Concetti Chiave
- Eros, il dio dell'amore per i Greci, era visto come una forza inarrestabile che scagliava frecce d'amore indiscriminatamente, generando passioni travolgenti e senza regole tra mortali, dei e persino elementi naturali.
- Il mito di Europa e Zeus, con le sue trasformazioni e inganni, rappresenta una delle storie d'amore più complesse e tristemente famose della mitologia greca, culminando nella nascita del Minotauro e nel tragico destino di Arianna e Fedra.
- Medea, figura complessa tra vittima e carnefice, sfida le convenzioni sociali greche attraverso atti estremi di vendetta, ponendo in discussione il ruolo delle donne e il concetto di giustizia nella mitologia.
- Le storie d'amore omeriche, come quelle di Odisseo e Penelope o Achille e Patroclo, esplorano diversi aspetti delle relazioni umane, sottolineando fedeltà, amicizia e il ruolo delle passioni nel definire il destino degli eroi.
- La cultura greca antica accettava e valorizzava l'amore tra uomini, vedendolo come un rapporto formativo tra un adulto e un adolescente, mentre le relazioni tra donne erano negate e disapprovate, riflettendo un atteggiamento misogino e un controllo sul corpo femminile.
Indice
- Eros e l'amore greco
- Le storie di Eros
- Europa e Zeus
- Il mito di Minosse
- La tragedia di Fedra
- Giasone e Medea
- La vendetta di Medea
- Il destino di Edipo
- Elena e la guerra di Troia
- Il ritorno di Odisseo
- Achille e Patroclo
- L'amore tra uomini
- Saffo e l'amore femminile
- Misoginia e Pandora
- Alcesti e l'eroismo femminile
- Lisistrata e lo sciopero del sesso
- Ipsifile e il matriarcato
- Atalanta e la sfida del matrimonio
Eros e l'amore greco
Per i Greci l’amore era un dio di nome Eros.
Un dio armato, che con il proprio arco, scagliava le frecce ai mortali: chi veniva colpito non aveva scampo: s’innamorava.
Ma Eros non era solo sentimento, ma anche desiderio sessuale. Due volti dell’amore, sentimento e sessualità, che erano due momenti separati della relazione. Nel matrimonio, Eros era presente solo per consentire la procreazione di figli legittimi. La passione, invece, veniva sperimentato in rapporti diversi, come del resto dimostrano le origini di Eros, nato da una relazione extraconiugale di Afrodite, la dea della bellezza. Lei, infatti, era sposata con Efesto, brutto e sciancato, ma ogni occasione era buona per tradirlo. Afrodite possedeva un gran numero di amanti, ma il suo preferito era Ares, il dio della guerra.
Infatti dalla loro unione nacque Eros, il figlio della colpa. Ecco perché Eros non conosceva regole e non si preoccupava delle conseguenze delle frecce che scagliava: Eros faceva nascere l’amore, indifferentemente, tra essere mortali, dei, figure semiumane, animali, donne, uomini…persino i fiumi s’innamoravano.
Le storie di Eros
Le storie di questo tipo sono infinite, e i Greci le consideravano assolutamente normali. Per esempio Alfeo, un bel fiume del Peloponneso, s’innamorò della ninfa Aretusa e, pur di conquistarla, si trasformò in un cacciatore e la inseguì nei boschi. Aretusa, spaventata, chiese aiuto ad Artemide, che la trasforma in una sorgente. A questo punto, Alfeo cerca di mescolare le sue acque con quelle di Aretusa, ma Artemide, attraverso un canale sotto il Mar Mediterraneo, riesce a trasportare Aretusa sulla costa orientale della Sicilia.
Meno infelice è un’altra storia d’amore, quella tra Endimione e Selene, la Luna, che i greci rappresentavano come una giovane donna di straordinaria bellezza che ogni notte percorreva il cielo su un carro d’argento trainato da due cavalli.
Inteso come forza divina, Eros non conosce limiti. Le storie che racconteremo lo dimostrano senza possibilità di dubbio.
Europa e Zeus
A cominciare da quella tra Europa e Zeus, che assunse per l’occasione le sembianze di un toro.
