
A dirlo è un'analisi dati di Paolo Crosetto, ricercatore trapiantato a Grénoble, che ha elaborato i dati dell''European Research Council (ERC), organismo UE che finanzia i ricercatori di eccellenza. Dai dati emerge con forza come il problema centrale siano gli atenei italiani e – in particolare – la loro disponibilità economica. La scarsa competitività delle retribuzioni (e non solo) spinge molti ricercatori a migrare verso ben altri lidi.
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Fuga di cervelli e scarso appeal degli atenei: nessuno vuole più fare ricerca in Italia
Secondo i dati elaborati da Crosetto, i ricercatori in ingresso dall'estero in Italia si aggirerebbero intorno al 10%, mentre raggiunge quasi il 50% la percentuale degli italiani che "scappa" verso altre destinazioni.Lo scarso appeal degli atenei nel nostro Paese sarebbe anche causato dalla qualità dell'offerta formativa. Non tanto per il livello degli insegnamenti, quanto piuttosto per dei percorsi che quasi mai sono articolati in lingua inglese. Il risultato? Prima di tutto la fuga di cervelli, che ogni anno vede centinaia di giovani talenti lasciare il nostro Paese. L'Italia è infatti al secondo posto per borse di studio erogate dall'ERC, segnale questo di come i ricercatori italiani si attestino tra i migliori al mondo.
D'altro canto però gli ostacoli lungo il cammino fanno sì che i vincitori delle borse migrino all'estero. Lo stesso accade per i ricercatori stranieri: sono in pochi quelli che scelgono l'offerta formativa di un ateneo italiano. Infine, un dato che ci regala la dimensione di questa tematica: i ricercatori che lasciano l'Italia sono cinque volte quelli che la raggiungono. Alla fine, in Italia, vincono i ricercatori ma a perdere sono quasi sempre le università.