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Biologi: il Disturbo-post traumatico da stress e il sistema nervoso
Italiano: Giuseppe Ungaretti
Inglese: Isaac Rosenberg
Filosofia: Georg Wilhelm Friedrich Hegel
Trincee:
Il labirinto della
follia
Jessica Pisano 5^A
Liceo Scientifico Tecnologico
I.T.I.S Scano Teulada
Presentazione:
Circa novantasette anni fa centinaia di migliaia di soldati si trovavano immersi nel
fango delle trincee, dove erano stati mandati a combattere. Erano i protagonisti della
Prima Guerra Mondiale, il conflitto che mostrò gli orrori che avrebbero caratterizzato il
XX secolo. E' proprio sulla vita nelle trincee che si è focalizzato il mio interesse,
esporrò infatti le vicende del conflitto bellico della prima guerra mondiale ma da una
prospettiva un pò insolita.
Vorrei infatti cercare di mostrare l'altra faccia del conflitto, talvolta trascurata, che
riguarda i soldati colpiti dal disturbo post-traumatico da stress (DPTS), o anche nota
come nevrosi da guerra, malattia mentale sconosciuta all’epoca del conflitto.
La nevrosi è un effetto psichico non tanto della guerra in generale, quanto della guerra
industrializzata in particolare: prima il più comune disagio psicologico era la semplice
“nostalgia di casa”. Molti ufficiali si opposero a che la nevrosi, il trauma da esplosione,
fosse considerata una vera e propria malattia, essi infatti sostenevano che il
riconoscimento ufficiale della nevrosi di guerra avrebbe solo tratto vantaggio a molti
soldati; essi pretesero che la “nevrosi” fosse una ridefinizione del comportamento
tradizionalmente schedato sotto il titolo di “codardia”, “mancanza di disciplina”, oppure
di disturbi neurologici di causa ignota.
Molti però furono costretti a ricredersi e a riconoscere la nevrosi come “legittima
malattia di guerra”, osservando come un grosso ordigno caduto vicino, o un fuoco di
sbarramento prolungato danneggiassero il sistema nervoso del soldato ed il suo
autocontrollo, generando scatti improvvisi, pianti isterici, sordità, rifiuto di avanzare.
Attraverso la descrizione generale del sistema nervoso analizzerò ciò che questa
malattia può provocare a livello celebrale.
Grandi autori e poeti che hanno vissuto in prima persona questa drammatica
esperienza ci possono far comprendere attraverso i loro versi, gli stati d'animo e i
sentimenti di chi ha avuto la sfortuna di vivere per diversi anni nelle trincee.
Giuseppe Ungaretti nelle sue poesie scarne ma ricche di significato è riuscito a dar voce
ed espressione alla drammaticità dell’esperienza della Prima Guerra Mondiale ed, in
modo peculiare, al senso di precarietà della condizione umana in tale situazione.
Anche nelle poesie dell'inglese Isaac Rosenberg, considerato uno dei poeti più
importanti della grande guerra, si può notare il senso di ribellione contro la crudeltà
della guerra e una combinazione di profonda compassione, chiarezza, stoicismo ed
ironia.
Analizzerò anche il punto di vista del filosofo tedesco Georg Wilhelm Friedrich Hegel
per quanto concerne la Guerra; esso dichiara che le divergenze si possono risolvere
unicamente tramite la guerra e che non esiste alcun arbitro che possa esaminare le
pretese degli stati e risolvere i loro conflitti, fatta eccezione per la Storia, unico giudice
possibile, che ha come suo momento strutturale la guerra. Infatti, secondo Hegel, la
guerra è assolutamente inevitabile e necessaria alla vita di ogni stato, in quanto essa
preserva i popoli dalla fossilizzazione alla quale li ridurrebbe invece una pace eterna. I
protagonisti di questo divenire storico sono i popoli, i quali sono strumenti dell’agire
universale dello Spirito.
Credo quindi che porre l’attenzione sui danni psicologici che queste violenze creano,
significhi misurare qualcosa di più impalpabile come la felicità, il dolore, la sofferenza.