Figlia del re fenicio Agenore, la bellissima Europa trascorse l’infanzia nel regno paterno , sulle coste dell’Asia Minore. Europa sta giocando sulla spiaggia con le amiche, quando Zeus la vede. E, come spesso capita a Zeus, è amore a prima vista.
Zeus appagava sempre le sue voglie, e per farlo ricorreva agli stratagemmi e alle metamorfosi più strani: in questa occasione si trasforma in un meraviglioso toro bianco. Dalla loro unione nacque Minosse, futuro re di Creta e protagonista, insieme alla sua discendenza, di una delle storie d’amore più tristi della mitologia greca.
Il mito di Minosse
Nella vita di Minosse il toro ebbe un ruolo tutt’altro che secondario.
Minosse aveva chiesto agli dei di far emergere dal mare un toro, impegnandosi a sacrificarlo a Poseidone. Il toro era bianco, imponente e bellissimo, così bello che Minosse decise di tenerlo per sé. Poseidone, infuriato, giura vendetta e fa in modo che Pasifae si innamori del toro.
Pasifae chiede aiuto a Dedalo, che costruisce per la regina una mucca e Pasifae, nascondendosi al suo interno, riesce a soddisfare le proprie voglie. Dalla loro unione nasce il Minotauro, spaventoso essere dal corpo umano e dalla testa taurina. Il mostro viene mantenuto in vita, ma rinchiuso in un labirinto costruito da Dedalo. Minosse impone agli ateniesi di inviare sette fanciulli e sette fanciulle ogni nove anni per sfamare il Minotauro, fino a quando Teseo, figlio di Egeo, re di Atene, riesce ad uccidere il Minotauro, grazie all’aiuto di Arianna, figlia di Minosse.
Quando il padre si accorge che Teseo ha ucciso suo figlio, ad Arianna non resta che scappare; così i due scappano insieme, però Teseo abbandona Arianna sull’isola di Nasso, dove si sposerà con Dioniso.
La tragedia di Fedra
Conclusa la relazione con Arianna, Teseo sposa sua sorella Fedra. Purtroppo anche Fedra sarà vittima di Eros e di Afrodite; Afrodite infatti non ama le principesse cretesi, così farà innamorare Fedra del suo figliastro Ippolito. Ippolito era figlio di Teseo e Antiope, una delle amazzoni. Ippolito amava la caccia, i boschi e Artemide, dea opposta ad Afrodite.
Quelli degli esponenti cretesi sono tutti amori destinati a una fine tragica: bestiale quello di Pasifae, causa di tradimento quello di Arianna e adulterino quello di Fedra.
Ma Eros non conosce regole, proprio come dimostra il mito di Medea
Giasone e Medea
Figlio di Esone, re della città di Iolco, Giasone guidò la spedizione degli argonauti, con i quali doveva riportare il vello d’oro in Grecia dalla Colchide.
Giasone, infatti, era stato allevato dal centauro Chirone sul monte Pelio, mentre il regno di suo padre Esone era stato usurpato dal fratello Pelia.
Quando, raggiunta la maturità, Giasone aveva fatto ritorno a Iolco reclamando il trono, Pelia gli disse che avrebbe avuto il trono, solo se avesse riportato in Grecia il vello d’oro.
Così Giasone parte e arriva in Colchide; qui chiede a Eete di donargli il vello, ma il re gli pone una prova da affrontare. La prova è impossibile, ma riuscirà a superarla grazie all’aiuto di Medea.
Medea, figlia del re Eete, era la sacerdotessa di Ecate, la dea della magia e delle ombre, quindi conosce pozioni misteriose: quando vede Giasone per la prima volta s’innamora di lui e lo aiuta a superare la prova. Però, una volta tradita la patria, è costretta a scappare con Giasone.
Dalla nave, però, Medea scorge le navi del padre ed è costretta ad uccidere il fratello Assirto, che aveva portato con sé sulla nave, a smembralo e a lanciare i pezzi in mare, in modo tale che Eete si fermi per pescarli uno ad uno. Così giungono a Iolco, ma una volta in patria si accorgono che Pelia ha ucciso Esone; allora Medea, che ama Giasone ed è disposta a fare tutto per lui, uccide Pelia. I due sono costretti a scappare a Corinto.
