ImmaFer
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studente fuorisede

Sul subreddit dedicato alla vita universitaria, un utente da poco trasferitosi per studiare lontano da casa lancia un tema in cui molti si riconoscono: la gestione del tempo.
“Studenti fuori sede, cos'è che vi dà più problemi e/o vi porta via più tempo?”, scrive.

“Sono fuorisede da una settimana - racconta il ragazzo - e nel mio caso il problema principale è che tra cucinare e lavare i piatti se ne vanno più o meno due ore al giorno. Potrei mandare tutto a fan***o e vivere di surgelati, ma voglio cercare di mangiare sano... però è anche vero che tutto il tempo che perdo dietro al cibo mi mette davvero tanta frustrazione”.

Un commento semplice, ma che ha innescato decine di risposte: tra chi condivide la stessa sensazione di stress e chi, al contrario, ha imparato a vedere la routine domestica come un momento di pausa o persino di benessere.

Indice

  1. Tra piatti e fornelli: la fatica quotidiana
  2. Imparare a ottimizzare il tempo
  3. Un momento per sé 
  4. La voce esperta: un manuale di sopravvivenza per fuorisede
  5. Tra gestione e adattamento

Tra piatti e fornelli: la fatica quotidiana

Molti utenti si riconoscono nella frustrazione dell’autore del post. Non si tratta solo del tempo “rubato” allo studio, ma anche del peso mentale della gestione quotidiana.
Ma molto spesso questa l'unica pausa dalla routine di studio.

Un utente scrive ironicamente: “Pensa che io lavo apposta i piatti anche degli altri di proposito perché se smetto dopo devo andare a studiare. Godo pure quando finisce il cibo: devo andare a fare la spesa anziché studiare”.
Dietro la battuta si nasconde una realtà diffusa: le faccende domestiche diventano spesso una distrazione, un modo per interrompere il ritmo serrato passato sui libri.

Imparare a ottimizzare il tempo

C’è chi invece, più pratico, invita a rivedere l’organizzazione: “Due ore? In quel tempo ci puoi fare un kg di legumi, riso, farro e altra roba e mangiarci 4 giorni. Poi ok, se non hai la lavastoviglie il tempo di lavare i piatti non te lo toglie nessuno”.
Secondo questo utente, dunque, il problema non è tanto da studenti fuorisede, quanto da adulti alle prime armi: “Meglio abituarsi.”


Molti concordano: vivere da soli implica imparare a gestire tempo ed energie, anche in cucina.

Un momento per sé 

Un’altra voce, più rilassata, invita a cambiare prospettiva: “Capisco la tua frustrazione sulla perdita di tempo ma penso che quelle due ore tu debba prenderle come stacco. Io addirittura perdo l’intera mattina della domenica per pulire casa e fare il bucato e mi piace tanto, lo trovo quasi rigenerante”.
Poi aggiunge: “La pausa per pranzo o cena è sacra, non esiste che io debba mangiare in 10 minuti per non perdere tempo. Sto mangiando e devo farlo con i giusti tempi”.

Una filosofia che molti fuorisede finiscono per adottare con il tempo, quando le faccende di casa diventano parte del proprio equilibrio.

La voce esperta: un manuale di sopravvivenza per fuorisede

Tra i commenti più elaborati, uno spicca per il tono quasi da manuale di sopravvivenza. L’autore racconta la propria esperienza di “veterano” della vita fuori casa e propone una serie di trucchi per ottimizzare il tempo.

In camera non si entra con le scarpe, ma solo con le ciabatte: così si sporca di meno e si deve pulire di meno. In bagno la candeggina e la pezza sono sempre a portata di mano, così una volta andato in bagno spenderai un minuto in più e non dovrai metterti apposta a pulire”.
Poi continua: “Le cuffie per parlare a telefono! Chiamerai i tuoi genitori, no? Mentre li chiami, prendi la scopa e fai una passata per terra”.

Il discorso passa anche alla cucina: “Fai un calendario settimanale ispirato alla dieta mediterranea. Così già saprai ogni giorno cosa cucinare e non uscirai pazzo. Magari la sera puoi preparare anche il pranzo per il giorno dopo”.

E conclude con una nota affettuosa: “Questi consigli me li ha dati mia nonna, che non è mai stata all’università ma sempre e solo in montagna. Le voglio un mondo di bene”.

Tra gestione e adattamento

Tra piatti, panni e stoviglie, la discussione mostra in ogni caso un aspetto spesso invisibile della vita universitaria: non solo studio, ma apprendimento quotidiano dell’autonomia.

C’è chi lo vive come un peso, chi come un esercizio di equilibrio, chi col tempo riesce persino a trovarci un ritmo tutto suo.
Comunque sia, per gli studenti fuorisede, cucine e lavatrici restano le vere aule dove si impara a diventare adulti. 

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