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Introduzione Universo Borghese, tesina
La seguente tesina di maturità tratta del tema dell'universo borghese.
La tesi che si va ad esporre indaga essenzialmente la società italiana degli ultimi due secoli ed in particolar modo l’universo aristocratico fine ottocentesco, passando per la borghesia indifferente e accondiscendente del secolo delle due guerre, per poi riallacciarsi alla realtà contemporanea, come sintesi di un processo di lento degrado sociale.
Il filo conduttore che si vuol creare è quindi l’evoluzione inarrestabile e ormai radicata nella Città eterna di un mondo che ha deciso di abbandonare la vita più pura e sincera per dedicarsi a nuovi valori che ruotano in linea massima attorno al sesso e al denaro, intesi come nuovi punti di riferimento utili per la scalata sociale.
Collegamenti
Universo Borghese, tesina
Italiano: "Il piacere" di D'Annunzio, "Gli indifferenti" di Moravia.
Storia: il fascismo ed il consenso borghese.
Filosofia: Schopenhauer "la vita è un pendolo che oscilla tra la noia ed il dolore"
Cinema: "La dolce vita" di Fellini e "La grande bellezza" di Sorrentino
[LA FATUITÀ DELL’ESISTENZA BORGHESE] A.S. 2013/2014
Indice.
Andrea Sperelli: incarnazione di una società perbenista e famelica …………………………… 4
Il fascismo ed il consenso borghese …………………………………………………………….... 5
“Gli indifferenti”: ritratto dell’ipocrisia e dell’apatia del periodo fascista ……………………. 6-7
Roma: capitale de “La dolce vita” ……………………………………………………………. 8-9
Roma oggi: “La grande bellezza” …………………………………………………………… 10-12
“La vita è un pendolo che oscilla tra la noia e il dolore”……………………………………... 13
“Gli sparuti sprazzi di bellezza”: conclusioni ………………………………………………… 14
Bibliografia, filmografia, fonti online ……………………………………………………….. 15
LICEO LINGUISTICO EUGENIO MONTALE 5BL | Antea Gambicorti 3
[LA FATUITÀ DELL’ESISTENZA BORGHESE] A.S. 2013/2014
Andrea Sperelli: incarnazione di una società perbenista e famelica
Ne “Il Piacere” D’Annunzio regala ai suoi lettori un ritratto denso di lusso, scandalo e amore della
Roma del governo Depretis, una Roma che ha partorito una generazione sterile di valori,
puerilmente debole e capace esclusivamente di mascherare questa sua inettitudine attraverso feste
mondane, atteggiamenti frivoli, amori snaturati e sperdute ricerche di ricchezze utili per aumentare
la smania di apparenza.
Proprio in questa atmosfera di sfacelo generale si delinea la figura dell’esteta Andrea Sperelli,
uomo ambiguo e raffinato nella sua continua aspirazione verso il bello, l’arte e le opere letterarie,
nonché fine poeta. La sua vita trascorre essenzialmente tra un salotto ed un altro, conquistando e
facendosi amanti molte delle donne che lo circondano. Tuttavia la sua è una vicenda triste e
logorata dal continuo alternarsi del grandioso e del meschino, al punto che finisce per abbandonarsi
definitivamente al mondo del Piacere, non riuscendo quindi a far prevalere su di sé il riscatto di una
possibile redenzione.
La presenza di due donne completamente differenti tra loro, la passionale Elena Muti e la pura
Maria Ferres, accentuano ancor più il dilemma esistenziale che attraversa il protagonista.
Elena rappresenta la parte più vera dell’animo ambizioso di Andrea ed insieme condividono la
stessa realtà sociale, la stesso impeto bramoso verso la vita e verso il piacere carnale. Ciò
nonostante, proprio l’indole volubile della donna sarà la causa della fine della loro relazione e del
matrimonio di convenienza tra Elena e Lord Heathfield.
Con l’abbandono da parte della femme fatale e la grave ferita subìta a duello contro un rivale, il
protagonista trascorre alcuni mesi di convalescenza lontano da Roma , presso la villa della cugina,
dove conosce Maria Ferres, emblema di bellezza spirituale. Il suo essere riservato e onesto suscita in
Sperelli un nuovo sentimento di amore, che lo allontana momentaneamente dall’ipocrisia
dell’ambiente in cui vive, proiettandolo in un universo più puro e sincero, al punto che anche i suoi
intenti sembrano prendere una nuova direzione verso una condizione più elevata di spirito.
