Concetti Chiave
- Il mito di Prometeo è una delle narrazioni più affascinanti della mitologia greca, spiegando l'origine del fuoco e la resistenza del titano contro il dominio di Zeus.
- Giove punisce Prometeo per aver rubato il fuoco agli dei e averlo donato agli uomini; Prometeo subisce un eterno tormento fino alla liberazione da parte di Ercole.
- Pandora è creata come punizione per l'umanità, portando con sé un vaso che, una volta aperto, rilascia tutte le calamità nel mondo, lasciando solo la speranza.
- La seconda versione del mito descrive Prometeo come il creatore dell'uomo, che concede loro il fuoco, portando Zeus a punirlo duramente per la sua sfida.
- Il mito simboleggia la lotta per l'autonomia e la conoscenza, evidenziando i sacrifici necessari per il progresso umano e l'importanza della responsabilità collettiva.
Indice
- Prima versione del mito: Prometeo ruba il fuoco agli dei e viene punito da Zeus
- Pandora
- Deucalione e Pirra
- Seconda versione del mito: Prometeo ruba il fuoco agli dei e viene punito da Zeus
- Morale del mito di Prometeo e il fuoco
- L'eredità del mito di Prometeo nel contesto umano
Prima versione del mito: Prometeo ruba il fuoco agli dei e viene punito da Zeus
Attraverso i miti, fin dall’antichità, si è cercato di spiegare l’origine dell’uomo, della terra e degli elementi naturali.
Nel mito, quasi come nei sogni, le regole logiche della vita non sono sempre rispettate: ci sono trasformazioni, rinascite, ecc...
Ogni civiltà ha i propri miti, quelle dei popoli del Mediterraneo hanno miti molto somiglianti tra loro.
Il mito di Prometeo è uno dei più ricchi e interessanti della civiltà greca.
Seguì l’età dell’argento. I popoli, pur creati anch’essi dagli dei, erano esseri deboli e inetti la cui vita si svolgeva come una lunga infanzia. Quando raggiungevano l’adolescenza, molto spesso morivano vittime della loro stoltezza. Morti, diventavano geni buoni, ma sotterranei.

I popoli della terza età, detta del bronzo, possedevano cuori duri come il metallo e braccia di inesausto vigore; l’indomabile forza e l’ardore di guerra li avevano spinti a sgozzarsi vicendevolmente, sicché erano sprofondati nell’Ade senza gloria, anche se proprio a loro l’umanità doveva i primi tentativi di civiltà e la prima lavorazione dei metalli.
Spenti gli uomini dell’età del bronzo, Giove aveva creato gli eroi (quarta età) che avevano compiuto grandi gesta, avevano combattuto a Tebe e a Troia, avevano affrontato e ucciso mostri e briganti. Dopo la morte erano stati posti nell’Isola dei Beati, sulle rive del fiume Oceano (secondo gli antichi Greci era il fiume dal quale avevano origine tutti i mari e che circondava tutta la terra immaginata come un disco). Seguì infine l’età del ferro, piena di sofferenze, miserie, delitti.
Durante la prima età, regnando Saturno, tra gli dei e gli uomini c’era stato completo accordo. Comuni erano i banchetti e comuni le assemblee. Con l’avvento di Giove tutto cambiò perché volle imporre anche agli uomini la propria divina supremazia. Uomini e dei si riunirono in assemblea per stabilire la parte che ogni vittima sacrificata doveva toccare agli dei e la parte che sarebbe toccata ai mortali. Incaricato della spartizione fu Prometeo (il titano Giapeto, fratello di Saturno, aveva aiutato Giove a spodestare il padre Saturno con l’aiuto del figlio Prometeo che significa “colui che pensa prima”) che prese un grosso bue, lo uccise, lo ridusse in pezzi e ne fece due mucchi: in uno mise la pelle sotto cui aveva nascosto i bocconi migliori e nell’altro mise tutte le ossa avvolte di candido grasso. Invitato a scegliere, giove scelse il secondo perché più appariscente, ma, accortosi dell’inganno, si adirò e per fare un dispetto a Prometeo, protettore degli uomini, li privò del fuoco inestinguibile che con la propria folgore aveva acceso sulla terra. Prometeo, salì sull’Olimpo, rubò alcune scintille nascondendole nella cavità di un giunco e le portò ai suoi protetti.
Ancora più sdegnato, Giove pensò di punire Prometeo: ordinò a Vulcano, a Cratos (la Forza), e a Bia (la Violenza) di incatenare Prometeo sul monte Caucaso dove ogni giorno un’aquila si cibava del suo fegato che ogni notte ricresceva. Il sole, il vento, la pioggia sfinivano il prigioniero mentre l’aquila ogni mattino lo torturava con il suo pasto quotidiano. Più le sofferenze aumentavano e meno il Titano era disposto ad umiliarsi e chiedere perdono a Zeus. Trascorse trent’anni in questo atroce supplizio finché Giove si mosse a compassione e permise a Ercole di Uccidere l’aquila e spezzare le catene.
