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Qualche anno fa mi capitò tra le mani un dvd sulla cui copertina risaltava la frase:
“Considerato tra i 100 film più belli nella storia del cinema (IMDB1)”
Ovviamente ciò mi incuriosì, anche se il titolo era alquanto criptico. Quel film era “Donnie Darko2”. La sua visione è stata per me folgorante, mi ha affascinata tanto profondamente al punto da arrivare alla riconsiderazione di alcune mie certezze, con turbamenti forse dovuti alla mia età di quel tempo, trovandomi nel periodo di transizione verso l’adolescenza, più propensa a lasciarmi trascinare dalle emozioni.
Il tema su cui si sviluppa la storia è il viaggio nel tempo, affrontato senza uno scorrere cronologico dei fatti, ma seguendo le emozioni del protagonista, Donnie Darko per l’appunto. In diverse scene appare una strana propaggine tubiforme e trasparente dal petto di alcuni personaggi, percepita solo dal ragazzo, che anticipa il loro movimento nel futuro. Ho scoperto solo successivamente che ciò era un’allusione ai cosiddetti wormhole (tunnel spazio-temporali).
Incuriosita, ho iniziato a documentarmi sull’argomento, spinta anche dall’empatia che sentivo per la questione del tempo e degli ipotetici viaggi attraverso di esso, fino ad arrivare a sceglierla come tesina di maturità.
Il tempo è una problematica che attanaglia da sempre l’uomo, nel quale fa sorgere innumerevoli quesiti. Una delle domande che mi ha sempre scosso è se sia possibile percorrerlo a proprio piacimento nel passato e nel futuro. Da questa ne scaturiscono altre, ad esempio: se l’uomo non ci fosse il tempo esisterebbe comunque? Il tempo ha avuto un’origine e avrà mai una fine? Ed anche la semplice domanda: che cos’è il tempo?
Il tempo pertanto risulta per me un concetto pieno di fascino, non solo dal punto di vista scientifico, ma anche filosofico e letterario; affrontando questo tema nella mia tesina, ho scoperto la sua enormità e il fatto che possa essere ricondotto ad innumerevoli campi dello scibile umano.
Senza soffermarmi sul concetto di tempo vero e proprio, un “rompicapo” filosofico analizzato e risolto in vari ed anche discordanti modi, ho scelto di iniziare la mia tesina proprio dalla descrizione della natura dei wormhole e delle loro radici nella teoria della relatività generale di Albert Einstein, introducendo dapprima alcuni concetti chiave appresi durante l’anno scolastico. In seguito, mi sono dedicata alla sezione prettamente letteraria, intendendo il viaggio nel tempo come a portata anche della nostra coscienza, tematica che ho ritrovato ampiamente negli sviluppi del primo Novecento proprio in relazione alle nuove prospettive introdotte dal campo scientifico.
Tale problematicità è sorta nei primi decenni del Novecento proprio in relazione alla pubblicazione della teoria della relatività, che ha generato grande turbamento negli ambienti intellettuali, mostrando che la non assolutezza del tempo non era solo riferibile a quello della coscienza, ma allo stesso tempo fisico. Ciò ha portato ad importanti sviluppi nella letteratura.
Non essendo più il tempo un assoluto neanche per la scienza, come relazionarsi con esso?
“Il tempo è rivestito di indumenti diversi a seconda del ruolo che riveste nei nostri pensieri” (John Wheeler4).
Queste sono le più profonde motivazioni per cui ho scelto di avvicinarmi all’argomento dei viaggi attraverso il tempo sia fisico, sia della coscienza. Grazie alle mie curiosità personali sull'argomento, ho deciso di sviluppare la mia tesina per l'esame di Stato.
Fisica - Wormhole, teoria della relatività ristretta e generale.
Geografia astronomica - I concetti base.
Storia dell'arte - "Persistenza della memoria" (Salvador Dalì).
Filosofia - Il tempo secondo: Aristotele, Sant'Agostino, Henri Bergson e Albert Einstein.
Letteratura italiana - "La coscienza di Zeno" (Italo Svevo), "Il fu Mattia Pascal" (Luigi Pirandello).