Il ritorno nell’Urbe lo rigetta nuovamente nel gran cerchio mondano e l’incontro inaspettato con Elena
Muti fa rinascere in lui il desiderio di possederla, tuttavia la donna sembra non voler più riallacciare
alcun rapporto con il vecchio amante e Andrea Sperelli sfocia così nella più totale decadenza.
Nel bel mezzo di alcune ore stanche di solitudine si delinea il senso di nausea e di amarezza che
avvolge il protagonista, in preda alla rassegnazione più cupa, come un malato che ha perduto ogni
fiducia di guarire ed è disposto ormai a vivere del suo proprio male, a sprofondare nella sua
miseria mortale. Proprio il senso di vacuità e la certezza di quanto tutto ormai sia irreparabile
suscitano in lui una collera disperata e un disprezzo folle di se stesso. Incalzato dall’implacabile
passione per la vita si vede di fronte al bivio supremo di salvezza o perdizione, ma il coraggio di
salvarsi con un atto volontario gli va a mancare e pur essendo in balia del dolore, preferisce non
agire per non provare un dolore più virile. Sacrifica così definitivamente quel che gli rimaneva di
fede e di idealità per gettarsi a pieno nella vita, come un’avventura esente di scopo, verso la
ricerca del godimento, dell’attimo felice,affidandosi unicamente al destino. Con il suo atteggiamento
cinico spera perciò di arginare i suoi dolori più intimi, le sue emozioni più recondite, ma in realtà i
bisogni ed i disgusti aumentano senza fine.
Il ritorno sulla scena di Maria, giunta nella Roma tanto amata, accende nell’uomo un nuovo desiderio,
ovvero quello di conquistare entrambe le donne e di alternare le due visioni, culminando nella
fantasia di possedere immaginariamente Elena attraverso la figura di Maria.
Il suo spirito si va ad adattare così completamente alla mostruosa commedia, che quasi non riesce a
concepire altro modo di piacere e di dolore. Tutto è divenuto un’abitudine di vizio, un bisogno
incessante e imperioso che culmina con il grido del nome di Elena nel momento d’impeto di passione
con Maria.
Il senso del “Piacere” che traspare nelle ultime pagine del romanzo è quello di una fiamma incapace
di riprodursi e di mantenersi eterna, in quanto il piacere vero è legato esclusivamente all’ amore
verso ciò che si possiede senza avere la pretesa di possederlo per sempre. Di fatto, il Piacere anche
se dura solo un attimo può arrivare a lasciare la sua scia per una vita intera.
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[LA FATUITÀ DELL’ESISTENZA BORGHESE] A.S. 2013/2014
Il fascismo ed il consenso borghese
L’ascesa al potere del fascismo trova come congiuntura di condizioni favorevoli un contesto sociale,
economico e ideologico di estrema precarietà, che ha favorito l’evolversi e l’affermarsi di questo
movimento populista e nazionalista, in grado di ottenere consensi a macchia d’olio grazie alla
maschera moderata e restauratrice dell’ordine.
Con il generale malcontento della “vittoria mutilata” e la conseguente presa di coscienza di un
sistema liberale caduco e in vista di fallimento, anche i consensi verso le parti socialiste iniziano a
affievolirsi a causa dell’assenza di supporto politico per la massa sindacale.
Gli anni del Biennio Rosso (1919-1920) accentuano ancor più il clima di terrore
verso una possibile rivoluzione proletaria, al punto che comincia a figurarsi
nella mente delle classi borghesi la paura del comunismo che comporta il
conseguente tentativo di arginare gli scioperi e gli atti di protesta con il
supporto al movimento fascista e alla violenza squadrista.
L’appello dell’Italia verso una stabilità economica, sociale e un’affermazione
internazionale porta al dilagare di consensi da gran parte delle classi sociali.
I due sentimenti che spingono quindi al diffondersi del fascismo sono la “paura” e l’ “illusione”.
La “paura” del comunismo si sviluppa, come si è già accennato, all’interno della piccola e ricca
borghesia. I cosiddetti “colletti bianchi”, ovvero commercianti, artigiani e professionisti, in
opposizione agli operai e braccianti o “tute blu”, cominciano a rappresentare un apparato statale
ed industriale sempre più complesso che non si vede tutelato da alcuna forma sindacale, essendo
una classe nuova, in ascesa e fortemente composita. La loro ricerca continua di visibilità e la forte
rivalità instauratasi con gli operai e i loro sindacati genera una condizione di insoddisfazione
generale che permette l’evolversi di un bacino di utenza ideale per il neo movimento.
