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Sintesi
Italiano: Luigi Pirandello (la poetica dell'umorismo);

Storia dell'Arte: Pablo Picasso (Famiglia di Saltimbanchi); Arte Degenerata;

Tedesco: Berlin, Gormannstrasse - Kurt Bartsch; Etwas über die Juden;

Inglese: Refugee blues, Wystan Hugh Auden;

Storia: L'antisemitismo durante la seconda guerra mondiale;

Diritto ed Economia Aziendale: leggi razziali.
Estratto del documento

nasce dalla riflessione: riflettendo sulle ragioni per cui una persona o una

situazione sono il 'contrario' di come dovrebbero essere, al riso subentra il

sentimento amaro della pietà.

Le caratteristiche dell'arte umoristica

 Mentre l'arte tradizionale mira alla coerenza e alla verità, l'arte umoristica

tende alla scomposizione, alla disarmonia, alla divagazione, al grottesco;

 Punta a strutture aperte ed inconcluse;

 Rifiuta il sublime e sceglie il linguaggio quotidiano che rivela le storture di

un'esistenza insensata;

 Il soggetto perde autorità e si caratterizza per la compresenza di spinte

contrarie di diverse personalità;

 Chi percepisce la condizione d'insignificanza vive in estraneità e riflessione

con prevalenza del momento ragionativo;

 Rifiuta la concezione classica, romantica e decadente dell'arte per i suoi

ideali. Pablo Picasso: Famiglia di

saltimbanchi

Pablo Picasso: La vita

Pablo Picasso nacque a Malaga, in Spagna, nel 1881 da un padre, insegnante

nella locale scuola d’arte, che lo avviò precocemente

all’apprendistato artistico. A soli quattordici anni venne

ammesso all’Accademia di Belle Arti di Barcellona. Due

anni dopo si trasferì all’Accademia di Madrid. Dopo un

ritorno a Barcellona, effettuò il suo primo viaggio a Parigi

nel 1900. Vi ritornò più volte, fino a stabilirvisi

definitivamente.

Dal 1901 lo stile di Picasso iniziò a mostrare dei tratti

originali. Ebbe inizio il cosiddetto «periodo blu» che si

protrasse fino al 1904. Il nome a questo periodo deriva

dal fatto che Picasso usava dipingere in maniera

monocromatica, utilizzando prevalentemente il blu in

tutte le tonalità e sfumature possibili. I soggetti erano

soprattutto poveri ed emarginati. Picasso li ritraeva

preferibilmente a figura intera, in posizioni isolate e con

aria mesta e triste. Ne risultavano immagini cariche di

tristezza, accentuata dai toni freddi (blu, turchino, grigio) con cui i quadri erano

realizzati.

Dal 1905 alla fine del 1906, Picasso schiarì la sua tavolozza, utilizzando le

gradazioni del rosa che risultano più calde rispetto al blu. Iniziò quello che, infatti,

viene definito il «periodo rosa». Oltre a cambiare il colore nei quadri di questo

periodo cambiarono anche i soggetti. Ad essere raffigurati sono personaggi presi

dal circo, saltimbanchi e maschere della commedia dell’arte, quali Arlecchino.

La svolta cubista avvenne tra il 1906 e il 1907. In quegli anni vi fu la grande

retrospettiva sulla pittura di Paul Cézanne, da poco scomparso, che molto influenza

ebbe su Picasso. E, nello stesso periodo, come molti altri artisti del tempo, anche

Picasso si interessò alla scultura africana, sulla scorta di quella riscoperta

quell’esotico primitivo che aveva suggestionato molta cultura artistica europea da

Paul Gauguin in poi. Da questi incontri, e dalla volontà di continua sperimentazione

che ha sempre caratterizzato l’indole del pittore, nacque nel 1907 il quadro «Les

demoiselles de Avignon» che segnò l’avvio della stagione cubista di Picasso.

In quegli anni fu legato da un intenso sodalizio artistico con George Braque. I due

artisti lavorarono a stretto contatto di gomito, producendo opere che sono spesso

indistinguibili tra loro. In questo periodo avvenne la definitiva consacrazione

dell’artista che raggiunse livelli di notorietà mai raggiunti da altro pittore in questo

secolo.

La fase cubista fu un periodo di grande sperimentazione, in cui Picasso rimise in

discussione il concetto stesso di rappresentazione artistica. Il passaggio dal

cubismo analitico al cubismo sintetico rappresentò un momento fondamentale della

sua evoluzione artistica. Il pittore appariva sempre più interessato alla

semplificazione della forma, per giungere al segno puro che contenesse in sé la

struttura della cosa e la sua riconoscibilità concettuale.