Letteratura inglese - "Ulysses" (James Joyce), "To the Lighthouse" (Virginia Woolf).
nel caso in cui qualcuno cadesse dalla sommità di un edificio molto alto, fino al momento
dell’impatto con il suolo, non sentirebbe la forza di gravità (trascurando l’attrito con l’aria), ma una
assenza di peso. Ne consegue che l’accelerazione determinata dalla caduta annulla la forza di
accelerazione e gravità sono equivalenti
gravità. in altri termini (questo è il principio di equivalenza,
formulato la prima volta in questo modo da Einstein nel 1907);
nella seconda intuizione, l’equivalenza precedente viene estesa all’effetto della gravità sulla luce. Un
fisico in un ascensore senza finestre in caduta libera (in conseguenza della rottura del cavo di
trazione), dotato di strumenti fisici da laboratorio, non avrebbe la possibilità di capire se l’ascensore
stia per schiantarsi al suolo o stia invece librandosi liberamente nello spazio. Che cosa accadrebbe a
un raggio di luce proiettato orizzontalmente da un lato all’altro dell’ascensore in caduta libera? Nelle
condizioni di imponderabilità vigenti all’interno dell’ascensore si applicano le leggi del moto di
Newton ed il raggio di luce viaggerà orizzontalmente da un lato all’altro dell’ascensore. Un
eventuale osservatore posto all’esterno, però, osserverebbe un altro fenomeno, a condizione che le
pareti dell’ascensore siano trasparenti. Per misurare la traiettoria del raggio di luce, ad ogni piano in
cui passa l’ascensore in caduta sono presenti degli strumenti sensibili ad esso. Nel tempo impiegato
dal raggio di luce ad attraversare orizzontalmente l’ascensore, quest’ultimo e tutto ciò che si trova al
suo interno avranno accresciuto la propria velocità per via dell’accelerazione a cui sono sottoposti.
Pertanto il raggio di luce sarà in grado di colpire il punto sulla parete opposta corrispondente al
punto di partenza solo flettendosi verso il basso, seguendo una traiettoria curva per compensare
l’aumento di velocità. Tale incurvamento sarebbe determinato dalla gravità.
Da quest’ultima ipotesi lo scienziato dedusse che se gravità e accelerazione si equivalgano precisamente, la
curvatura prodotta dalla gravità nella traiettoria del fascio di luce costituisce una quantità esatta, pertanto
può essere calcolata.
15. Isaac (1642-1727) fisico e matematico britannico. Tra i massimi scienziati di ogni tempo, ha scoperto la legge della gravitazione
universale e le leggi del moto che portano il suo nome, ha inventato la tecnica matematica del calcolo infinitesimale e ha compiuto
importanti studi di ottica. 16. James Clerk (1831-79) fisico scozzese. Autore della teoria della visione cromatica fondata su tre colori e
soprattutto delle equazioni che descrivono il comportamento della radiazione elettromagnetica.
La conferma e le implicazioni della teoria della relatività
La conferma all’ipotesi di Einstein avvenne durante l’eclissi solare del 29
maggio del 1919, quando si misurò la deflessione della traiettoria della
luce causata dalla gravità del Sole. Fu il trionfo scientifico della teoria della
relatività generale.
Non era un’ipotesi del tutto sorprendente: anche la teoria di Newton,
fondata sull’idea della luce come flusso di particelle, suggeriva che un
raggio di luce sarebbe stato incurvato dalla gravità, tuttavia i risultati dati
dall’eclissi corrispondevano a quelli previsti in relazione alla teoria di Einstein e non a quella newtoniana.
