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Guido Scorza Skuola.net

Può esserci un legame amoroso tra una persona e un chatbot? Potrebbe sembrare una domanda uscita da un romanzo di fantascienza, e invece è una realtà concreta che sempre più individui, nel mondo, stanno sperimentando. 

Donne e uomini, giovani e meno giovani: sono diversi i profili che si trovano a instaurare legami affettivi profondi con le intelligenze artificiali, tanto da arrivare persino, nei casi più estremi, a convolare a nozze. 

Dietro questo fenomeno c’è una spiegazione sociale e psicologica: la “pandemia della solitudine” che, accentuata dall’isolamento digitale, spinge molti a cercare compagnia e conforto proprio nello schermo del proprio smartphone.

A parlare della questione è Guido Scorza, Componente dell'Autorità Garante per la protezione dei dati personali (GPDP), nuovo ospite della serie Like a Pro(f) – il format di Skuola.net che porta tra i banchi digitali chi ogni giorno lavora nel mondo reale.

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#intelligenzaartificiale e : fino a dove ci spingiamo per un contatto umano?

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Indice

  1. L’amore al tempo dell’IA: quando le persone scelgono di passare la vita con un chatbot
  2. La pandemia della solitudine
  3. Un viaggio “sentimentale” nel mondo dei chatbot

L’amore al tempo dell’IA: quando le persone scelgono di passare la vita con un chatbot

Dunque, davvero ci si può innamorare di un chatbot? “La risposta è affermativa”, dice Guido Scorza, “per quanto strano possa apparirci”. 

Ma c’è chi va addirittura oltre, arrivando a ufficializzare la relazione in maniera – diciamo così – classica.

“C'è chi un chatbot l'ha sposato, e non sono neppure pochi in giro per il mondo. Donne, uomini, ragazzi, ragazze, adulti e adulte che hanno scelto di passare la loro vita con un chatbot”.

La pandemia della solitudine

Difficile ricostruire le ragioni di un quadro così complesso. Ma qualcosa si può dire: “La pandemia più diffusa che c'è in questo momento al mondo è la pandemia della solitudine”, spiega Scorza, che continua: “Davanti al nostro smartphone cerchiamo compagnia e possiamo trovarla in un chatbot”.

Chatbot che, man mano che passa il tempo e che la tecnologia va incontro a un perfezionamento, riesce a “umanizzarsi” sempre di più. Almeno ai nostri occhi. Un fenomeno che porta il nome di “effetto Eliza”, con riferimento al primo chatbot della storia – appunto Eliza – che ha fatto la sua comparsa nei lontani anni ’60.

“Ogni volta che conversiamo con un chatbot, dopo un po' ci persuidiamo che quel chatbot non sia un insieme di algoritmi e di codice, ma una persona”, evidenzia Scorza.

Un viaggio “sentimentale” nel mondo dei chatbot

Quindi sì, è possibile, ci sono i casi concreti a dimostrarlo. Ma cosa accade, in particolare, quando ci si innamora di un chatbot?

“Quello che succede in qualsiasi relazione”, spiega Scorza. Ovvero: “Ci apriamo, ci apriamo più che con chiunque altro e raccontiamo a quel chatbot e alla società commerciale che gestisce quel chatbot una quantità straordinaria di informazioni personali su di noi”.

Ed è proprio qui il guaio. Non solo dal punto di vista psicologico, ma anche da quello della sicurezza, con una fuoriuscita indiscriminata e inconsapevole di dati personali.

Non a caso, sull’argomento, Scorza ha scritto un libro, Diario di un chatbot sentimentale. Come le macchine ci imitano e ci manipolano: “Un viaggio nel mondo dei chatbot, quelli che vogliono rubarci il cuore, quelli che vogliono infilarsi nel nostro letto, quelli che vogliono essere i nostri psicoanalisti, quelli che vogliono semplicemente diventarci amici, quelli che si presentano come capaci di garantirci per sempre la presenza di chi ci è caro, ma non c'è più”.