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Sintesi

Introduzione Vero Islam, tesina



La seguente tesina di maturità liceo scientifico che descrive le influenze della cultura islamica su quella occidentale. Gli argomenti che permette di sviluppare questa tesina scientifica sono: Italiano:Divina commedia, Matematica:Equazioni di secondo grado, Inglese:William Blake, Scienze:Astronomia, Arte:Masaccio, Storia:Terrorismo.

Collegamenti
Vero Islam, tesina



Italiano- Divina commedia
Matematica- Equazioni di secondo grado
Inglese- William Blake
Scienze- Astronomia
Arte- Masaccio
Storia- Terrorismo
Estratto del documento

cielo del Profeta. La versione più antica risale al sec. IX: eccone un breve resoconto. Una notte

Maometto viene svegliato dall'Angelo Jibrail e portato a Gerusalemme a cavallo della giumenta Buraq.

Entra nel Tempio e vede una scala fatta con pietre preziose, vi sale sopra e durante l'ascesa incontra gli

angeli guardiani dai quali riceve le prime rivelazioni sull'Aldilà. Poi attraversa i sette cieli e vede i

Profeti che l'hanno preceduto: Giovanni e Gesù, Giuseppe, Enoc ed Elia, Aronne, Mosè, Abramo,

Adamo. Quindi, assieme a Jibrail sale nell'Ottavo cielo ed entra in Paradiso dove ha modo di vedere le

schiere dei Cherubini, il Trono divino sorretto dal Tetramorfo e la Tavola con i nomi degli esseri che

nascono e muoiono. Incontra la comunità dei beati e riceve rivelazioni sul Giudizio finale.

Sono evidenti le molteplici somiglianze con le tappe celesti del viaggio dantesco.

Maometto che incontra gli angeli alle porte del Paradiso

(da un manoscritto persiano del XV secolo custodito presso la Biblioteca Nazionale di Parigi).

In una seconda versione del miraj, che Asín-Palacios ritenne coeva alla precedente, si aggiunge

l'episodio dell'incontro di Maometto, nel Terzo cielo, con un angelo gigantesco e terrificante, divino

vendicatore delle offese umane e guardiano dell'abisso infernale. L'angelo mostra al Profeta i sette piani

dell'Inferno elencando minuziosamente le categorie dei dannati e i diversi supplizi a cui sono destinati.

Questi piani, e la stessa forma ad imbuto dell'Inferno che si inabissa fino al centro della Terra, così

come la legge di contrappasso che determina la punizione dei peccatori in base ai loro delitti, sono visti

da Asín-Palacios come modelli per l'Inferno dantesco.

Una terza versione, oltre a essere la più complessa e articolata è anche quella che mostra le maggiori

analogie con la Commedia dantesca non solo per l'itinerario celeste e infernale, ma ancor più per certe

immagini simboliche. Per esempio il gigantesco gallo incontrato dal Profeta, paragonato da Asín-

Palacios all'aquila vista da Dante nel cielo di Giove. E poi i cerchi concentrici degli angeli che, ordinati

gerarchicamente, roteano attorno al Trono divino come nella visione dantesca. Ma le analogie più 6

sorprendenti, secondo Asín-Palacios, si ritrovano nei fenomeni psicologici dell'itinerario celeste; per

esempio, sia Maometto che Dante, trovandosi dinanzi alla luce divina, sentono la vista offuscata e

temono di diventare ciechi; come Dante, anche il Profeta si sente incapace di descrivere quella visione e

in seguito ricorda solo una specie di "sospensione" dell'animo.

Stante la somiglianza strutturale e per certi versi contenutistica tra la Commedia e questi racconti,

occorre, però chiedersi in che modo Dante arrivò a conoscere l'opera musulmana?

Secondo Asín-Palacios, il poeta fiorentino avrebbe potuto sentirne parlare da qualche viaggiatore o

addirittura dal suo maestro Brunetto Latini (†1294), ambasciatore per alcuni mesi in Spagna nel 1260,

poi esiliato in Francia fino al 1265. L'ipotesi non è del tutto inverosimile tenendo conto dell'importanza

della tradizione orale come veicolo di trasmissione interculturale. D'altra parte, e questo è un fatto

assodato, nei secoli XII-XIII l'Europa è presa da una vera e propria "moda musulmana" che spaziava

dalla favolistica all'abbigliamento, dalle armi ai profumi, dai giochi alle ricette gastronomiche, per non

parlare degli apporti arabi alle scienze e alla filosofia, specie con Avicenna e Averroè, posti dallo stesso

Dante nel Limbo assieme a altri

grandi personaggi della storia.