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Prima di quell’anno, comunque, Albert Einstein aveva già dimostrato la causa per la quale la luce subiva una
deflessione. Ricorriamo nuovamente ad un esempio: si immagini uno spazio-tempo vuoto, raffigurato come
un foglio di gomma ben teso. Immaginiamo alcuni raggi di luce come delle biglie fatte rotolare su tale
superficie; queste si muoveranno in linea retta in uno spazio a cui si applicano le regole della geometria
euclidea. Per introdurre in questo spazio vuoto il Sole, si immagini ora di posare sul foglio un oggetto
pesante, come una palla da bowling. A causa del peso della palla, si produce un avvallamento, che farà
deviare la traiettoria di una biglia lanciata sul foglio in prossimità del “Sole”. La biglia, anziché continuare a
seguire una traiettoria rettilinea come in assenza della palla da bowling, seguirà la curva formatasi attorno
geodetica
all’oggetto pesante. Questa traiettoria curva è definita ed è determinata dalla deformazione dello
“spazio” (in questo caso il foglio di gomma). In una superficie così incurvata le leggi della geometria
euclidea non sono più valide. La presenza della materia, disse Einstein, fa incurvare in modo equivalente lo
spazio-tempo quadridimensionale. La curvatura dello spazio-tempo influisce quindi sul moto di tutto ciò
che passa nella regione dello spazio-tempo curvo, compresi i raggi di luce e i pianeti.
“La materia dice allo spazio come incurvarsi, e lo spazio dice alla materia come muoversi” (Albert Einstein cit.).
È necessario un chiarimento: non ci stiamo occupando unicamente dello spazio-curvo (come potrebbe trarre
in errore l’aforisma sopra riportato), ma dello spazio-tempo curvo. Infatti l’orbita terrestre forma una curva
chiusa nello spazio attorno al Sole e la Terra è mantenuta nella sua orbita dalla gravità di questi. Se
immaginiamo che quest’orbita chiusa rappresenti la curvatura dello spazio causata dal Sole, potremmo
concluderne che lo spazio stesso sia chiuso intorno al Sole, cosa ovviamente impossibile, dato che il Sole non
è un buco nero e che pertanto dal sistema solare possono sfuggire luce e materia.
Il Sole e la Terra seguono le loro orbite nello spazio-tempo quadrimensionale, descritte per la prima volta in
17
questi termini da Hermann Minkoswki nel 1908. In tale descrizione, spazio e tempo sono geometricamente
equivalenti ma correlati dalla velocità della luce, che è di circa 300.000 km/s (ogni secondo di tempo
equivale quindi a 300 milioni di metri nella direzione del tempo). Terra e Sole si muovono nello spazio-
tempo dal passato verso il futuro; l’orbita della Terra intorno al Sole, per via delle quattro dimensioni,
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anziché essere una curva chiusa, è come se fosse un’elica ruotante attorno alla linea d’universo del Sole.
Consideriamo la situazione da un altro punto di vista. La luce del Sole impiega 8,3 minuti per raggiungere la
Terra, cosicché la circonferenza dell’orbita terrestre è di circa 52 minuti-luce. Anziché impiegare 52 minuti
per compiere la sua rivoluzione attorno al Sole, la Terra impiega però un anno (circa 526.000 minuti) e in tale
tempo si muove lungo la linea d’universo di ben 526.000 minuti nella direzione del tempo, 10.000 volte più
del suo viaggio equivalente nello spazio, e 63.000 volte la “distanza” equivalente Terra-Sole. Perciò l’”orbita”
quadrimensionale della Terra intorno al Sole è un’elica con componenti temporale e spaziale tali che il passo
è 63.000 volte maggiore del raggio.
Dalla teoria della relatività generale derivano diverse previsioni che sono state verificate più volte con
l’osservazione, fra cui quella della deflessione della luce, della precessione del perielio di Mercurio, dello
spostamento verso il rosso gravitazionale e della dilatazione gravitazionale del tempo.
La teoria della relatività ha rivoluzionato le concezioni di spazio e tempo. Nella teoria di Newton, se un
impulso di luce viene trasmesso da un luogo a un altro, diversi osservatori sarebbero d’accordo sul tempo
impiegato dalla luce a spostarsi da un punto all’altro (tempo assoluto), ma non sempre sarebbero d’accordo
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sulla distanza percorsa dalla luce (nell’ipotesi che venisse impiegato lo spazio relativo). Poiché la velocità
della luce è esattamente il quoziente della distanza percorsa divisa per il tempo impiegato a percorrerla,
osservatori diversi misurerebbero per la luce velocità diverse. Nella relatività, invece, tutti gli osservatori
devono essere d’accordo sulla velocità di propagazione della luce. Anche nella relatività, però, gli
osservatori non sono d’accordo sulla distanza percorsa dalla luce, cosicché devono essere in disaccordo
anche sul tempo impiegato. In altri termini la teoria della relatività mise fine all’idea del tempo assoluto!