La vendetta di Medea
Dopo dieci anni di convivenza matrimoniale e due figli, Giasone tradisce e abbandona Medea, dicendole che vuole sposare la figlia del re di Corinto, solo per garantire ai figli un futuro degno da principi. Personaggio opportunista, falso e vigliacco questo Giasone. Così Medea decide di attuare uno dei suoi piani: deve annientare Giasone e quale modo migliore di uccidere i figli? Così uccide i suoi stessi figli, trafiggendoli con la spada e lascia per sempre Corinto sul carro mandato dal Sole. Ma la storia di Medea non finisce qui.
Si rifugia ad Atene, e sposa il re Egeo; dal loro matrimonio nasce Mede, che è destinato al trono, fino a quando non ritorna nel regno Teseo. Medea, per paura che Mede possa perdere il trono, decide di avvelenare Teseo, ma il piano non funziona, così è costretta a scappare con il figlio alle estremità orientali.
Medea non è una qualunque mogie abbandonata e non si comporta come tale: una moglie, di regola, subisce, Medea, invece, cambia le carte del gioco e diventa la protagonista delle vicende, facendo di Giasone la vittima. Medea parla ed agisce come un uomo che compie una pratica profondamente radicata nella cultura maschile greca: la vendetta.
Il destino di Edipo
Un altro esempio di amore eccessivo che si è degenerato fino alla morte e all’uccisione è quello di Edipo.
Edipo che assassinò il padre e sposò la madre
Tutto iniziò quando Laio, nipote di Cadmo, il fondatore della città di Tebe, scappò di casa e si rifugiò nella corte di Pelope. qui, però s’innamorò del figlio Crisippo; Laio lo violentò e lo condusse a Tebe, dove fece ritorno per rivendicare il proprio diritto al trono. Crisippo però si uccise e Pelope lanciò una maledizione a Laio: se avesse avuto un figlio; sarebbe morto per mano di questo.
Riconquistato il potere a Tebe, Laio sposa Giacasta e, memore delle parole dell’oracolo, riesce per lungo tempo a non procreare. Una notte però concepisce un figlio. Preoccupato delle conseguenze, ordina ad un servo di abbandonare il neonato in un bosco, dopo avergli perforato con un ferro le caviglie, ma il servo lo affida ad alcuni pastori che lo consegnano al re Polibo di Corinto.
Edipo crebbe alla corte di Corinto e fu educato e cresciuto come un principe. Diventato adolescente, un giorno alcuni suoi compagni lo derisero, dicendogli che non aveva alcun motivo di considerarsi figlio del re. Edipo scappò da Corinto alla ricerca delle sue origini e, per allontanarsi dalla reggia di Polibo, si avvicinò sempre più alla città di Tebe. Ad un bivio incrociò una carrozza sulla quale c'era Laio, il vero padre di Edipo, il cocchiere involontariamente, passo sul piede del giovane che pensando fosse un affronto, prese la spada e trafisse il cocchiere; Laio scese dalla carrozza e fu ucciso da Edipo, così il giovane uccise il proprio padre proprio come era stato predetto dall'oracolo.
Edipo prosegue il cammino finché alle porte di Tebe incontra la Sfinge. Nessuno prima di lui aveva saputo sciogliere l’enigma che la sfinge proponeva:”Qual è l’animale che cammina a volte a due gambe, a volte a tre e a volte a quattro ed è più debole quando ha più gambe?” “L’uomo” risponde Edipo e la sfinge si suicida. I tebani accolgono Edipo come un trionfatore, e in segno di riconoscenza gli danno in moglie la vedova di Laio.
Dal matrimonio con Giacosta nascono quattro figli; un giorno però una pestilenza si abbatte sulla città. Edipo allora manda il fratello di Giacosta ad interrogare l’oracolo di Delfi. L a risposta è che la città è contaminata dalla presenza dell’uccisore di Laio. Tiresia, infine, rivela che è stato lo stesso Edipo ad uccidere Laio, suo padre. Edipo adesso sa che allo stesso tempo figlio e marito di sua moglie, padre e fratello dei suoi fratelli. Giacosta, scandalizzata, si uccide e Edipo si acceca con la spilla del suo vestito.