A dare nuovo slancio alle teorie di

Asín-Palacios giunsero, come si è

accennato più sopra, gli studi di

Muñoz-Sendino e Cerulli, entrambi

pubblicati nel 1949 e basati sulla

scoperta di due versioni del Libro

della Scala di Maometto. I due

manoscritti furono eseguiti, com'è

scritto in entrambi sul primo foglio,

da un certo Bonaventura da Siena il

quale tradusse la versione castigliana

eseguita nel 1264 da Abraham

Alfaquim, un medico ebreo, per

volontà di re Alfonso X "il Saggio"

(†1284). Il testo latino, tra l'altro, è

anche inserito in una miscellanea

filosofico-scientifica conservata alla

Biblioteca Vaticana. Le due versioni,

francese e latina, giunsero probabilmente in Italia prima della fine del Duecento. Tra l'altro, si trova una

espressa citazione del Libro della Scala in un poemetto enciclopedico, Il Dittamondo,

scritto tra il 1350-60 dal poeta toscano Fazio degli Uberti.

Sulla base di queste scoperte, Muñoz-Sendino non esitò a affermare che la Commedia prese come

modello il Libro della Scala di Maometto. D'altra parte Cerulli, dopo avere rilevato analogie puntuali o

strutturali tra le due opere, riaffermò giustamente la confluenza nel testo dantesco di fonti diverse, non

solo musulmane, ma anche miti greci, vicende bibliche, narrazioni apocrife, testi agiografici, visioni di

monaci; ma su questo argomento occorrerebbe un articolo a se stante. Comunque, Cerulli arrivò ad

ammettere uno degli elementi d'imitazione più rilevanti notati a suo tempo da Asín-Palacios, e cioè "il

concetto di ascesa dell'anima individuale nei regni ultraterreni, come allegoria della purificazione

graduale dell'uomo"; un elemento, questo, che fin dal sec. VIII costituisce il motivo di fondo di

numerosi racconti mistici ispirati al miraj di Maometto . A uno di questi racconti si ispirò certamente

un'opera cristiana redatta in Spagna, o forse in Sicilia, alla fine del sec. XII, e resa nota da M.T.

D'Alverny in Les pérégrinations de l'âme dans l'autre monde(1940-42). L'anonimo redattore, che aveva

7

molta familiarità con la filosofia neo-platonica e con i commenti avicenniani ad Aristotele, prospettava

un'ascensione al Paradiso dell'anima, dopo la morte, e una discesa all'Inferno.

L'ascensione consiste in due stazioni di dieci gradi ciascuna che rappresentano una progressiva

purificazione interiore e poi la visione dei dieci cori angelici, corrispondenti allo schema avicenniano

delle Dieci Intelligenze. Anche la discesa all'Inferno è divisa in dieci gradi, cioè le consuete dieci sfere

astronomiche, che però sono rette da spiriti malefici.

Questa informazione servì a Cerulli per dimostrare ulteriormente che nel primo Duecento si era giunti,

anche nel mondo cristiano, "alla concezione di un viaggio filosofico dell'anima nell'Oltretomba del tutto

diverso dalle modeste trovate dei cantori popolari che sogliono essere indicati come precursori di

Dante".

È quindi possibile che Dante avesse letto una versione del Libro della Scala, tra le tante che circolavano

in Europa alla sua epoca, o quantomeno che ne avesse conosciuto un sunto o una rielaborazione

cristianeggiante. 8

Masaccio e l'Islam

Accanto a Brunelleschi e Donatello egli fonda l’umanesimo in pittura. Egli fra i primi si è reso conto

del significato della prospettiva brunelleschiana e della profonda umanità donatelliana. Arte spoglia di

ornamenti ma ricca di contenuti morali.

Masaccio nelle sue opere esprime infatti proprio il significato etico dell’uomo.

Alcuni anni fa è stata fatta una singolare scoperta, tutta, ancora, da approfondire e chiarire . Una

scoperta che non e' tale per piu' avveduti storici dell'arte, per studiosi ed islamisti e per i pochi eruditi

biografi del grande maestro. Uno dei piu' celebrati dipinti del Masaccio, il "Trittico di S.Giovenale",

raffigurante la Madonna col bambino, datato 23 aprile 1422, ha portato alla luce, durante I lavori di

restauro, l'originale

splendore ed una singolare

particolarita': nell'aureola

della Madonna e' dipinta una

scritta in pseudo cufico o

naskhi, chiaramente leggibile

e, per noi, normalmente

rovesciata. E' la classica

professione di fede

musulmana: "La ilaha illa

Allah Mohammad rasul

Allah", e cioe': "Non c'e'

altro dio all'infuori di Dio e

Mohammad e' il suo inviato".

