
Ciò che non è decoroso a scuola per gli studenti non dovrebbe esserlo per chiunque altro: un principio di buon senso che alcuni presidi stanno applicando nel formulare le tanto chiacchierate circolari con indicazioni sul dress code.
Regolamenti ufficiali che, secondo un recente sondaggio di Skuola.net, riguardano 3 studenti su 10 a cui si aggiunge un ulteriore 50% abbondante a cui le linee guida sono state sì trasmesse, ma oralmente.
Le restrizioni vanno dal divieto di indossare capi con scritte, simboli o immagini offensive, fino alla messa al bando degli abiti che evocano la stagione balneare: ciabatte, pantaloncini, canottiere, ma anche unghie troppo lunghe e look - inclusi colori e tagli di capelli e barba - considerati eccessivamente appariscenti.
In alcuni casi, come detto, i divieti si estendono anche al personale scolastico. Inclusi, ovviamente, i professori. È accaduto, ad esempio, in un liceo di Catania. Ed è qui che il portale specializzato ‘La Tecnica della Scuola’ ha scoperchiato il vaso di Pandora.
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Norme assenti: il vuoto legislativo sul dress code dei docenti
Ad oggi, infatti, non esiste alcuna norma che stabilisca un dress code preciso per i docenti. Un riferimento assente sia nel Contratto nazionale di categoria che nel Testo Unico sul Pubblico Impiego, il cui art. 54 rinvia a un Codice Etico, senza però menzionare esplicitamente l’abbigliamento.
Lo ricorda Patrizia Basili, dirigente nazionale del sindacato Gilda degli Insegnanti, proprio alla testata di riferimento per i docenti: “Il CCNL non regolamenta in alcun modo l’abbigliamento dei docenti, anzi l’art. 40 afferma che ‘La funzione docente si fonda sull’autonomia culturale e professionale dei docenti.
L’art. 54 del Testo Unico sul Pubblico Impiego rinvia ad un Codice di Comportamento emanato dal Governo e ne elenca come finalità la qualità dei servizi, la prevenzione della corruzione, il rispetto dei doveri di diligenza, lealtà, imparzialità e di esclusività: nessun accenno all’abbigliamento.
Tale Codice di Comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, emanato con il DPR 62/2013, all’art. 3 prescrive che ‘il dipendente evita comportamenti che possano nuocere all’immagine della pubblica amministrazione’: questa è l’unica norma cui potrebbe genericamente essere ricondotto un canone sull’abbigliamento degli insegnanti”.
Il nodo del Consiglio della Docenza: l’autonomia senza regole
Un vuoto normativo, insomma. Come sottolinea Basili, per le professioni la cui indipendenza è tutelata dalla Costituzione - e quella docente rientra tra queste - lo stesso art. 54 prevede il rinvio a un Codice Etico, la cui emanazione spetta però alle associazioni di categoria o a un organo di autogoverno. Da qui la denuncia della Gilda:
“Emerge allora un vuoto istituzionale che la Gilda degli Insegnanti lamenta da tempo: la necessità di un Consiglio Superiore della Docenza, un organo di autogoverno che garantisca l’autonomia culturale e professionale degli insegnanti, come stabilita dalla Costituzione.
In definitiva, in mancanza di un Codice Etico e di una specifica previsione nel Codice di Comportamento, certamente non sono ammissibili prescrizioni sull’abbigliamento degli insegnanti, contenute in circolari dei Dirigenti Scolastici che sono del tutto unilaterali, arbitrarie ed illegittime: delle quali tuttavia abbiamo talvolta notizia, dando conto del clima autoritario e vessatorio che si respira in alcune scuole”, ha concluso Basili.
Tra buon senso e circolari deboli
Ma cosa ne pensa chi vive tutti i giorni l’ambiente scolastico? Sul tema è intervenuta Cristina Costarelli, Presidente dell’Associazione Nazionale Presidi del Lazio (ANP), anche lei intervistata dal portale degli insegnanti.
La sua posizione è più prudente: “Definire queste circolari illegittime è una parola grossa. Veniamo al dunque: chi non si presenta a scuola vestito in un certo modo cosa rischia? Non lo facciamo entrare? Queste circolari sono deboli, dunque, e rischiano di essere mal interpretate. Diventerebbero illegittime se dicessimo ‘se vieni in pantaloncini non ti faccio entrare a scuola’. Certamente manca un codice etico più ampio, che dovrebbe fare riferimento ad un’area diversa, attinente ai valori. Qui siamo sul limite del buon senso”, ha concluso la dirigente scolastica.
Il Codice Etico di Valditara: sobrietà dentro e fuori la scuola
Un Codice Etico su cui il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, lavora già da tempo e che avrebbe l’obiettivo dichiarato di restituire “sobrietà e autorevolezza” alla figura del docente.
Come rivelato dallo stesso numero uno del MIM in un’intervista a ‘La Stampa’, il nuovo Codice inviterà gli insegnanti ad adottare un comportamento più consono non solo tra i banchi di scuola, ma anche online.
Una risposta diretta a episodi che hanno fatto molto discutere: dalla maestra elementare con un profilo su OnlyFans al professore romano che, sui social, aveva insultato la figlia minorenne della premier Giorgia Meloni.
Ogni amministrazione pubblica, comprese le singole scuole, potrà introdurre una propria “social media policy” per chiarire in maniera ancora più puntuale quali condotte siano considerate lesive della reputazione dell’istituto, tenendo conto dei diversi livelli gerarchici e delle responsabilità del personale.
In attesa delle nuove linee guida, dunque, il messaggio è chiaro: da quest’anno anche i docenti sono sotto osservazione.