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FILOSOFIA: Nietzsche; Kierkegaard; Freud; Sartre.
STORIA: "Le maschere dei regimi"; la Seconda Guerra mondiale.
LETTERATURA: La maschera fra teatro e letteratura; Pirandello;
DIRITTO: il Processo.
legate a riti religiosi, dove gli uomini comuni indossavano semplici
ornamenti e, al contrario, le figure sacerdotali (come ad esmpio lo
“shamano”) portavano delle maschere che più da vicino
raffiuguravano le entità o gli spiriti che si andavano a celebrare.
Tali entità erano quasi sempre degli animali ritenuti sacri e
venivano così idolatrati al fine di ricevere protezione e supporto:
essi sono i cosiddetti Totem di cui, nel 1913 con l’opera “Totem e
Tabù”, Sigmund Freud ne avevo dato un’ampia spiegazione,
descrivendone caratteristiche e funzioni.
Ecco, dunque, come la maschera da un lato nasconde colui che la
indossa, dall’altro mostra un altro volto, qualcosa di diverso e
inusuale, e da un altro ancora determina quello che è lo status
sociale e il ruolo dell’individuo. Di conseguenza, essa va a
modificare la struttura sociale di una popolazione andando a
incindere soprattutto sui cosiddetti “riti di passagio”, denominati
in tal modo e analizzati per la prima volta da Arnold Van Gennep,
il quale arrivò a formulare l’ipotesi secondo cui tali riti
comprendono tutti quei rituali che sanciscono pubblicamente il
passaggio di una fase della vita dell’individuo [si distinguono
quelli sanciti dalle religioni (come il battesimo, matrimonio, ecc.)
e quelli imposti da istituzioni, che non nascono espressamente
come riti ma lo diventano per la loro importanza ( esame di
maturità) o ancora si possono definire riti quelli di iniziazione alla
vita adulta ( tatoo, piercing che rappresentano perlopiù
espressioni di moda)].
Ecco come il momento più caratteristico per l’ingresso in scena
della maschera a livello sociale, è quello dei riti di iniziazione
( caratteristici delle “società segrete” descritte
precedentemente) attraverso i quali, il più delle volte, si sancisce
l’ingresso di un giovane nel “mondo degli adulti”: esemplari a
riguardo sono gli studi di Franz Boas sulle popolazioni del
Kwakiult, dove, affermerà lo studioso, il giovane viene
letteralmente rapito da i mebri adulti ( mascherati in entità
mostruose) e portato fuori dal villaggio, spesso nelle foreste
simbolo del mondo spirtico, del mondo dei “non umani”, per poi
essere reintegrato nella comunità come adulto.
In questo, come in altri rituali, la maschera sembra rappresentare
il mezzo attraverso cui attuare una “ trasformazione” a livello
individuale, avente il compito di creare un essere umano
‘completo’ e che rispecchi le esigenze del gruppo a cui
appartiene. Analogo è ció ce accade tra i Dogos dell’Africa, dove
il giovane, attraverso tali riti, viene inserito nella ‘società delle
maschere’ incaricata del culto reso all'antenato Dyongu Seru,
rappresentato dalla Grande Maschera, che si terrà ogni
sessant'anni e che rievocherà gli avvenimenti che causarono la
morte dell'antenato. In tale occasione si intaglia una nuova
Grande Maschera che simboleggiano il ritorno in vita dell'antenato
e la sua presenza nella comunità: ecco come la maschera, anche
in questo caso, segnala un superamento di confini e barriere
concettuali, diventando il veicolo, per il mitico antenato, di
mostrare la sua presenza e il suo potere. Dunque, altra
caratteristica della maschera che si viene ora delineare, è proprio
quella di rappresentare un mezzo attraverso cui conservare e
tramandare le tradizioni culturali dei popoli.
Lévi-Strauss, che studiò a lungo tale fenomeno, notò con stupore
come le maschere venivano metaforicamente associate al
fenomeno dell'incesto: infatti, come la maschera, quest'ultimo
rappresenta un avvicinamento eccessivo di due sfere ritenute
solitamente separate e distinte ( fratello-sorella/mondo naturale-
sovrannaturale).