Edipo e la sua tragica storia furono per i greci una straordinaria occasione per riflettere sul problema della colpa. Un altro esempio che riguarda la colpa è il mito di Elena, che gira intorno all’adulterio.
Elena e la guerra di Troia
Elena, la donna più bella del mondo, la cui bellezza scatena la guerra di Troia, nasce dall’accoppiamento tra una donna e un cigno: l’unione fra Zeus, trasformatosi in cigno, e Leda, moglie di Tindaro re di Sparta. Leda partorisce un uovo che si schiude facendo emergere la piccola Elena, già bellissima.
Ben presto la bambina nata dall’uovo raggiunge l’età del marito. Tindaro, come era consuetudine nelle famiglie reali, indice una gara per la mano della figlia, contesa da sovrani ed eroi di tutta la Grecia. Il numero dei pretendenti è grandissimo, ma Elena va in sposa a Menelao, re di Sparta, fratello di Agamennone, re di Argo e Micene. Ma un giorno, fatale per tutti i greci, Elena, durante un’assenza di Menelao, abbandona la dimora coniugale e si imbarca sulla nave del giovane Paride Alessandro, figlio di Priamo, re di Troia. Tutti i greci accorrono in aiuto di Menelao al comando di Agamennone e partono verso Troia.
Giunta nella lontana città sulle coste dell’Asia minore, Elena vive con Paride sino al momento in cui Troia viene finalmente espugnata grazie a un inganno escogitato da Ulisse: il cavallo di Troia. La guerra è finita, Menelao ritrova la moglie infedele e la prende con sé, in un primo momento con l’intenzione di ucciderla. Ma poi cambia idea e la riporta a Sparta, dove Elena riprende il proprio ruolo di regina, amata, rispettata, e dopo la morte addirittura onorata come una dea.
Le audultere in Grecia erano considerate le peggiori delle donne, nessun marito era disposto a perdonarle. Elena evidentemente era un’ adultera speciale: per quale ragione? Per capirlo bisogna tornare indietro negli anni e ricordarci che Elena si era innamorata di Paride per volere divino, di Afrodite
Il ritorno di Odisseo
La guerra è finita. Colpevole o innocente che sia, Elena è tornata a Sparta: gli eroi greci fanno ritorno alle loro patrie. Anche Odisseo salpa alla volta di Itaca dove sua moglie Penelope lo attende da 10 anni. E dovrà attendere per altri 10 anni. Per raggiungere l’isola, infatti, Odisseo sarà costretto ad affrontare molte prove.
Nell’Odissea è esemplare il matrimonio tra Odisseo e Penelope, nonostante la ventennale assenza dello sposo, nel corso della quale ciascuno dei due coniugi deve affrontare ogni sorta di traversie. Ma proprio le difficoltà e la loro separazione fanno sì che il re e la regina di Itaca ci vengano proposti come coniugi modello: lei fedele al marito lontano; lui devotissimo alla moglie che considera la migliore delle donne carica di ogni virtù.
Penelope infatti aveva tutte le virtù che una moglie greca doveva avere. Era bella, obbediente, saggia, riservata, fedele. Nei lunghi anni di assenza del marito consumava i suoi giorni negli appartamenti a lei riservati, piangendo e aspettando il ritorno; solo raramente scendeva nel salone al piano inferiore dove vivevano accampati i Proci. Loro erano numerosissimi, ben 108. Penelope non era una vecchia moglie rimasta sola, ma una donna la cui bellezza e il cui fascino, immutati nel tempo, attiravano molti corteggiatori. Dopo vent’anni di attesa, però, Penelope indice una gara per la sua mano: sposerà chi riuscirà a tendere con dovuta maestria l’arco del marito. Ed ecco, a questo punto, arrivare inaspettato Ulisse che tende l’arco senza sforzo e vince la prova. La felicità di Penelope nel rivedere il marito non è inferiore a quella di Ulisse nel ritrovare la casa e la moglie alla quale è devotissimo. Ma questo non significa che sia stato fedele durante il viaggio. Quando lo incontriamo per la prima volta, Ulisse consuma la vita soave, aspettando il ritorno nell’isola di Ogigia con la ninfa Calipso. Dopo sette anni sente nostalgia della patria lontana: ormai non gli piace più “la ninfa”. Significativo quel non più. Evidentemente, per anni “la ninfa” gli è piaciuta, e molto. Con Calipso, insomma, Ulisse non ha avuto un’avventura passeggera ma una relazione extraconiugale vera e propria. Così come del resto un’altra relazione extraconiugale vera e propria aveva già avuto con Circe sull’isola Eea.
