Federico Bianchetti
Autore
telefono azzurro indagine gamingDi ludico conserva solo il nome.

Infatti oggi il business dei videogiochi vale più di musica, cinema e streaming messi insieme. E ambisce a rompere quelle barriere che per anni lo hanno declinato a semplice passatempo infantile. E non sono pochi gli studi che confermano questa visione. Dal punto di vista cognitivo, ad esempio, molte indagini - come quella del 2011 a firma della neuroscienziata Daphne Bavelier - mettono in evidenza gli effetti positivi del gaming e del videogaming su alcune componenti, quali le abilità visivo-spaziali, l’attenzione e la memoria.

Ma una recente ricerca svolta da Telefono Azzurro, dal titolo ‘Tra realtà e metaverso. Adolescenti e genitori nel mondo del digitale’ mostra anche l’altro lato della medaglia, mettendo in evidenza i rischi a cui vanno incontro i ragazzi che giocano online. Se, infatti, da un lato infatti i benefici derivanti dall’attività videoludica sono sotto gli occhi di tutti, dall’altro, il gaming nasconde dei risvolti oscuri che potrebbero impattare negativamente sulla salute mentale dei più giovani, e non solo.

Più che giochi veri e propri social network grazie al gaming online

Se venti anni fa ai videogiochi si giocava prevalentemente da soli

confrontandosi con la macchina o al più un amico con cui condividere la console o il pc, oggi è vero il contrario: l’esperienza video ludica è sempre più connessa. Con tutti i rischi del caso. Senso di incapacità e inadeguatezza, soprattutto al cospetto dei giochi più competitivi, minacce e insulti nelle chat di gruppo, fruizione di contenuti estremi senza consapevolezza: sono questi i pericoli a cui sono più esposti i giovani, specie i più piccoli. In generale, si tratta di vere e proprie forme di violenza, già portate sotto la lente dell’opinione pubblica dalla ricerca degli americani Mcinroy e Mishna nel 2017.

Ad esempio, l’anonimato, favorito dall’adozione di nickname o identità virtuali, sembra favorire una cultura dell’aggressività. Gli stessi partecipanti non riconoscono gli episodi di violenza ripetuta e intenzionale, come delle possibili manifestazioni di cyberbullismo, ma anzi lo scambiano con un qualcosa di tipico, come fosse una componente ormai accettata del gaming online. E ancora, l’abuso di videogiochi potrebbe provocare veri e propri momenti di alienazione. Nel 1975, lo psicologo croato Csikszentmihalyi metteva in guardia la società dai rischi del cosiddetto flow: l’essere talmenti presi da un’attività da perdere la cognizione del tempo. Lo stesso fenomeno può manifestarsi anche tra coloro che giocano online con il rischio di isolarsi dal mondo esterno.

I risultati dell’indagine Telefono Azzurro: 1 ragazzo su 3 gioca online fino a tarda notte

Analizzando più nel dettaglio il rapporto presentato da Telefono Azzurro,

più di 1 intervistato su 3 promuove il gaming, affermando che possa essere utile nel creare un clima positivo di classe tra i compagni. Il 27% considera addirittura il gaming un possibile strumento utile per l’insegnamento delle materie scolastiche e lo considera applicabile nelle discipline sportive. Inoltre, secondo 1 ragazzo su 4, questi giochi potrebbero portare benefici sul versante della salute mentale, nonostante spesso si protraggano fino a tarda notte: il 29% degli intervistati racconta di fare le “ore piccole” per giocare almeno una volta alla settimana, mentre il 14% lo fa almeno una volta al mese.

Una tendenza, questa, diffusa prevalentemente tra la popolazione maschile, di età compresa tra i 15 e i 18 anni: tra loro, il 35% fa tardi per giocare ai videogame almeno una volta alla settimana, mentre il 18% almeno una volta al mese. Al contrario, il 46% delle coetanee femmine dichiara di non aver mai giocato fino a tarda notte

Discriminazione, isolamento, dipendenza: la GenZ alla prova del gaming

Come anticipato, il gaming ha assunto, grazie proprio alla modalità online, una componente relazionale non di poco conto. In pandemia ciò è apparso evidente, come conferma anche il 36% degli intervistati che dichiara di aver conosciuto persone online in questo modo. Non sempre però con risvolti piacevoli: l’11% dice di aver preso le difese di qualcuno, mentre l’11% ammette di aver preso in giro qualcuno. Episodi riconducibili alla discriminazione o all’esclusione, segnalati da circa 1 ragazzo su 10.

Ma quali sono gli effetti di tutte queste sfaccettature sull’esperienza di gioco generale di ragazze e ragazzi? Il 32% dice di sentirsi capace - quindi di non temere prese in giro e ripercussioni di vario tipo - e il 14% si sente capito dagli altri giocatori. Allo stesso tempo, però, il gioco, se prolungato, può fungere da rifugio dal mondo per i ragazzi: l’11% conferma di provare una sensazione di riparo dal mondo, mentre l’8% si sente addirittura isolato. Con l’attività videoludica online che comporta, nel 32% dei casi, una perdita della cognizione del tempo, mentre il 13% teme addirittura di essere dipendente dal gioco.

Loot boxes: il 24% ritiene che l’esperienza sia migliore senza

Al tema dell’isolamento si legano poi a doppio filo altri rischi derivanti dal gioco online, come l’esposizione alle famose loot boxes. Molti titoli online, infatti, incoraggiano a spendere soldi reali per acquistare strumenti, sbloccare funzioni speciali o guadagnare più punti. Le loot boxes sono proprio i contenitori di questi premi, distribuiti in maniera casuale: queste ‘scatole’ possono essere sbloccate giocando oppure, ed è una strada molto praticata, possono essere appunto acquistate facilmente mediante denaro.

Per fortuna il 63% dei ragazzi e delle ragazze intervistati non ha mai sentito parlare di loot boxes e il 24% afferma che, anche se ne ha sentito parlare, non le ha mai incontrate all’interno di un gioco. Ma oltre 1 su 10 è comunque a rischio.

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