
L'esodo dei cervelli dall'Italia è un trend in progressiva crescita. Un aumento di quasi il 50% rispetto all’anno precedente si è registrato nel solo anno 2013 con la partenza di 16mila laureati, secondo dati del Rapporto Migrazioni dell’Istat.
Dove? Le principali mete di destinazione dei laureati sono il Regno Unito, la Svizzera, la Germania e la Francia. Al di fuori dell’Europa, gli Stati Uniti e il Brasile. In media, il 31% di chi emigra possiede la laurea. Tuttavia sono sempre di più anche coloro che decidono di restare e di investire sul proprio paese. Per loro, davanti alla crisi, è necessario imparare ad essere davvero competitivi e pronti per il mondo del lavoro, anche nella prospettiva di costruirsi da soli il proprio futuro mettendo in piedi una propria azienda. Da qui nasce il boom delle Startup, imprese giovani che non solo fanno la fortuna di chi le crea, ma danno lavoro a tantissimi altri ragazzi in cerca di un’occupazione. La tendenza dell’economia giovane in Italia va sempre più in questa direzione: è quanto è emerso il 6 maggio durante il convegno #IoResto - la start-up Re-Evolution.TROVARE LAVORO E FARE IMPRESA: QUESTIONE DI FORMAZIONE – Ogni anno i giovani che trovano lavoro al termine degli studi sono 300mila: ragazzi molto in gamba che sfidano la crisi che hanno capito quali sono le opportunità da cogliere. Quei 300mila giovani che trovano lavoro hanno intercettato i settori in crescita: l’alimentare, la distribuzione al dettaglio, i trasporti, il farmaceutico, l’energetico, il lusso e tutto quello che riguarda l’e-commerce e le nuove tecnologie. Perché il 22% delle offerte di lavoro non vengono esaudite e non trovano profili adatti in Italia? La domanda pone una sfida per gli studenti Italiani, che è quella di colmare le lacune nella propria formazione per rispondere a quest’altissima percentuale di offerte di lavoro. A rafforzare il concetto l’intervento di Enrico Martini, economista del Ministero dello Sviluppo Economico nel campo delle start up innovative: “Le università formano degli ottimi studenti dal punto di vista teorico, ma dal punto di vista pratico non riescono a mettere in campo tutte le potenzialità e non vengono formati come imprenditori. Non si insegna a scrivere un business plan, un cv, non si insegna a fare impresa”.
DIVENTARE INTERNAZIONALI - La permanenza degli italiani nel sistema scolastico è molto lunga, il 60 per cento dei laureati della triennale è fuori corso, e hanno persino difficoltà a riempire una pagina sul cv perché hanno poco da inserire. Redigere un cv e sapersi presentare e valorizzare sono gli insegnamenti pratici che mancano, l’orientamento alla carriera dovrebbe entrare nel mondo universitari. Dare priorità alle esperienze accademiche è poco interessante per le aziende, in Italia si utilizza ancora il modello europass poco efficace. Inoltre solo 1 italiano su 3 usa Linkedin e il 25% si presenta ai colloqui di lavoro con genitori, amici e fidanzati. L’81% di quelli che vogliono trovare lavoro pensano che lo troveranno attraverso le amicizie. Negli Usa il 70% va direttamente in azienda, il 61 per cento usa l'università e l'ufficio collocamento dell'università per mettersi in contatto con le aziende.
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO A SOSTEGNO DELLE START UP - Ma tanti ragazzi decidono di rimboccarsi le maniche e costruire da soli la propria opportunità lavorativa. Enrico Martini del MISE racconta gli sforzi fatti dal Ministero: "Per il Ministero dello Sviluppo Economico tra le priorità c’è quella di favorire le nuove imprese che operano nei settori tecnologici e innovativi dove ci sono più opportunità a livello lavorativo". Il MISE ha istituito un Registro apposito per le imprese start-up innovative, che oggi conta circa 4mila realtà, “la maggior parte al Nord (57%) – sottolinea Martini - ma c’è una buona quota anche nel Mezzogiorno (22%) e la prevalenza giovanile al 26 per cento dimostra che la concentrazione dei giovani è molto più elevata rispetto ad altre imprese”. Nel concreto, sono stati messi a disposizione, tramite il progetto Smart&Start, prestiti a tasso zero per 250milioni di euro dedicati alle start-up innovative, con coperture fino all’80% se la start-up prevede nel suo tessuto societario il ‘ritorno di un cervello’ dall’estero.