Odisseo infatti accetta di dividere il letto con la maga e soltanto dopo un anno si decide a ripartire dall’isola solo quando i compagni lo riportano alla realtà, ricordandogli la terra paterna.
Di fronte al diverso comportamento di Odisseo e Penelope si potrebbe pensare ad Ulisse come un marito fedifrago, che tiene ben nascoste le sue avventure per non incorrere nelle ire della moglie. Ma sarebbe un’interpretazione sbagliata. Le avventure di Ulisse non sono affatto riprovevoli per la società in cui vive. Penelope ne è all’oscuro soltanto perché sono state consumate lontano, ma se anche ne fosse stata a conoscenza le avrebbe accettate come normali.
Achille e Patroclo
Anche nell’Iliade, il grande poema di guerra, esistono storie d’amore, come quella tra Ettore e sua moglie Andromaca. Prima di morire in duello, Ettore saluta la moglie e il figlio Astianatte: una scena che rivela la dolcezza del più grande degli eroi troiani, e la tenerezza per il figlio.
Ma la storia d’amore più avvincente dell’Iliade non è una storia coniugale, ma quella tra due eroi: Achille e Patroclo.
Anche gli eroi, infatti, anche i più feroci tra gli eroi si innamorano: nessuno è al sicuro dai dardi di Eros. Neppure Achille, dal carattere bestiale. Chi fosse Achille lo sappiamo bene. Ma chi era Patroclo? Era figlio di Menezio, re di Oponto. Anche lui, come Achille, apparteneva all’aristocrazia greca; ma, quando era ancora un ragazzo, uccise senza volerlo un compagno di giochi. Per evitare che i parenti del morto lo uccidessero, il padre era stato costretto ad accompagnarlo a Ftia, dove era stato accolto da Peleo, padre di Achille, e dove era cresciuto insieme a lui. Dapprima una grande amicizia, poi un grande amore. Da quel momento Achille e Patroclo non si erano più separati, neppure in guerra, dove Patroclo aveva seguito Achille.
Il loro amore finisce solo quando Patroclo viene ucciso. La disperazione di Achille è indescrivibile: l’unico scopo della sua vita ormai è uccidere Ettore. Al termine dei funerali di Patroclo, inoltre, Achille fa strozzare ben 12 prigionieri Troiani. Il suo stato è tale da indurre sua madre Teti a scendere dall’Olimpo per cercare di ricondurlo alla ragione e di ricordare al figlio che la vita deve continuare secondo le regole stabilite, alle quali neppure un grande amore può sottrarlo.
Per Achille era giunta infatti l’età del matrimonio (Deidamia). Achille e Patroclo sono stati la prima coppia di uomini amanti nella letteratura greca.
L'amore tra uomini
Un amore come quello tra Achille e Patroclo non era affatto inconsueto ai tempi. Per i greci un rapporto fra due persone dello stesso sesso era socialmente valorizzato, ma questo non significa che tutte le relazioni tra uomini fossero ammesse. L’amore tra uomini che i greci approvavano era l’amore dei ragazzi: la relazione che lega un adulto ad un adolescente (pais).
La coppia formata da due individui di sesso maschile era socialmente e culturalmente accettata se vi era una differenza di età tra l’amante adulto (detto erastes) e l’adolescente amato (detto eromenos)
Questa differenza di età consentiva all’adulto di assumere nei confronti del ragazzo un ruolo formativo nel momento in cui il ragazzo si apprestava a diventare un cittadino capace di esercitare i suoi diritti civili e politici.
L’amante doveva essere adulto, ma a quale età si diveniva adulti? Ad Atene si dentava adulti a 18 anni, l’amato era un pais, la cui età andava dai 12 ai 17 anni.
A partire dai 18 anni il pais cessava di essere desiderabile perché perdeva il suo fascino: il corpo iniziava ad assumere le caratteristiche della mascolinità adulta, il cui segno più evidente erano i peli, che spuntavano e crescevano sul viso, sulle gambe, sul petto.