Pandora
Anche gli uomini furono puniti perché colpevoli di godere del fuoco rubato; per essi Giove decretò un castigo senza fine: la donna. Ordinò al dio Vulcano che modellasse un simulacro di una fanciulla bellissima a cui tutti gli dei diedero un dono prezioso (di qui le venne il nome di Pandora che significa “tutti doni”); solo Mercurio le pose nel petto un cuore infido e sulle labbra parole ingannevoli. Portando con sé un vaso ben chiuso, la fanciulla fu mandata in dono ad Epimeteo, fratello di Prometeo. Quest’ultimo, conoscendo la stoltezza del fratello, il cui nome significa (colui che pensa dopo) lo aveva avvisato di non accettare nulla da Giove. Il dono era troppo bello per spedirlo al mittente per cui accolse Pandora, se ne innamorò e la sposò. Poiché la curiosità è una caratteristica di genere femminile, un giorno la sposina, rimasta sola, non resistette alla tentazione di guardare cosa contenesse il vaso: non appena sollevò il coperchio tutti i mali, le fatiche, la vecchiaia, le pene si sparsero per il mondo prolificando e diffondendosi a macchia d’olio. Solo una creatura non fuggì via, aggrappata all’orlo del vaso era rimasta la Speranza!
Deucalione e Pirra
L’ira di Giove non era ancora placata, egli meditò addirittura di sterminare il genere umano sommergendolo nelle acque di un diluvio. Prometeo, protettore degli uomini, era sempre vigile
e, non appena seppe del progetto insano del dio, avvertì il proprio figlio Deucalione del flagello imminente.Questi, re di Ftia in Tessaglia, costruì un’arca di legno e con la moglie Pirra, figlia di Epimeteo e Pandora, vi si rinchiuse non appena le acque cominciarono a coprire la terra distruggendo ogni essere animato. Nove giorni e nove notti l’arca errò sui flutti; il decimo giorno la furia delle acque cessò e l’arca si arenò sulla cima del monte Parnaso.
Seconda versione del mito: Prometeo ruba il fuoco agli dei e viene punito da Zeus
Vi fu un tempo in cui gli dei non esistevano. C’erano solo il Cielo e la Terra. Furono questi i nostri primi genitori e da questi nacquero i Titani. I Titani regnarono sul mondo per secoli e secoli. A un certo punto però gli dei, i quali erano i figli dei Titani, si ribellarono e li rovesciarono. Fu allora che Zeus diventò capo supremo dell’Universo ed Era, sua moglie, divenne la regina del cielo. Sulla terra non era ancora apparso alcun uomo, e nessun animale sembrava degno di comandare sugli altri. Fu così che gli dei decisero di dare vita ad un’altra creatura. Uno dei Titani, Prometeo, il cui nome significa l’Accorto, fu incaricato di questo.
Il Titano scese dal cielo, prese l’argilla, la stemperò nell’acqua, e foggiò una creatura a immagine degli dei. Egli creò l’uomo ritto sulle gambe, poiché voleva che guardasse il cielo e non la terra come fanno gli animali. Poi pensò: ”Quale dono potrò io fare a questa mia creatura, perché sia superiore ad ogni altro essere creato?”
Sfortunatamente il fratello Epimeteo, che significa il Malaccorto, aveva ormai donato agli animali tutte le qualità migliori: la forza, il coraggio, l’astuzia, la velocità. Aveva inoltre distribuito le ali, gli artigli, le corna, le squame e altri mezzi di difesa.
L’intelligente Prometeo pensò al fuoco. Che dono meraviglioso sarebbe stato quello! Egli disse: “Con l’aiuto del fuoco egli potrà fabbricarsi le armi, vincere le fiere, forgiare gli utensili, lavorare la terra e diventare maestro di ogni arte. Che cosa importa se la mia creatura non possiede pelliccia, né piume, né squame, né guscio? Il fuoco riscalderà la sua casa ed essa non avrà timore né della pioggia, né della neve e neppure del vento del nord”.
Prometeo risalì al cielo, accese una torcia al carro del Sole, portò il fuoco all’uomo e se ne andò colmo di gioia.
Zeus, seduto sulla sommità dell’Olimpo, cominciò ad essere geloso della potenza dell’uomo. ”Questa creatura che guarda il cielo è veramente superiore ad ogni animale” disse. “Essa è quasi uguale agli dei. Ma io riuscirò a mettere un freno alla sua potenza male acquistata!” Subito creò la donna, e la fece bella come una dea. Tutti gli immortali la colmarono di doni per renderla ancora più seducente. Fu chiamata Pandora che significa “Dono di tutti”.
