
Cicciona, brufoloso, lardoso. Parole che molti, specie tra i più giovani, usano senza pensarci troppo. Ma che, pronunciate nel modo e nel contesto sbagliato, possono fare danni.
A metterlo nero su bianco, questa volta, è il nuovo dizionario Treccani, pensato per i più giovani e capace di accendere un allarme linguistico: un sistema di segnalazione che evidenzia i termini potenzialmente offensivi, lesivi, inappropriati.
A idearlo sono stati due linguisti, Valeria Della Valle e Giuseppe Patota, che hanno voluto seguire un’idea prospettica: educare le nuove generazioni a un uso della lingua più rispettoso, inclusivo, coerente con i valori del presente. Un’operazione che sposta il vocabolario dal suo tradizionale ruolo descrittivo verso una funzione civica, formativa, etica.
Indice
Un vocabolario con i semafori
Non a caso il target scelto sono ragazzi e ragazze tra i 10 e i 17 anni, una fascia d’età fragile, esposta, per cui il linguaggio può diventare strumento di inclusione o di esclusione, di cura o di attacco. Ecco perché il nuovo dizionario non censura nulla – nemmeno le parole più volgari o violente – ma le accompagna con un avvertimento: attenzione, questo termine può ferire.
“È come se avessimo messo dei piccoli semafori”, spiega Della Valle a ‘Fanpage’, “che si accendono per dire: che si illuminano per dire: attento, questa parola esiste, però se la devi usare sappi che può fare molto male”. È un messaggio che responsabilizza l’utente senza paternalismi. Perché il punto non è vietare, ma educare a scegliere.
Le parole non sono neutre
Riconoscere l’esistenza del linguaggio dell’odio, senza legittimarlo. Questa è la direzione del progetto. Termini come deforme, ebete, quattrocchi, cicciona – ancora oggi utilizzati per offendere – vengono spiegati, contestualizzati, e messi in relazione con il loro impatto sociale.
Perché, come sottolineano gli autori, le parole non sono mai neutre: riflettono mentalità, stereotipi, stratificazioni culturali. E molte di queste sono da superare.
“Certi termini rispecchiano una mentalità del passato che oggi non è più accettabile”, ricorda la linguista. Per questo, oltre alla segnalazione, il dizionario propone alternative più neutrali, modi di dire diversi, più rispettosi.
Maschile e femminile: fine di un’asimmetria?
Oltre alla lotta al body shaming e al bullismo verbale, il nuovo vocabolario segna anche un cambio di passo nella rappresentazione di genere. Gli aggettivi e i sostantivi conosceranno infatti una nuova veste, diversa dalla consuetudine della lessicografia. “Non c'è nessuna regola che dice che la lingua debba essere registrata solo al maschile: era una era una tradizione del Cinquecento, che però rifletteva una società diversa”.
Oggi, per fortuna, il contesto è cambiato. E anche il vocabolario deve cambiare di conseguenza. Parlare di avvocata, ingegnera, ministra non è più un vezzo linguistico, ma un riconoscimento concreto della realtà.
Le parole non si vietano, si capiscono
Il dizionario, dunque, si fa strumento educativo, un manuale per imparare a stare nel mondo. A partire da ciò che diciamo. Nessuna parola è esclusa. Nessuna è demonizzata. Ma tutte vengono inquadrate in un contesto, con rigore e trasparenza.
Perché – lo sanno bene gli autori – molte offese nascono non dalla cattiveria, ma dalla superficialità. E se è vero che la lingua è lo specchio della società, allora è giusto che anche un dizionario sappia indicare la strada per migliorarla. Una parola alla volta.