A questo punto i ragazzi non venivano più corteggiati, bensì iniziavano a corteggiare.
I pais erano oggetto di sconfinata ammirazione, ma solo a condizione che fossero belli. Per corteggiare un ragazzo, un uomo si recava nelle palestre e per conquistarlo gli faceva doni, ma non regali costosi perché non sarebbe stato conveniente, bensì piccoli omaggi, come una lepre, un gallo, oggetti per giocare…
Ma se le relazioni tra ragazzi venivano accettate, per le donne non era la stessa cosa.
Saffo e l'amore femminile
L’amore fra le donne
Cosa succedeva se le frecce di Eros colpivano due donne? Che ciò possa accadere è ovvio, Eros colpisce a suo piacimento, senza regole.
Lo dimostrano le poesie di Saffo, l'unica poetessa di cui ci sono giunte le opere.
Nata a Mitilene, nell'isola di Lesbo, intorno al 612 a.C., Saffo, figlia di Scamandronimo e Cleis, apparteneva a una famiglia aristocratica. Fu data in sposa giovanissima a Cerchila, da cui ebbe una figlia di nome Cleis. Ma qual era il suo aspetto fisico per cominciare? Per il poeta Alceo, Saffo è una donna piena di fascino, mentre Ovidio scrive che la natura le aveva negato i doni della bellezza.
Anche le circostanze della sua morte sono controverse: secondo alcuni, si sarebbe innamorata della bellissimo Faone, e dopo essere stata respinta, si sarebbe suicidata saltando dalla cima di una scogliera.
All’epoca di Saffo, prima di sposarsi, le ragazze trascorrevano un certo periodo in comunità chiamate thiasoi, in cui sotto la guida di un adulto si preparavano per il matrimonio.
Saffo era a capo di uno di questi thiasoi. Il suo compito era quello di educare le ragazze che ne facevano parte, insegnando loro il canto, musica, danza, gli strumenti musicali.
Ma Saffo non coltivava solo le doti intellettuali delle ragazze. Da lei esse apprendevano anche le arti della seduzione: il modo di vestire, la grazia (charis) che le avrebbe rese affascinanti; e durante il periodo della vita comunitaria, le ragazze vivevano a volte esperienze amorose spesso con la maestra.
Mentre due uomini che si amavano, purché rispettassero le regole del rapporto, erano liberi di vivere il loro sentimento, alle donne questa possibilità non era concessa mai, in alcun caso.
Che esistessero donne che provavano attrazione reciproca era cosa che i greci ovviamente sapevano, ma che disapprovavano senza scampo. Il loro atteggiamento di fronte al problema era la negazione: dell’amore fra donne non si parlava, quasi che ignorandolo venisse cancellato.
Questo può centrare con il fatto che gli uomini greci disprezzavano e ritenevano le donne greche inferiori?
Misoginia e Pandora
Per misoginia s’intende un atteggiamento di avversione o repulsione per la donna.
Infatti gli uomini greci avevano una scarsissima considerazione delle donne: si suppone che tutto ciò nasca dal mito di Pandora, la prima donna, l’ Eva greca.
Un tempo gli uomini vivevano senza guai, senza malattie, senza problemi; fino a quando Pandora non aprì il famoso vaso, un dono di Zeus a Pandora. Il vaso, ermeticamente chiuso, non doveva essere aperto per nessuna ragione, ma Pandora, non resistendo alla curiosità, lo scoperchia, facendo uscire ciò che c’era al suo interno: tutte le calamità del mondo.
Una storia significativa quella di Pandora, soprattutto se a questa si aggiunge quella del poeta Semonide.
Anche Semonide spiega nei dettagli quella che egli ritiene l’indole femminile. Alcune donne, dice Semonide, sono fatte di acqua, altre di terra.
Quelle fatte di terra sono minorate. Quelle che vengono dal mare hanno due nature: un giorno sono felici, il giorno dopo sono inavvicinabili. Ma ci sono donne ancora peggiori: quelle che derivano dagli animali di cui posseggono caratteristiche.
