborarono una condotta basata

sullo spirito, a scapito del corpo. Da ciò è derivato il Cristianesimo, che in seguito

avrebbe influenzato anche i padroni. Ne è un esempio la Giudea che, conquistata

militarmente dall’Impero Romano, capovolge i valori del mondo antico e conquista

a sua volta Roma con la religione. Per Nietzsche l’uomo cristiano è tormentato dal

risentimento (verso il più forte) e da un’aggressività latente, che è sfociata nelle

guerre di religione (come le Crociate). In opposizione a ciò il filosofo tedesco

afferma che l’anima non esiste, così come non esiste Dio. Il processo che porta

alla “morte di Dio”, però, è lungo e difficile: l’uomo, in seguito alla perdita delle

proprie certezze metafisiche e religiose, percepisce un forte vuoto interiore

(nichilismo) e arriva a credere che se il mondo non ha il senso che gli attribuiva la

religione, allora non ne ha alcuno. In realtà il significato del mondo esiste come

prodotto della volontà di potenza, vale a dire del superuomo: egli è colui il quale

ha maturato l’idea della morte di Dio e che si trova davanti infinite possibilità di

progettare la propria esistenza. La vera differenza tra uomo e superuomo sta nel

diverso approccio nei confronti dell’eterno ritorno: esso rappresenta la ciclicità

dell’universo; mentre la persona comune ne è terrorizzata (poiché è terribile

vivere, sapendo che tutto è destinato a ripetersi, sia eventi positivi che negativi),

l’individuo che segue l’ideale nietzscheano lo accetta con gioia, collocandovisi e,

pertanto, rifiutando il concetto di tempo lineare e accingendosi a vivere la vita

come coincidenza di essere e di senso. Questo approccio alla vita si identifica con

la volontà di potenza, in altre parole la forza espansiva del superuomo, capace di

autosuperarsi, di creare la vita stessa, tramite l’arte, vista come forma suprema

dell’esistenza; l’artista diventa, quindi, il superuomo.

La volontà di potenza, trasposta sul piano politico, si identifica con la condanna ai

principi egualitari. Nietzsche in “Ecce Homo” afferma: “La lotta per l’uguaglianza è

già sintomo di malattia”.

Tralasciando l’aspetto artistico in senso stretto e quello politico (di cui ci

occuperemo più tardi), adesso che si è fatta luce sul pensiero nietzscheano, si

7

devono fare alcune considerazioni: in primo luogo, Nietzsche, condannando la

morale degli schiavi, non esalta affatto quella dei signori, poiché essa era fine a se

stessa e non portava alla completa esaltazione della propria volontà creatrice,

quindi Bart, anche se seguisse l’etica dei padroni, non rappresenterebbe

comunque l’ideale del superuomo. Bart non è un artista, non crea una propria

identità sulla base del suo talento, ma semplicemente come reazione al mondo

circostante. Infatti, si sente a proprio agio in una società come quella di

Springfield, dove è presente una, seppur blanda, “sovrastruttura repressiva”,

un’antitesi con la quale egli possa rapportarsi in qualità di ragazzaccio. Un

episodio dei Simpsons, intitolato “Il fanciullo interiore di Bart”, rende bene l’idea:

motore della storia è un guru della televisione (un abbindolatore privo di qualsiasi

attestato che ne certifichi le conoscenze), che si reca a Springfield a tenere una

conferenza, durante la quale esalta Bart (presente fra il pubblico con la sua

famiglia), come esempio di quel fanciullo interiore che ognuno dovrebbe cercare

dentro di sé e fare ciò che gli dice. Il risultato è che tutti, in città, iniziano a fare

ogni cosa gli passi per la mente: andare in giro nudi, non lavorare, fare gli spiritosi

a scuola e persino sputare dal cavalcavia sulle auto sottostanti; tutte cose che

solitamente erano prerogativa di Bart. A questo punto il “ragazzaccio”, trovandosi

spaesato, chiede aiuto alla sua saggia sorella Lisa:

BART: Lisa, tutti in città si comportano come me. Perché mi fa tanto schifo allora?

LISA: Semplice. Ti sei definito un ribelle. In assenza di una sovrastruttura repressiva la tua

nicchia nella società è stata incorporata.

BART: Capisco.

LISA: Da quando è arrivato quel tizio dell’auto aiuto tu hai perso la tua identità. Tra le

crepe della nostra società pizza pronta, cotto in un’ora, latte liofilizzato.

BART: Qual è la risposta?

LISA: Questa è la tua grande occasione per sviluppare una nuova e migliore identità. Posso

suggerire di far da ciabattina allegra?

BART: Buona idea. Dimmi cosa devo fare.

Bart, però, non riesce a costruirsi una nuova identità, che non si basi su una

reazione a qualcosa, ed è, quindi, ben lontano dall’ideale nietzscheano di

autocreazione. Anzi, Bart potrebbe rappresentare il nichilismo, successivo alla

perdita dei valori tradizionali: egli rappresenta l’uomo moderno che, ritenendo che

il mondo non ha il senso che gli attribuiva la religione, allora non ne ha nessun

altro. Dal punto di vista di Bart, poiché nulla ha significato, perché non fare ciò che

si vuole? Il primogenito Simpson si comporta da ribelle non per distruggere i valori

della tradizione (come faceva Nietzsche), ma perché gli manca un’identità

completa. Guardando globalmente i Simpsons, si può affermare che essi svolgano

8

la stessa funzione che aveva la rappresentazione teatrale al tempo dell’antica

Grecia: in quanto satira sociale, trasformano l’orrido della nostra società in

assurdo, rendendo il nostro mondo “quasi” sopportabile.

Un altro mancato superuomo: Gabriele

D’Annunzio

Ancor prima dei Simpsons, la filosofia di Nietzsche influenzò, in misura

decisamente maggiore, la poesia del primo ‘900. In particolare Gabriele

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