
Nell’epoca in cui misuriamo tutto, c’è un dato che rimette nella corretta prospettiva la nostra idea di memoria digitale. Ogni spermatozoo, infatti, racchiude circa 0,8 GB di informazioni genetiche: la quantità di dati necessaria a contenere il codice completo per “costruire un essere umano”.
Insomma, una singola cellula minuscola, impercettibile a occhio nudo, che porta con sé un archivio sorprendentemente denso. Se si moltiplica questa “memoria” per i milioni di cellule presenti in un’eiaculazione, la dimensione del pacchetto informativo diventa gigantesca.
E il paragone con i nostri dispositivi – sempre troppo pieni – assume sfumature piuttosto ironiche.
Indice
L’inimmaginabile densità dell’informazione biologica
L’idea che un solo spermatozoo custodisca quasi un gigabyte di dati apre una finestra sul modo in cui la natura comprime l’informazione.
In quella microstruttura c’è tutto: istruzioni, variabili, combinazioni possibili per dare vita a un individuo. Quando si passa dal singolo a un’intera eiaculazione, la scala cambia radicalmente.
Parliamo di milioni di cellule, ciascuna con il proprio pacchetto di informazione completa: una moltiplicazione che porta a un volume potenziale paragonabile a 32 milioni di film o addirittura al traffico internet gestito da metà globo terrestre.
Un trasferimento di dati che sfiora la scala dei Petabyte
Quando si considera l’intero processo, non c’è solo la quantità, ma anche la rapidità con cui l’informazione viene “trasferita”.
In un singolo istante viaggia l’equivalente di interi cluster di dati, una massa che può raggiungere l’ordine dei Petabyte se si sommano tutte le cellule coinvolte. È un flusso che nessuna infrastruttura tecnologica potrebbe sostenere con tale efficienza.
Morale della favola: la biologia gestisce enormi quantità di informazioni con una disinvoltura e un’essenzialità che il digitale può solo tentare di imitare.