Quando fu pronta, Zeus presentò la meravigliosa creatura ai Titani. Prometeo, scaltro, mise in guardia i suoi fratelli: ”Attenzione, io temo i regali di Zeus, egli mi odia perché ho rubato il fuoco e l’ho donato agli uomini!” Epimeteo, ormai incantato dalla bellezza della fanciulla, non gli diede ascolto e se la portò in casa. Epimeteo possedeva un’anfora nella quale aveva chiuso alcuni doni che non aveva distribuito agli animali al momento della loro creazione. Pur essendo sciocco, si era preoccupato di dire a Pandora che non aprisse per nessuna ragione quell’anfora. Pandora che aveva ricevuto in dono dagli dei anche la curiosità, appena fu sola, diede una sbirciatina al vaso. Appena sollevò il coperchio, uscirono flagelli e malattie di ogni genere: l’invidia, la perversità, la vendetta, la guerra, le malattie…Pandora cercò subito di mettere il coperchio a posto, ma ormai era troppo tardi. L’anfora era quasi vuota: vi era rimasta solo la speranza che non abbandona mai l’uomo.
Non c’era più pericolo che l’uomo diventasse il rivale degli dei, egli aveva dei nemici ben più temibili delle fiere. Zeus ancora non era soddisfatto e non riusciva a perdonare Prometeo.” Il ladro che ha rubato il fuoco del cielo per amore degli uomini, sarà punito come merita!” sentenziò “Egli sarà incatenato sulla più alta vetta del Caucaso, dove l’uomo mai potrà giungere. Là egli resterà gemente, bruciato dai raggi del sole ed io manderò un avvoltoio a divorargli il fegato che si riformerà in continuazione.!” Prometeo non emise gemiti,né invocò pietà; non rimpianse ciò che aveva fatto, né piegò le ginocchia davanti al tiranno.
Morale del mito di Prometeo e il fuoco
Dietro il celebre mito greco di Prometeo vi è un significato morale molto profondo: gli uomini non possono vivere senza le arti meccaniche e l'individuo come essere singolo non può fare a meno dell'arte del sapere vivere insieme.
per ulteriori approfondimenti su Prometeo e Pandora vedi anche qua
L'eredità del mito di Prometeo nel contesto umano
Il mito di Prometeo, tramandato attraverso le generazioni, continua a offrire preziose lezioni sull'umanità e la sua relazione con il divino, il progresso e la conoscenza. La ribellione di Prometeo contro il potere divino e il suo dono del fuoco agli uomini simboleggiano la lotta per l'autonomia, la libertà e la ricerca della verità. Questo racconto mitologico ci ricorda che l'innovazione e il progresso spesso richiedono sacrifici e coraggio, ma anche una profonda comprensione delle nostre responsabilità verso il mondo e verso gli altri. Nel mito di Prometeo, vediamo riflesso il desiderio umano di superare i limiti imposti e di perseguire un destino più luminoso, nonostante le inevitabili avversità. La sua storia ci incoraggia ad abbracciare la conoscenza e a utilizzarla per il bene comune, oltre a ispirarci a difendere la nostra libertà e la nostra dignità contro qualsiasi forma di oppressione. In conclusione, il mito di Prometeo ci invita a riflettere sulle sfide e sulle opportunità che incontriamo nel nostro percorso verso la realizzazione individuale e collettiva, incoraggiandoci a perseverare nel nostro impegno per un mondo migliore.
Domande da interrogazione
- Qual è la morale del mito di Prometeo e il fuoco?
- Come viene punito Prometeo per aver rubato il fuoco agli dei?
- Chi è Pandora e quale ruolo ha nel mito?
- Qual è l'eredità del mito di Prometeo nel contesto umano?
- Come Prometeo riesce a rubare il fuoco agli dei?
Il mito di Prometeo sottolinea l'importanza delle arti meccaniche e della convivenza sociale, evidenziando che l'innovazione e il progresso richiedono sacrifici e responsabilità.
Prometeo viene incatenato sul monte Caucaso, dove un'aquila gli divora il fegato ogni giorno, che ricresce ogni notte, come punizione per aver rubato il fuoco agli dei.
Pandora è una donna creata dagli dei come punizione per l'umanità; porta con sé un vaso che, una volta aperto, libera tutti i mali nel mondo, lasciando solo la speranza all'interno.
Il mito di Prometeo continua a offrire lezioni sull'autonomia, la libertà e la ricerca della verità, incoraggiando l'innovazione e il progresso nonostante le avversità.
Prometeo sale sull'Olimpo, ruba alcune scintille nascondendole nella cavità di un giunco e le porta agli uomini, sfidando l'autorità di Zeus.