C’è quella che deriva dalla scrofa: vive in una casa lercia, non si lava mai, indossa abiti sporchissimi e ingrassa. Un’altra deriva dalla volpe: sa tutto e controlla tutto. C’è quella che viene dall’asino: è paziente e lavoratrice, puoi bastonarla e non protesta. La donna gatta ruba, è ninfomane e non ha grazia. C’è anche la donna che deriva dalla scimmia: è brutta e goffa nei movimenti. L’unica che si salva è la donna ape: ama il marito e invecchia accanto a lui, alleva devotamente i figli. Semonide conclude dicendo che la donna ape è scomparsa.
Ma le donne, la razza maledetta, avevano un potere che nessuno poteva togliere loro: i figli nascevano dal loro corpo. Inevitabile, dunque, la necessità di controllare il loro corpo.
Agli uomini greci non piaceva affatto l’idea che le donne avessero il potere di generare. È certo, i figli nascevano dal corpo materno, ma questo non significava che le donne avessero un ruolo importante nella riproduzione. Secondo alcuni uomini, infatti, il figlio nasceva solo dal padre.
Ma ritorniamo a Pandora, da lei nasce il genere maledetto.
Appartenenti ad un unico genere, le donne hanno caratteristiche comuni ma questo genere è diviso in tribù. Al suo interno, dunque esistono differenze, ci sono donne che hanno diverse caratteristiche, diversi pregi e diversi difetti. A illustrarne qualcuno può aiutare la storia di alcuni celebri personaggi femminili.
Alcesti e l'eroismo femminile
Alcesti è la moglie perfetta, quella che ogni greco avrebbe sognato di avere, e che suo marito Admeto non meritava neppure lontanamente.
Il padre Pelia la diede in sposa ad Admeto, re di Fare in Tessaglia. Admeto, però, in cambio dell’ospitalità data ad Apollo una volta in cui il dio era stato cacciato dall’Olimpo, aveva ottenuto un privilegio: quando fosse giunto il tempo della morte, poteva evitarla a patto che qualcuno morisse al suo posto. Senonché, quando il momento era giunto nessuno si era offerto.
Solo Alcesti era pronta al sacrificio, e Admeto accetta. Ma quando Thanatos prende Alcesti e la porta nel regno delle ombre, Admeto si dispera, dicendo che porterà il lutto per il resto della vita e che farà costruire una statua in suo onore. Solo dopo aver accettato il sacrificio aveva capito quanto grande fosse il suo amore per la moglie.
Ma quando tutto sembra perduto, alla reggia giunge Eracle, figlio di Alcmena e Zeus, che si offre di recarsi nell’Ade e di recuperare Alcesti. Così fece, ma non disse niente ad Admeto, in modo da verificare l’amore e la devozione alla moglie. Ma Admeto riconosce la moglie ed è colmo di gioia.
Alcesti è premiata per il suo gesto, con il quale dimostra che anche le donne possono compiere atti eroici:l’eroismo degli uomini si manifesta morendo per la patria, quello delle donne morendo per il marito
Lisistrata e lo sciopero del sesso
Atene, 411 a.c.: è un momento difficile per la città. Gli ateniesi stanno affrontando una grave crisi politica e finanziaria. Lisistrata, il cui nome significa “colei che dissolse gli eserciti”, sa bene che le donne ateniesi sono stanche e vogliono che i loro uomini smettano di combattere, così da inizio allo sciopero del sesso. Da quel momento, tutte le donne dovranno rifiutare di unirsi ai loro uomini. Non solo le ateniesi, ma anche quelle delle città nemiche. Lisistrata riesce a convincere tutte le donne, che promettono solennemente di riammettere gli uomini nel proprio letto solo dopo che questi avranno promesso di concludere la pace.
L’astinenza forzata riduce gli uomini, alla fine, ad accettare le condizioni delle donne e stipulano una pace.
Ipsifile e il matriarcato
Ipsifile fu, per un certo periodo di tempo, a capo di comunità di sole donne. Sull'isola di Lemno fu dunque in vigore un regime matriarcale.
Una notte, sull'isola, viene compiuta una strage: sorpresi nel sonno, tutti gli abitanti di sesso maschile vengono sgozzati, Tutti, dal primo all’ultimo, uccisi dalle loro donne.