Appariva chiaro che ogni osservatore doveva avere la propria misura del tempo, come registrato da un
orologio che ciascuno di loro portava con sé, e che orologi identici trasportati dai vari osservatori non
avrebbero necessariamente concordato.
Si deve accettare l’idea che il tempo non sia separato completamente dallo spazio e da esso indipendente, ma
che sia combinato con esso a formare un’entità chiamata spazio-tempo.
Per terminare questa breve trattazione, ecco un’arguta frase di Einstein:
“Quando un uomo siede un'ora in compagnia di una bella ragazza, sembra sia passato un minuto. Ma fatelo sedere su
una stufa per un minuto e gli sembrerà più lungo di qualsiasi ora. Questa è la relatività” (cit.).
17. (1864-1909) matematico tedesco. Fu uno dei maestri di
Einstein e introdusse l’idea di uno spazio-tempo
quadridimensionale come la scena su cui hanno luogo le
interazioni fisiche. 18. La traiettoria di un oggetto nello
spazio-tempo.
Dalla relatività generale ai
wormhole
Pochi mesi dopo l’introduzione della teoria einsteniana, nel 1916 l’astronomo tedesco Karl Schwarzschild
diede alcune soluzioni alla relatività; una di esse descriveva un buco nero sferico. Con i suoi studi, lo
scienziato mise in rilievo una conseguenza sorprendente: dimostrò che, se la massa di una stella fosse stata
concentrata in una regione abbastanza piccola, il campo gravitazionale sulla superficie di essa sarebbe stato
così intenso da non lasciare uscire nemmeno la luce.
È stato scoperto che questa struttura potrebbe essere stabilizzata e quindi resa attraversabile solo con l’uso
di una materia esotica con densità negativa. Con l’impiego di essa si permetterebbe il passaggio attraverso di
esso senza che collassi. Non è certa l’esistenza di tale materia, ma molti fisici come Stephen Hawking, Kip
19
Thorne ed altri credono che l’effetto Casimir sia la prova della sua possibilità.
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Nel 1784, curiosamente, John Michell , geologo inglese, aveva dedotto similmente che sarebbe teoricamente
possibile per la gravità raggiungere valori così elevati da trattenere anche la luce. Per generare una tale
gravità, un oggetto dovrebbe essere enormemente massivo e possedere una densità inimmaginabile. A quel
tempo, le condizioni necessarie per oggetti con tali caratteristiche (denominati “stelle nere” da Michell),
sembravano fisicamente impossibili. Le sue ipotesi vennero pubblicate da un matematico e filosofo francese,
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Pierre Simon Laplace , nella terza edizione di una sua guida astronomica pubblicata nel 1795. Laplace
ipotizzò tramite un’equazione come sarebbero dovuti essere massa e raggio di un buco nero. Il termine
“buco nero” è stato coniato nel 1968 da John Archibald Wheeler (prima di lui, ci si riferiva a questi oggetti
coi nomi di “stelle nere” o “stelle ghiacciate”).
La completa geometria di Schwarzschild consiste in un buco nero, un buco bianco e due universi connessi ai
loro confini da un wormhole. Il primo ad accorgersi che la soluzione di Schwarzschild (definita Metrica di
Schwarzschild) alle equazioni della teoria della relatività generale corrispondesse effettivamente ad un
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wormhole fu Ludwig Flamm : la connessione tra due regioni dello spazio-tempo piatto, due universi o due
parti dello stesso universo.
Quando Einstein affrontò il problema dell’esistenza dei buchi neri trovò nel loro centro una singolarità,
ovvero un punto di densità infinita dove il tempo finisce, in cui tutte le leggi della fisica conosciute
decadono. Grazie alla collaborazione del suo allievo Nathan Rosen, egli riuscì nel 1935 a fornire la prova
dell’esistenza di un ponte tra un buco nero ed uno bianco, il cosiddetto ponte di Einstein-Rosen.
19. forza che si esercita fra due corpi estesi situati nel vuoto e dovuta alla presenza di un campo quantistico detto di punto zero. 20. John