La fase cubista di Picasso durò circa dieci anni. Nel 1917, anche a seguito di un

suo viaggio in Italia, vi fu una inversione totale nel suo stile. Abbandonò la

sperimentazione per passare ad una pittura più tradizionale. Le figure divennero

solide e quasi monumentali. Questo suo ritorno alla figuratività anticipò di qualche

anno un analogo fenomeno che, dalla metà degli anni ’20 in poi, si diffuse in tutta

Europa segnando la fine delle Avanguardie Storiche.

Ma la vitalità di Picasso non si arrestò lì. La sua capacità di sperimentazione

continua lo portarono ad avvicinarsi ai linguaggi dell’espressionismo e del

surrealismo, specie nella scultura, che in questo periodo lo vide particolarmente

impegnato. Nel 1937 partecipò all’Esposizione Mondiale di Parigi, esponendo nel

Padiglione della Spagna il quadro «Guernica» che rimane probabilmente la sua

opera più celebre ed una delle più simboliche di tutto il Novecento.

Negli anni immediatamente successivi la seconda guerra mondiale si dedicò con

impegno alla ceramica, mentre la sua opera pittorica fu caratterizzata da lavori

«d’après»: ossia rivisitazioni, in chiave del tutto personale, di famosi quadri del

passato quali «Les meninas» di Velazquez, «La colazione sull’erba» di Manet o

«Le signorine in riva alla Senna» di Courbet.

Picasso è morto nel 1973 all’età di novantadue anni.

Famiglia di Saltimbanchi

Ritroviamo il contrasto tra tragicità e comicità anche nell'opera di Pablo Picasso.

L'opera fa parte di una serie di bozzetti realizzati da Picasso nella primavera del

1905, I saltimbanchi è di certo una delle opere più rappresentative del “periodo

rosa”, di quel periodo della prima attività dell’artista spagnolo contrassegnato da un

sentire più disteso e sereno del precedente “periodo blu”.

In uno scenario desertico compaiono come per magia cinque saltimbanchi, due

uomini buffi, tre ragazzi acrobati e ballerini. Sul versante destro della scena è

seduta in disparte una donna, con cappello e brocca: è il genius loci, lo spirito del

luogo fatto persona.

L'attenzione dell'artista è concentrata sugli emarginati, per coloro che ai limiti della

società vanno per spiagge o deserti di solitudine a centellinare spiccioli di dignità ad

una vita senza amore.

Cambia il colore, dal blu al rosa prevalente, ma l’atmosfera resta malinconica e

quasi sorprende nel restituirci immagini poetiche, cariche di silenzioso monito. Negli

sguardi dei due clown adulti s’incrocia la quotidiana preoccupazione di organizzare

fuori pista lo spettacolo senza applausi della vita materiale, povera e sofferta.

Il pittore ritraendo questi personaggi lontani dal clamore della scena, alle prese con

le difficoltà quotidiane e con i propri sentimenti, gettandogli le maschere, umanizza

l'intera scena e per questo tutta la composizione assuma un'intonazione

malinconica e introspettiva.

Picasso fonda sulla coscienza di un problema sociale un nuovo sentimento lirico: i

saltimbanchi chiudono la processione delle umane miserie, al punto che l’opera che

li ritrae inaugura la prima denuncia di Picasso, la prima reazione sociale non

ancora invasa dalla violenza dell’imminente cubismo.

Picasso: L'Artista Degenerato

Il 15 novembre 1933 il ministro della Propaganda nazista, Joseph Goebbels, formò

la Camera della Cultura del Reich (Reichskulturkammer), che di fatto stabiliva quali

artisti potevano lavorare e cosa si potesse mostrare al pubblico: una ferrea censura

costrinse i pochi artisti non allineati rimasti in Germania al silenzio.

Negli anni '20 e '30 la Germania aveva generato scrittori, pittori e storici di ogni

tendenza, ma i bersagli principali del regime furono coloro che si occupavano di arti

figurative. Questo perché il nazismo aveva subito capito l'importanza e il fascino

che esercitavano sulla massa le immagini, tanto da sfruttarle intensamente nella

sua propaganda: Hitler voleva che la popolazione fosse circondata da simboli di

potere. Allo stesso modo occorreva distruggere le opere che lanciavano messaggi

non rispondenti all'ideologia nazionalsocialista. I movimenti dell'arte moderna,

senza distinzioni, furono presto definiti "degenerati" e "corrotti". I nazisti volevano

dimostrare che i pittori astratti contemporanei e gli espressionisti trasmettevano

valori che avrebbero ostacolato il ritorno della Germania alla supremazia in Europa,

inquinavano con le loro rivoluzionarie soluzioni e tecniche la presunta bellezza

fisica e spirituale del vero tedesco. Secondo Hitler, che si considerava egli stesso

un artista, l'uso ardito del colore e di immagini surreali da parte di questi pittori era

una distorsione della natura.

