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Il Bullismo è sempre esistito. E questa non è una notizia. Il cyberbullismo lo ha reso ancora più feroce (e questa è una cattiva notizia), tanto che 1 su 10 tra le vittime ha tentato di uccidersi. Ma la buona nuova è che il sacrificio dei ragazzi che si sono tolti la vita a causa dei bulli, come Carolina e Andrea, non è stato vano.

Perché in questi ultimi due anni sembra che qualcosa di concreto ed efficace si stia muovendo per debellare il fenomeno.

Sono molti i colpi sparati contro i leoni della tastiera e gli i conigli coraggiosi: una legge contro bullismo e cyberbullismo, ad un passo dall’approvazione definitiva, i progetti educativi capitanti dal Miur (Generazioni Connesse) e dalla Polizia di Stato (Una Vita da Social), nuove linee guida per azioni di contrasto nelle scuole. Fin qui l’elenco è molto istituzionale, e quindi abituati alla concretezza (in senso ironico) delle nostre istituzioni, non ci sarebbe proprio da star tranquilli. Invece tutte queste iniziative vedono una certa partecipazione di privati, aziende, associazioni. Una sinergia che sta funzionando: la storia di Flavia (di cui parleremo più avanti), ne è la riprova.

Bullismo: guarda il video con la storia di Amanda Todd

Ma perché c’è da essere così confidenti nel dire che il bullismo e il cyberbullismo hanno le ore contate? Perché tutto ciò è accompagnato da un movimento culturale che a memoria di trentenne non si era mai visto. In pochi mesi abbiamo potuto gustare l’eccezionale monologo di Paola Cortellesi, il film “Un Bacio” di un pezzo grosso come Ivan Cotroneo, che hanno riportato all’attenzione della società civile bullismo e derivati. Insomma se per anni il bullo si è probabilmente sentito un figo, oggi da più parti si viene a scoprire che non è lo è, anzi, che essere bulli è tutto tranne quello. Perché tutti te lo dicono a gran voce. Ma non solo, perché pian piano quella massa di spettatori inermi di fronte alla sofferenza delle vittime, sta finalmente prendendo coscienza che un like o una condivisione di un contenuto inappropriato o un semplice silenzio di fronte ad uno scherzo bullizzante, sono la linfa vitale per il bullo e un aiuto a sprofondare per chi ne viene colpito.
Qualche anno fa Andrea e Carolina non hanno trovato il coraggio di parlare della trappola nella quale sono caduti, e hanno preferito togliersi di mezzo. Ma oggi il segno del cambiamento è nei volti provati ma felici di Flavia e Sofia, le protagoniste della docu realizzata da Luca Pagliari per conto di Polizia di Stato, e che sarà il fulcro di una campagna di formazione itinerante denominata #cuoriconnessi.

Flavia ha 17 anni, ed ha subito tutto il possibile campionario di atti di bullismo e cyberbullismo. In ogni ciclo scolastico si è imbattuta in compagni incapaci di accettarne la diversità: qualche chilo di troppo, una ottima educazione frutto di una famiglia presente come quelle di una volta, la voglia di studiare. Così ha visto zaini volare, è stata spinta più volte in strada mentre aspettava l’autobus, la foto del suo lato B è stata pubblicata e derisa da centinaia di commenti online e prima ancora che si iscrivesse su Facebook qualcuno aveva creato un profilo per suo conto dal quale partivano insulti e strali versi i conoscenti (veri), che ad un certo punto cominciano a non rivolgerle più parola nella vita reale. Grazie ad uno degli incontri di sensibilizzazione organizzati dalla Polizia di Stato, in cui si racconta proprio la storia tragica di Andrea, il ragazzo dai pantaloncini rosa (così tutti lo conoscono), capisce di non essere sola e trova la forza di parlare, reagire e liberarsi dalla solitudine in cui i bulli l’avevano fatta piombare.

Sofia ne ha compiuti 18 da poco, e nella docu ricorda che la sua vita è come fosse stata divisa in due. Prima e dopo. Ma cosa? Un bel giorno il suo ragazzo le chiede di inviargli via chat delle immagini provocanti. Lei resiste inizialmente, ma poi cede. Passa mezza giornata, e arriva una telefonata: una amica l’avverte che sui social ci sono le sue foto, nuda, che girano. In poche ore diventa “la puttanella della scuola”, così viene etichettata. Semplicemente perché voleva cercare di essere all’altezza di quanto le chiedeva il suo partner. Lei stessa ricorda che a seguito di quell’episodio “voleva morire”. Ma no, invece no. Trova la forza di reagire. Parla con i genitori, supera il muro della vergogna e denuncia tutto alle autorità. E la vita pian piano ritorna a scorrere nelle sue vene…

Certamente esempi come questi scuoteranno tanti animi tra i giovani, in attesa che arrivi anche un altro colpo di cannone mediatico previsto in autunno: una mini serie su Rai Due che racconterà appunto storie di bullismo.
Basta questo per dire che potremmo cancellare questa parola dal nostro vocabolario? Ci auguriamo tutti di si, ma intanto ci godiamo due eroi comuni come Sofia e Flavia, sicuri che sono riuscite a strappare dal cielo un sorriso anche a Carolina e Andrea.

Daniele Grassucci

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