Come detto anche in precedenza, pur correndo lo spiacevole
rischio di apparire ripetitivo, la maschera segna in qualche modo
lo status, il ruolo e, di conseguenza, il potere di un individuo; non
a caso un genere molto diffuso di racconti ci spiega come le
maschere fossero esclusivamente una proprietà femminile, di cui i
maschi, prima riuscirono ad impadronirsene grazie alla forza e
all'astuzia, e in un secondo momento ne proibirono addirittura la
vista alle donne stesse e ai giovani non iniziati: è dunque
inevitabile il fatto che il suo uso sancisce l'esercizio del potere,
esprime le disuguaglianze e il conflitto tra i sessi o tra le fasce di
età.
Allo stesso tempo, però, la maschera determina una parziale
confusione e ambiguità causata dalla fusione del volto umano e
quello animalesco rappresentato da essa: tale confusione si fa
ancora più forte tra gli Indiani d'America creatori delle 'maschere
multiple', ovvero un meccanismo comandato da fili che permette
alla maschera rappresentante un animale di aprirsi, mutando
aspetto e rivelando al proprio interno un‘altra maschera, la quale
raffigura ,a sua volta un volto umano, che non è quello del
portatore della maschera, ma un altro volto, che si contrappone
all‘aspetto animale della parte esterna. Da ciò si può intuire come
le maschere rappresentino, il più delle volte, una figura
animalesca al fine di invocarne la benevolenza e il favore nella
caccia. Tali animali rappresentano anche una sorta di metamorfosi
per l‘individuo: basti pensare al cacciatore che uscendo dal suo
villaggio, per porsi sulle tracce della selvaggina, assume, in un
certo senso,una nuova natura, trasformandosi, per così dire, in un
animale predatore (infatti in molte culture il cacciatore viene
paragonato a un‘animale feroce); o ancora allo stesso Nietzsche
che con le tre metamorfosi ( due riguardanti animali) ha delineato
le fasi di tutta la sua filosofia.
Infine, per chiudere questo discorso di taglio antropologico (ma
anche sociologico) e per richiamare ulteriormente la figura del
grande filosofo tedesco, va sottolineato il fatto che, secondo la
tradizione greca, sarebbe Dioniso il "dio della maschera" per
eccellenza, quello stesso Dioniso che per il filosofo rappresentava
quella sfera del mondo caotica e irrazionale propria della tragedia
greca, contrapposta a quella rappresentata dallo spirito Apollineo,
il quale tendeva, invece all'ordine e alla perfezione ( i due spiriti,
Dionisiaco e Apollineo, si ritroveranno fusi insieme nella tragedia
di Eschilo grazie a quello che Nietzsche definirà un 'miracolo
metafisico'). Tale divinità viene rappresentata da una maschera
barbuta, appesa sui pali o sugli alberi delle foreste, simbolo della
sovrannaturale e della perdizione propria delle feste in suo onore,
dove si perdeva ogni senso morale e etico, dal momento che il dio
provocava l'ebbrezza, l'estasi e la follia selvaggia e incontrollata.
Dalle maschere in onore a Dionisio, derivano con ogni probabilità
le maschere della tragedia e della commedia, che qui hanno il
compito di disgiungere l'attore dal personaggio: l'attore deve,
dunque, mettere da parte la propria personalità e individualità a
favore delle caratteristiche del personaggio da rappresentare.