Nell'ottobre 1936 la sezione d'arte moderna della Nationalgalerie di Berlino fu

chiusa: fu istituito un tribunale che purgasse le gallerie e i musei di tutto il paese. Si

calcola in circa 16.000 il numero di tele, disegni, sculture che finirono nella

categoria dell'"arte degenerata", la maggior parte di espressionisti e di pittori

moderni tedeschi, anche se vi furono comprese opere di grandi artisti stranieri.

Le migliori furono messe all'asta a Lucerna, mentre diverse migliaia furono bruciate

nel cortile della sede del Corpo dei Pompieri di Berlino nel marzo 1939. Alcune

opere si salvarono, essendo state requisite dal maresciallo Hermann Göring in

persona, desideroso di tappezzare di capolavori le pareti della sua residenza.

Ma distruggere le opere degli artisti non bastava: era necessario mobilitare

l'opinione pubblica contro gli artisti stessi. Nell'estate del 1937, a Monaco furono

allestite due mostre contemporaneamente. Una esibiva le opere di artisti ben

accetti al regime, dove si esaltavano eroismo, dignità ariana, muscoli, fatica ed i

valori semplici e sani delle rustiche famiglie lavoratrici dai capelli biondi e gli occhi

azzurri e dove soprattutto facevano mostra di sé innumerevoli ritratti del Führer.

Quattrocentomila persone visitarono la mostra. L'altra si svolgeva nella nuovissima

Casa dell'Arte Tedesca, terminata quell'anno e progettata da uno dei più importanti

architetti nazisti, Paul Ludwig Troost. All'interno c'era una mostra grottesca,

intitolata "Arte degenerata". Vi erano esposte oltre 650 opere delle avanguardie del

XX secolo, con grande concentrazione di quelle espressioniste, senza cornici e

nella più totale confusione. I titoli erano stati aggiunti dagli organizzatori: un quadro,

raffigurante un gruppo di lavoratori agricoli, era intitolato “Contadini tedeschi visti

alla maniera yiddish”. Un opuscolo fungeva da guida, essenzialmente in senso

concettuale: mostrava al visitatore quale fosse il modo "giusto" di interpretare le

opere esposte avvicinandole a prodotti di dilettanti o di malati di mente. Una

condanna ulteriore di tali opere derivava dal fatto che, appartenendo a istituzioni

pubbliche, erano state acquistate col denaro del "popolo lavoratore tedesco". Adolf

Ziegler, che tenne il discorso di inaugurazione della mostra, definì i lavori esposti

«prodotti della follia, della spudoratezza, dell'incapacità e della degenerazione».

Due milioni di visitatori si riversarono nella Casa dell'Arte.

Diversi tra gli artisti i cui lavori furono condannati, che erano in vita a

quei tempi, furono esiliati, mentre quanti erano di religione israelita e non

riuscirono a fuggire in tempo dalla Germania, morirono nell'Olocausto.

“Guernica” di Pablo Picasso

Anche Picasso fu etichettato come artista degenerato per le sue opere di denuncia

verso la società, insieme a lui vennero condannati anche: Wassily Kandinsky, Ernst

Barlach, Max Beckmann, Marc Chagall, Otto Dix, Walter Dexel, Max Ernst, Otto

Griebel, George Grosz, Vasily Kandinsky, Ernst Ludwig Kirchner, Paul Klee, Oskar

Kokoschka, Emil Nolde, Franz Marc, Edvard Munch, Max Pechstein, Karl Schmidt-

Rottluff, Alexander Kanoldt. I movimenti artistici condannati come "degenerati"

durante il regime nazista furono: Dadaismo, Cubismo, Espressionismo, Fauvismo,

Impressionismo, Nuova oggettività, Surrealismo.

Niente è più necessario del superfluo.

Kurt Bartsch: Berlin,

Gormannstrasse

Kurt Bartschs Leben

Kurt Bartsch wurde am 10. Juli 1937 in Berlin

geboren und verstarb am 17. Januar 2010.

In Berlin, am Oranienburger Tor, hat er mehrere

hundert Bombenangriffe und den Endkampf

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