Fu una sfida da parte di

Masaccio? Un semplice ma incredibile caso, per un grande che ha dipinto per non piu' di sei o sette

anni? Una scelta di fede che l'originale pittore volle tenere segreta? Le ipotesi sono tante e il "caso

Masaccio" va avanti da qualche anno, tra dubbi e smentite, ammissioni e reticenze. Bisogna subito

aggiungere che, chi sapeva, aveva letto quella scritta e capito, al massimo aveva aggiunto, in anni

abbastanza recenti, soltanto una breve nota di due parole, in fondo ai colti saggi sul maestro di

S.Giovanni Valdarno. Come se quell'esaltazione dell'Islam e di Mohammad nell'aureola della Madonna

non aprisse davvero uno straordinario ed inconsueto filone di ricerca che, forse, non si e' mai voluto

percorrere fino in fondo. La scritta nell'aureola della Madonna e' un altro curioso mistero nella breve

vita di Masaccio, morto avvelenato in una Roma papalina un po' cupa, ma con una Chiesa trionfante.

Chi sia stato Masaccio e cosa abbia rappresentato nella Firenze del '400 e' ben noto; "Coltissimo", dice

il Vasari. Poi, alla notizia della prematura morte, la celeberrima frase del Brunelleschi: "Noi abbiamo

fatto una gran perdita". Dall'infanzia carente di affetti nasce il ribelle, protervo e scorbutico, nemico di

ogni autorita' e per questo soprannominato Masaccio", da Tommaso.

Il dipinto della Madonna del Giovenale e' opera giovanile. Venne scoperta da Luciano Berti nel 1961 ed

esposta, per la prima volta, a Firenze. Della scritta islamica sull'aureola della Vergine non venne fatta

parola. Poi, negli anni '80, Marco Spallanzani, studioso d'arte islamica e "curatore" della sala araba del

Bargello, a Firenze, accenno' per primo a quella scritta, accostandola alle ben note influenze dell'arte

orientale su quella italiana e toscana in particolare. L'Islam scendeva giu' dalla Spagna moresca e

musulmana e saliva verso il nord, dalla Sicilia araba. In piu', Crociate o non Crociate, Venezia, Pisa,

Genova, Amalfi, Siena e Firenze commerciavano con il medio oriente. Il commercio delle sete e delle

stoffe pregiate era floridissimo ed e' proprio su certe magnifiche sete e sul damasco proveniente dalla

Siria e dall'Iran che si trovavano iscrizioni arabe con frasi perfettamente leggibili sulla grandezza di Dio

e la "bellezza della fede". I pittori toscani del '300 usarono quelle stoffe preziose a piene mani, nei loro

dipinti.

Altre coincidenze, inoltre, colpiscono. La scritta non e' mai presente nell'aureola di Cristo, dei Santi e 9

degli Angeli che lo circondano. Qualcuno gia' sostiene che altre celeberrime Madonne del Masaccio

avrebbero, sempre nell'aureola, lo stesso impegno di fede islamica. Bisogna qui ricordare che, per aver

lavorato spesso per Felice Brancacci, console del mare e ambasciatore presso il sultano d'Egitto,

Masaccio aveva sicuramente conosciuto in maniera non casuale l'Islam e il "misterioso mondo egiziano

dei Fatimidi".

Il professor Ahmad Mustafa, grande studioso egiziano delle antiche scritture arabe, iraniche e del

periodo abbaside, ha confermato che la scritta nell'aureola della Madonna di S.Giovenale e' proprio la

classica professione di fede islamica. Per leggerla, un arabo dovrebbe porsi davanti all'opera, di spalle,

con uno specchietto in mano, per avere la scritta nel giusto verso di lettura.

Particolare “ Trittico di S. Giovenale” 10

William Blake and the muslim Sufis

William Blake (London 1757-1827) poet and artist , is regarded as a seminal figure of the Romantic

Age. His writings have influenced countless writers and artists through the ages, and he has been

considered both a major poet and an original thinker. His poetry and paintings are extremely

fascinating, innovative, and controversial

in particular for their “prophetic” nature.

For Blake, the Poetic Genius, rather than

physical senses, is the faculty through

which human beings are able to get a

“real” knowledge of their mysterious life

and of the divine, sublime reign. Blake’s

views expressed in his poetry (and

paintings) recall the views of a number of

Muslim Sufis (Muslim mystics), such as

Ibn-Arabi, Al-Ghazali, Al-Bistami, Rumi,

and other mystics who believe in the

existence of an infinite spiritual reality to

be attained through a faculty that

transcends the five senses .These Sufis,

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