La borghesia agraria e industriale, in conflitto con le richieste dei braccianti per gli aumenti salariali
e con la CGIL che difende i diritti della classe operaia, aderisce quindi all’ideologia fascista
nazionalista e antisocialista con l’intento di frenare una possibile presa di potere da parte di
braccianti e operai. Infine i cattolici ed il re completano la schiera di consensi verso il partito.
Altro elemento essenziale per l’instaurarsi del fascismo è l’ “illusione” di un possibile cambiamento
radicale attraverso questa nuova forza politica capace di mostrarsi come giustiziera del popolo e
come annientatrice dell’avanzata socialista che incuteva timore nelle classi dirigenti.
L’incapacità di analizzare con maniera critica il reale e futuro problema per l’Italia, l’interesse
esclusivo della borghesia per il denaro e per il controllo del proletariato e anche una notevole
capacità di mascheramento delle reali intenzioni del movimento permettono al fascismo di scalare la
vetta verso il potere e di diffondere l’immagine di Mussolini come uomo restauratore dei valori
tradizionali.
In realtà con il fascismo la classe borghese si getta ancor più nella totale indifferenza e come un
automa diviene incapace di reagire e di comprendere la realtà che la circonda, essendo svuotata di
energie e valori. Questo sfacelo morale si profila come il punto cardine attorno al quale ruota il
romanzo dell’esordiente Moravia, “Gli indifferenti”.
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[LA FATUITÀ DELL’ESISTENZA BORGHESE] A.S. 2013/2014
“Gli Indifferenti”: ritratto dell’ipocrisia e dell’apatia del periodo fascista
Pubblicato nel 1929, il romanzo segna l’inizio per Moravia della sua carriera di scrittore, divenendo
uno dei più influenti narratori dell’universo borghese del XX secolo.
Giuseppe Antonio Borgese,critico del tempo, recensì l’opera sul “Corriere della Sera” affermando
che “gli indifferenti potrebbe essere un titolo storico. Dopo i crepuscolari potremmo avere il gruppo
degli indifferenti. E sarebbero i giovani di vent’anni…” In particolare, Moravia delinea attraverso
un metodo cinico e penetrante i giovani di vent’anni del regime fascista, periodo storico che fa da
scena a tutta la vicenda.
Quattro sono i personaggi principali e l’impostazione è decisamente teatrale: pochi cambiamenti di
scena, prevalenza del dialogo sulle scene narrative. L’intento iniziale, infatti, era quello di scrivere
una tragedia, ma ciò risultò impossibile data l’irrimediabile mediocrità dei personaggi borghesi e
dei conflitti che li contrappongono.
La famiglia presa in esame, gli Ardengo, trasuda di ipocrisia e soprattutto di indifferenza, ovvero di
quell’incapacità di reagire nei confronti della realtà torbida e volgare che la circonda. Mariagrazia,
appartenente ad un’agiata borghesia, vedova con due figli già adulti, vive da anni una storia con
Leo Merumeci, ma con finzione tipica della sua classe sociale cerca di tenere celata la relazione ai
due figli, i quali tuttavia ne sono perfettamente al corrente e provano ripugnanza per la menzogna.
La madre emerge in tutta la vicenda come un’anatomia feroce ed impietosa della “signora”
borghese, che si risolve nelle apparenze esteriori, nel culto del prestigio sociale e nell’orrore puerile
per la povertà, al punto che la sua identità si vede priva di sinceri sentimenti, come dimostra
l’utilizzo dell’aggettivo “teatrale” nella sua descrizione. Il suo orribile conformismo si esaurisce nella
sua stessa affermazione: “Come si fa? Non si può mica dir sempre la verità in faccia alla gente … le
convenienze sociali obbligano spesso a fare tutto l’opposto di quel che si vorrebbe, sennò chissà dove si
andrebbe a finire.”
Leo Merumeci rappresenta un’altra tipologia del mondo borghese ed in particolare incarna la tipica
figura del borghese arricchito, profittatore e spregiudicato che prospera all’ombra del fascismo. La
sua brama di denaro, che lo incita a commettere un disonesto gioco di ipoteche per appropriarsi
della villa Ardengo, e l’ingordigia di sesso, che lo induce a staccarsi lentamente dalla sua storica