
Negli ultimi giorni si è fatto un gran parlare del cosiddetto “dissing” tra Fedez e Tony Effe, con i due rapper che si sono lanciati frecciatine a suon di musica. Anche se, più che frecciatine, si è trattato di veri e propri “schiaffoni in rima”, che hanno messo in pubblica piazza accuse piuttosto pesanti e personali.
Un atteggiamento che in molti hanno bollato come “infantile” e “deprecabile”. E forse lo è davvero, ma non tutti sanno che il “dissing” non è certo una moda passeggera in uso soltanto nei nostri tempi. Anche se con le dovute differenze, già in passato si incontrano diversi atti pubblici di “mancanza di rispetto”. E a compierli non erano persone qualunque, bensì i nomi più altisonanti della letteratura e della filosofia. In fondo, chi meglio di loro saprebbe affilare le parole per una battle di insulti!
Seneca vs imperatore Claudio
Seneca era un maestro di vita, ma guai a farlo arrabbiare: se qualcuno proprio non gli andava giù, doveva vedersela con la sua penna biforcuta. Un esempio? Nel suo testo satirico Apokolokýntosis, conosciuto anche come Ludus de morte Claudii, il filosofo romano sottolineava l’inadeguatezza di Claudio al potere. E lo faceva a modo suo, mettendo un attimo da parte l’eleganza: stando alle parole poco lusinghiere di Seneca, l’ultima voce dell’imperatore udita dai mortali fu questa: “Oh me! Mi sono smerdato, mi sono!”. Il tutto dopo aver emesso flautolenze dalla parte del corpo con cui, sempre secondo Seneca, sapeva esprimersi meglio (potete immaginare quale).
Cicerone vs Catilina
Sempre rimanendo in tema latino, abbiamo poi la celeberrima disputa tra Cicerone e Catilina, che ha portato alla nascita di una delle esclamazioni tra le più famose della storia: “Fino a quando abuserai tu, oh Catalina, della nostra pazienza? Quando cesseremo noi di essere oggetto del tuo furore?”. La firma è naturalmente quella del padre della retorica, Cicerone, la cui trascrizione delle orazioni eseguite di fronte al Senato è affidata alle Catilinarie.
Giuseppe Ungaretti vs Salvatore Quasimodo
Anche Ungaretti non scherzava in quanto a “dissing”, considerando le parole spese per il suo collega. Quale collega? Beh, non di certo l’ultimo arrivato. Parliamo infatti di Quasimodo, Premio Nobel per la letteratura del 1959. A quanto pare, però, Ungaretti non aveva una profonda ammirazione per l’opera ermetica dello scrittore siciliano, definito come un “pappagallo” e, ancora peggio, come un “pagliaccio”. Non proprio un attestato di stima, insomma.
Friedrich Nietzsche vs Dante Alighieri
Nietzsche non aveva esattamente un carattere docile e affabile. Le sue parole, così come le sue idee, in fondo, sono passate alla storia anche per la grande carica provocatoria ed esplosiva. Non capita tutti i giorni, d’altronde, di affermare che “Dio è morto”. Ma un giudizio del filosofo in particolare viene indirizzato a un “big” della letteratura nostrana, forse quello che più di tutti merita la corona d’alloro: il bersaglio fu infatti il sommo poeta, Dante Alighieri, etichettato da Friedrich come “una iena che scriveva poesie sulle tombe”.
Lord Byron vs John Keats
Anche in terra inglese non si fanno parlare male alle spalle in quanto a “dissing letterari”. Protagonista dalla penna velenosa questa volta è Lord Byron, che ha manifestato tutto il profondo rispetto che nutriva nei confronti di John Keats con le seguenti, raffinate parole: “Ecco qui la poesia di Keats piscia-a-letto, e tre romanzi da iddio sa chi… Non più Keats, vi supplico: scorticatelo vivo; se qualcuno fra voi non è disposto a farlo, lo dovrò fare io in persona: non c’è posto per quelle schifezze idiote nel genere umano”.
Charles Baudelaire vs Voltaire
Francia, terra di arte e poesia, della classe e del bon ton… sì, ma con riserva, visto l’affronto di uno dei suoi più celebri poeti: Charles Baudelaire, poeta dello Spleen e dell’angoscia di vivere, ha infatti dedicato un suo “fiore del male” a nientepopodimeno che Voltaire. Proprio lui, il padre dell’illuminismo, ma anche “Re degli imbecilli, il principe dei superficiali, l’anti-artista, il portavoce delle portinaie, il padre Gigogne dei redattori del ‘Siècle’”.
Mark Twain vs Jane Austen
Mark Twain e la sua bella scrittura. Mark Twain e la sua critica sociale. Mark Twain e il suo leggerissimo astio nei confronti di Jane Austen: “Non ci guadagno nulla a stroncare libri, e non lo faccio a meno che non li odi. Spesso ho provato a scrivere di Jane Austen, ma i suoi libri mi fanno diventare matto a tal punto che non riesco a nascondere la mia furia al lettore; perciò devo fermarmi ogni volta che comincio. Tutte le volte che leggo Orgoglio e Pregiudizio mi viene voglia di disseppellirla e colpirla sul cranio con la sua stessa tibia”.