Dallo shamano, dai popoli indigeni, aborigeni e greci, la maschera
è arrivata a fare il suo ingresso nella società moderna: infatti così
come l'attore indossa la maschera per calarsi nel ruolo da
recitare, così l'attore sociale indossa una maschera per calarsi nel
suo ruolo sociale, negli obblighi che esso richiede; d'altronde lo
stesso Levi-Strauss ebbe a dire che "l'uomo sociale è per
eccellenza mascherato: in quanto porta un nome, eredita uno
status, detiene una posizione”. Ecco dunque come le azioni
dell'individuo appaiano dettate dall'utilizzo di una determinata
maschera in modo tale da non creare contraddizioni e da non
svelare l'inganno: un esempio pratico potrebbe essere
l'omosessualità latente, in base alla quale l'individuo sente il
bisogno di indossare quotidianamente una maschera in grado di
nascondere, allo sguardo altrui, la sua vera identità, intrappolata
così dietro un 'velo di maya' che permette pace e stabilità, seppur
precarie. Di conseguenza, la maschera va a incidere
particolarmente 1sugli atteggiamenti e comportamenti
dell'individuo. Bisogna però fare una precisazione riguardo a
queste due differenti sfere della personalità dell'individuo: infatti
se gli atteggiamenti rispecchiano sostanzialmente "ciò che
penso", al contrario i comportamenti sono il risultato di "ciò che
faccio" (rappresentando così, il più della volte, la maschera) e di
conseguenza tali due sfere appariranno spesso in contrasto fra
loro. La causa di tale contrasto, secondo il parere della psicologia
sociale, va ricercata nella cosiddetta 'desiderabilità sociale' in
favore della quale l'individuo si mostra propenso a distorcere i
propri atteggiamenti, decidendo, così, di indossare quella che
potremmo definire una "maschera desiderabile" e cadendo, di
conseguenza, in una dissonanza cognitiva ( Festinger) dalla quale
potrà uscirne in due modi:
MODIFICANDO IL COMPORTAMENTO, per cui se sono contrario
■
all'uso dei farmaci, ma assumo degli ansiolotici, decido di non fare
più uso di tale farmaco, lasciando così integri i miei atteggiamenti
MODIFICANDO GLI ATTEGGIAMENTI, per cui non sarò più
■
contrario all'uso dei farmaci, ma ad una loro eccessiva
somministrazione.
Altro fattore sul quale la maschera va a incidere ulteriormente, è
quello della comunicazione ( ricordando che esistono due grandi
tipi di comunicazione: quella verbale e quella non verbale): infatti
è proprio attraverso la comunicazione che noi riusciamo a
esprimere agli altri ciò che siamo, o, perlomeno, ciò che vogliamo
far credere loro di essere. Senza dubbio è molto difficile riuscire in
questo intento (cioè quello di far credere agli altri ciò che in realtà
non siamo) se si tratta di una comunicazione verbale, nella quale
molti fattori possono giocare a nostro sfavore: basti pensare al
semplice sguardo, che come affermò il filosofo francese Jean-Paul
Sartre è lo strumento con il quale l'individuo riesce a
"oggettivare" l'altro, cioè a renderlo un oggetto utili ai miei fini, ed
è quindi fonte del conflitto perenne tra me e gli altri; in senso più
lato, lo sguardo può tradire l'interlocutore e rivelare le sue vere
intenzioni, può smascherarlo; è come se gli occhi siano l'unica
cosa che la maschera non riesce a nascondere, la chiave per
andare oltre il velo di maya costruito dall'individuo. Sarà, quindi,
facile dedurre da ciò come sia privilegiata la comunicazione non
verbale al fine di proteggere e valorizzare la propria maschera, e
sfido chiunque a trovare un mezzo più efficace del Web per
riuscire al meglio in tale intento. Oggi, infatti, questo portale è alla
portata di tutti, grandi e piccoli, ma non starò di certo qui a
parlare del suo uso spropositato, ne tanto meno del dilagare della
pornografia in esso, argomenti che sembrano ormai essere
diventati luoghi comuni , strumentalizzati da individui con
l'utopico obbiettivo di autoproclamarsi come gli " espiatori di tutti
peccati" di quel web " infernale", quando poi l'inferno è proprio
sotto i loro occhi, visibile anche senza l'utilizzo di un computer.
Concentrerò, invece, la mia e la vostra attenzione su quella che
potremmo definire una "maschera virtuale" che ogni individuo,
anche inconsciamente, indossa appena entra in quello che a mio
parere potremmo definire un crogiuolo di opinioni, punti di vista,
contraddizioni, affermazioni che, seppur sciocche, rappresentano
la particolarità di ognuno come singolo, quel singolo tanto amato
ed elogiato da Kierkegaard, che qui riesce a esprimersi in quanto
tale, al di là del fatto se indossi una maschera o meno, che come
detto prima è inevitabile; è quasi come se il web incarnasse al
meglio la "volontà di potenza" di Nietzsche, la quale, appunto,
trova la sua massima espressione nel moltiplicarsi delle libere
interpretazioni del mondo, le quali prima erano possibili solo
grazie all'artista, ora invece tutti ne siamo capaci, poiché tutti
abbiamo una visione diversa della realtà che grazie alla rete
riusciamo a condividere con gli altri, diventando, forse, l'emblema
del nichilismo nietzschiano nella sua forma completa e quasi
superando quel RELATIVISMO CONOSCITIVO che tanto angosciava