Storia strana e incomprensibile: per spiegarla bisogna tornare indietro, al giorno in cui i maschi avevano smesso di avere rapporti sessuali con le donne di Lemno, da qualche tempo, infatti, le lemnie emanavano un terribile odore, il castigo mandato da Afrodite cui avevano trascurato di rendere i dovuti onori culturali. Gli uomini di conseguenza avevano si erano gettati tra le braccia di giovani schiave tracie, giunte sull'isola come prigioniere.
Così le lemnie in un’unica notte si erano liberate di tutti i maschi dell'isola, dando vita ad un governo di sole donne, retto dalla regina Ipsifile. Qualcosa di contro natura, qualcosa di impensabile. Un paese governato da donne. Qualcosa che aveva tutti i caratteri della barbarie. Non a caso le lemnie, oltre a essere crudelissime, mangiavano carne cruda.
Un paese di sole donne non può durare a lungo: sono proprio le donne a desiderare per prime la presenza maschile, le donne non vedono l'ora di tornare a un regime che non le privi della compagnia maschile. La stessa Ipsifile del resto, a quanto pare, non aspettava altro.
Infatti il giorno in cui sull’isola arriva Giasone con gli Argonauti, Ipsifile chiede a Giasone di sposarla e lui acconsente, e si verifica un accoppiamento generale: Giasone con Ipsifile e i gli Argonauti con le altre donne.
Alle donne, dunque, non piace vivere senza uomini, perché la presenza maschile è indispensabile.
Atalanta e la sfida del matrimonio
Atalanta è una giovane donna molto diversa dalle altre. Nata in Grecia, fu abbandonata alla nascita da suo padre che desiderava un figlio maschio e non intendeva crescere una donna. Allattata da un’orsa, la bambina sopravvive fino a quando dei cacciatori la raccolgono e l’allevano insegnandole l’arte della caccia, che Atalanta pratica con grande abilità, seguendo l’esempio della dea Artemide cui è devota.
È una donna diversa dalle altre, ma quando raggiunge l’età del matrimonio decide di non prendere marito. Oltre alla sua fedeltà ad Artemide, questa sua decisione è legata ad un oracolo, che ha predetto che, se si sposerà, sarà trasformata in un animale. Per evitare il matrimonio, Atalanta, sapendo che nessuno vi riuscirà, promette che sposerà l’uomo capace di superarla in una gara di corsa. Chi perderà, sarà ucciso; infatti quando la ragazza supera i concorrenti, li trafigge con la sua lancia.
Senonché un giorno giunge un giovane chiamato Melanio che vince la gara con uno stratagemma. Afrodite gli ha regalato delle nel d’oro, e Melanio, quando Atalanta sta per raggiungerlo, le lascia cadere, in modo tale che la ragazza si fermi a raccoglierle. Così Melanio vince e i due si sposano.
Ed ecco, con il matrimonio, avvenire in Atalanta uno straordinario cambiamento. Prende così tanto gusto ai piaceri che un matrimonio comporta, che un giorno, durante una caccia, entra con Melanio nel tempio di Zeus, che gli trasforma in due leoni.
Domande da interrogazione
- Qual è il ruolo di Eros nella mitologia greca?
- Come si manifesta l'amore tra uomini nella cultura greca?
- Qual è la storia di Medea e la sua vendetta?
- Come viene rappresentato l'eroismo femminile attraverso Alcesti?
- Qual è il significato del mito di Pandora nella cultura greca?
Eros è il dio dell'amore e del desiderio sessuale, rappresentato come un dio armato che scaglia frecce per far innamorare mortali e divinità, senza preoccuparsi delle conseguenze.
L'amore tra uomini era socialmente accettato, specialmente tra un adulto (erastes) e un adolescente (eromenos), con un ruolo formativo per il giovane.
Medea, tradita da Giasone, uccide i loro figli per vendicarsi, dimostrando un comportamento attivo e vendicativo, tipico della cultura maschile greca.
Alcesti dimostra eroismo sacrificandosi per il marito Admeto, mostrando che anche le donne possono compiere atti eroici, morendo per il marito.
Pandora è vista come la causa delle calamità del mondo, rappresentando un atteggiamento misogino che vede le donne come portatrici di guai.