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ragazzi insieme

Il mondo è bello perchè è vario. Introversi, estroversi… e poi ci sono loro: gli otroversi. Un termine nuovo coniato dallo psichiatra Rami Kaminski per descrivere quei bambini che non hanno bisogno di entrare in un gruppo per sentirsi a posto.

Non sono timidi, non sono solitari, semplicemente preferiscono le relazioni one-to-one e spesso si trovano più a loro agio con gli adulti che con i coetanei.

I loro punti di forza? Sono super curiosi, indipendenti e con una maturità che spiazza. In un mondo che ti dice che devi stare “in mezzo alla gente” per contare, loro scelgono di muoversi fuori dal coro.

Indice

  1. Chi sono gli otroversi
  2. Come li riconosci
  3. La "solitudine" non è un problema
  4. Genitori, take note
  5. Beyond le etichette

Chi sono gli "otroversi"

Gli otroversi sono bambini sociali, intelligenti, benvoluti… ma allergici all’idea di far parte per forza di un gruppetto. Mentre la maggior parte dei più giovani si adatta alle dinamiche sociali per essere inclusa, loro no: restano liberi.

Come ha spiegato Kaminski all’'HuffPost UK': "Gli otroversi possono connettersi con gli altri come qualsiasi altro bambino, ma non si lasciano costringere a far parte di un collettivo".

Come li riconosci

L'errore più grande che si potrebbe fare è pensare che siano timidi. Gli otroversi amano parlare, ma spesso con gli adulti. Kaminski li definisce: "Sofisticati e riflessivi, spesso con una saggezza che va oltre la loro età".

A scuola fanno domande che spiazzano, sfidano i cliché e seguono con passione quello che li interessa davvero (anche a costo di ignorare il resto). Insomma, più curiosità profonda che voglia di seguire il programma alla lettera.

La "solitudine" non è un problema

Gli otroversi non hanno paura di stare da soli: per loro è il modo migliore per ricaricare le batterie. Feste affollate e gite rumorose? Nah. Meglio attività tranquille, spazi in cui riflettere e muoversi ai propri tempi. 

In più, sono spesso molto empatici e genuini: aiutano non per farsi notare, ma perché ci tengono davvero. Resistono bene alla pressione del gruppo e non si buttano in comportamenti rischiosi. L’unica difficoltà? A volte faticano ad affrontare i cambiamenti, tipo un nuovo anno scolastico.

Genitori, take note

In ottica genitore, un altro errore che si può commettere se il proprio figlio è un "otroverso" è pensare: “deve socializzare di più”. In realtà la cosa peggiore è forzarlo. Meglio rispettare i suoi tempi e supportare la sua unicità. Come ricorda Kaminski: "Sostenere un bambino otroverso significa celebrare la sua autenticità, non correggerla".

Poche amicizie ma buone, indipendenza di pensiero e maturità emotiva: questo è il loro super power.

Beyond le etichette

Gli psicologi li definiscono camaleontici: sanno brillare in gruppo, ma non hanno paura di prendersi un break detox. Introversi o estroversi non bastano più: gli otroversi ci ricordano che l’identità sociale è fluida, un continuum in cui non serve scegliere da che parte stare.

E tu, pensi di essere un "otroverso"?

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