
Non solo passioni e attitudini, spesso nella scelta degli studi universitari incide pesantemente anche la possibilità o meno di trovare lavoro. Non è un caso, infatti, che sui social network spopoli alla grande, in questi giorni, la classifica delle facoltà “inutili”. Basata su quegli studi analitici che, puntualmente, vengono effettuati sui livelli occupazionali dei neolaureati, a un anno dal conseguimento del titolo di studio. Per capire se il percorso intrapreso possa avere molte chance in ambito lavorativo. Mestamente, si parla di facoltà inutili.
LA META’ LAVORA - I dati raccolti da Almalaurea partono dalla condizione dei neolaureati di I e di II livello a 1, 3 e 5 anni dalla laurea. Il Rapporto 2013, ad esempio, rileva come la percentuale di quanti, a un anno dal conseguimento del titolo, si dichiarano occupati è pari al 55% in calo rispetto all’anno precedente di 3 punti percentuali. Mentre la quota dei disoccupati si attesta al 13%. Ad alzare la media ci sono le facoltà con meno disoccupati tra i laureati: Medicina e Chirurgia, a seguire Ingegneria, Biotecnologie, Farmacia e Scienze Statistiche. Fatte salve queste facoltà che, anche in base al numero chiuso, hanno meno possibilità di lasciare i laureati senza impiego, vediamo come se la passano gli altri
LE NOTE DOLENTI – Ed ora ecco la lista dei buoni e dei cattivi. O meglio, delle facoltà più o meno utili ai fini occupazionali. Il triste primato del maggior numero di laureati disoccupati spetta alla facoltà di giurisprudenza con il 24% che stacca di parecchio tutte le altre, Seconda classificata, infatti, è la facoltà di Psicologia con il 18%; seguono Lettere al 15% e Scienze Sociali poco distante con un 14,3% senza impiego. Quasi a pari merito le facoltà di Lingue, Scienze della Comunicazione, Scienze Politiche e Arte e Design con un tasso di disoccupazione che oscilla tra il 12,4% e il 13,1%. Il minor numero di disoccupati si trova invece tra le fila dei laureati in Filosofia, Agraria e Sociologia, con una percentuale di intorno al 10%.
E LO STIPENDIO? –Non basta trovare lavoro per sentirsi tranquilli. Un’occhiata, soprattutto in tempi di crisi, va data anche alla remunerazione. E, dati alla mano, non sono entusiasmanti. Dopo un anno dal titolo di studio infatti, chi lavora guadagna 1013 euro netti al mese. Un dato in forte ribasso rispetto al 2007 quando i laureati potevano contare su stipendi più alti del 20%.
ALMALAUREA PRECISA CHE...- In riferimento ad alcuni post e articoli usciti in rete in questi giorni che erroneamente utilizzano i dati AlmaLaurea per stilare classifiche tra percorsi e facoltà, la Redazione del Consorzio ci tiene a precisare che queste interpretazioni non sono solo affrettate, ma anche errate: la valutazione dell’utilità di un percorso di studi o di una laurea è una questione alquanto complessa, che quasi mai può esaurirsi con una semplice classifica. Infatti, l’utilità di una laurea dipende prima di tutto dalle opportunità che essa offre di inserimento occupazionale e di carriera, sia di realizzazione personale. In altre parole, sull’utilità di una laurea incidono sia fattori oggettivi, le competenze richieste dal mercato del lavoro, sia fattori soggettivi, fondamentalmente, cosa ci piace fare. Inoltre, l’istruzione non è finalizzata unicamente alla realizzazione nel mercato del lavoro ma contribuisce al nostro benessere anche in altri ambiti della vita personale".