C.Galgano
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Dedica tesi a Giulia CecchettinDedico la mia tesi a Giulia Cecchettin: siamo praticamente coetanee e, come me, aveva studiato e proprio in questi giorni si sarebbe laureata. Ma per Giulia non c’è più nessun futuro.” queste le parole della studentessa dell’Università di Parma, Alessia Centonze, riportate dal ‘Corriere della Sera’.

Fonte foto: Il Corriere di Bologna

La 23enne si è laureata martedì scorso con 91 in Infermieristica, discutendo la sua tesi intitolata “Prima accoglienza in pronto soccorso della donna vittima di violenze e valutazione del triage infermieristico”. Durante i due mesi di tirocinio presso il pronto soccorso dell’ospedale Guglielmo da Saliceto di Piacenza, la giovane studentessa ha potuto osservare le condizioni in cui versano le donne maltrattate che cercano sostegno.

Il tirocinio in pronto soccorso

Tra giugno e luglio - racconta la neolaureata - ho assistito ad almeno una decina di casi di donne, di età compresa tra i 30 e i 50 anni, che si sono presentate in pronto soccorso a seguito di violenze fisiche e anche psicologiche subite perlopiù in ambito familiare”. Proprio le donne che ha conosciuto in questi due mesi, le hanno dato l'ispirazione per individuare l’argomento della sua tesi. La 23enne, infatti, è rimasta molto colpita dalla sensibilità e dall’accoglienza che i medici e gli operatori sanitari mostravano nei confronti delle vittime di violenza in cerca di aiuto. “L’empatia è fondamentale. Queste donne vengono in ospedale alla ricerca di una figura di sostegno. Per questo è importante che in ospedale ci siano percorsi specifici per accogliere e valutare le vittime di violenza in pronto soccorso, garantendo una presa in carico efficiente finalizzata all’emersione dei casi di maltrattamento quando questi non sono dichiarati”.

L’assistenza specifica alle pazienti

La tesi di Alessia Centonze si focalizza soprattutto sul modo in cui le vittime di violenza e abusi devono essere trattate nel momento in cui arrivano in ospedale. Secondo la neolaureata, quindi è fondamentale adottare un metodo di approccio specifico e professionale: “Si accompagna la vittima in una stanza riservata, separata dalla sala d’attesa, dove il medico procede alla visita e viene attivato un gruppo operativo composto anche da psicologi e dalle forze dell’ordine”. Allo stesso tempo, è opportuno migliorare la formazione degli operatori sanitari per renderli in grado di riconoscere un caso di violenza direttamente dal triage. “Nel corso di questa mia esperienza in corsia - spiega infatti Centonze - ho potuto riscontrare due profili di donne vittime di violenza: quelle che ricevono percosse e vengono minacciate, dai loro compagni o mariti o fidanzati, e tendono a nascondere la verità per paura di ritorsioni; e poi ci sono donne che vengono picchiate o umiliate, ma che dicono di essere innamorate e non si rendono conto che il loro rapporto è un amore malato”.

Il percorso di denuncia

Alessia Centonze riflette anche sul passaggio delicato che riguarda la denuncia delle violenze subite. La neolaureata sottolinea la responsabilità che il personale medico deve assumersi nel non lasciare sole le vittime e di accompagnarle durante il percorso di denuncia, che non sempre viene esporta in maniera spontanea: “Ci sono molte ragioni per cui una donna vittima di violenza potrebbe scegliere di non denunciare gli abusi. Alcune temono ritorsioni o ulteriori abusi da parte dell'aggressore. Altre provano vergogna, sono in imbarazzo e si colpevolizzano. In altri casi c’è alla base una dipendenza economica che si sentono assicurata dal loro aguzzino”. Invece, aggiunge Centonze, che proprio queste persone: “Hanno bisogno di sapere che avranno giustizia e che meritano una vita migliore”.
Data pubblicazione 23 Novembre 2023, Ore 12:06 Data aggiornamento 23 Novembre 2023, Ore 12:20
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