Ogni singola persona, sia vittima o carnefice, che rimane coinvolta in un conflitto
armato ne riporta ferite interiori indelebili. Prendere finalmente in considerazione i
disastrosi effetti delle guerre sulla salute mentale dei civili (bambini segnati per
sempre, menti sconvolte dall’orrore) può contribuire a rendere sempre più arduo
giustificare tutta questa sofferenza innocente per un fine falsamente ritenuto
superiore, la pace. Ogni guerra è infatti spacciata dai potenti del mondo come giusta,
doverosa, “pulita” o come “uno degli strumenti a disposizione della politica", è in realtà
una offesa per tutti gli uomini. Tutta l’umanità, anche quella di chi vi ha solo assistito
seduto nella poltrona del salotto, ne esce impoverita ed offesa nella propria crescita
verso la maturità, la giustizia, la coscienza di sé.
In questo modo con questa piccola tesina vorrei evidenzare quanto male si
accompagna alla guerra e mettere in luce alcuni eventi che sono stati un pò coperti
dalla polvere.
L'opposto della pace non è la guerra, è l'indifferenza. Fare memoria combatte
l'indifferenza.
La prima guerra mondiale:
Premesse:
le cause del conflitto furono principalmente:
Il contrasto Franco-germanico: a seguito della sconfitta francese di Sedan e la
• cessione dell’Alsazia e della Lorena alla Germania.
Il contrasto Anglo-germanico: la corsa agli armamenti della Germania e la
• costituzione di una potente flotta, minò la supremazia inglese sui mari.
La rivalità Austo-russa e la questione Balcanica (Austria, Russia e Italia volevano
• espandersi nella zona dei Balcani. )
L’ Italia rivendicava Trento e Trieste ancora in territorio Austro-Ungarico.
•
Si formarono due blocchi di alleanze contapposti:
la triplice Intesa formata da Russia, Francia e Inghilterra;
• La triplice alleanza formata da Germania, Austria e Italia.
• 1914: l'inizio del conflitto:
Il 28 giugno 1914 Gavrilo Princip, uno studente bosniaco di nazionalità serba, uccise in
un attentato a Sarajevo l'arciduca Francesco Ferdinando erede al trono austriaco.
L’Austria inviò alla Serbia un pesante ultimatum con il quale imponeva la
partecipazione di funzionari austriaci alle indagini dell’attentato. La Serbia non accettò
e l’Austria, il 28 luglio 1914, dichiarò guerra alla Serbia.
Il meccanisco delle alleanze trascino in guerra la Germania a fianco dell'Austria, cui si
contrapposero Francia, Russia e Gran Bretagna.
L’intenzione tedesca era di portare avanti una “G uerra lampo
”
, rapida e veloce, ma il
tentativo fallì: il conflitto si rivelò lungo ed estenuante, in quel che fu definita una
“ Guerra di Trincea
” .
L'italia incerta tra neutralità e intervento:
Allo scoppio del conflitto l’Italia si dichiarò neutrale,con il passare dei mesi però
l’opinione pubblica si divise: da una parte vi era chi voleva mantenere la neutralità e
dall’altra chi voleva combattere a fianco dei francesi e degli inglesi. Fra i primi
chiamati neutralisti , vi erano molti cattolici e molti socialisti. Lo stesso Giolitti era
favorevole alla neutralità, poiché pensava che in questo modo l’Italia potesse ottenere
le terre che ancora erano sotto il dominio Austriaco. I secondi, chiamati interventisti,
volevano entrare in guerra al fianco della Triplice Intesa, fra questi c’erano i
nazionalisti, ma anche molti democratici e socialisti riformisti come Benito Mussolini.
Il 26 aprile del 1915, il governo italiano si alleò segretamente con la Triplice Intesa
(Inghilterra, Francia, Russia), stipulando il Patto di Londra. Il 24 maggio 1915 l'Italia
dichiarò guerra all'Austria-Ungheria.
1915-17: situazione di stallo:
Tra il 1915 e il 1917 la situazione militare rimase bloccata su tutti i fronti, con gravi
perdite da entrambe le parti. Nel febbraio del 1916 Austria e Germania lanciarono una
grande offensiva sul fronte occidentale a Verdun. Sul fronte italiano le undici offensive
lanciate dal generale Luigi Cadorna sul Carso,costate migliaia di vittime, non
produssero risultati di rilievo, salvo la presa di Gorizia. Si verificò anche la cosidetta
"spedizione punitiva" da parte degli austriaci contro l'ex alleato italiano colpevole,
secondo Vienna, di tradimento. Nel tentativo di mettere in ginocchio l'economia
britannica, i tedeschi intensificarono la guerra sottomarina.
1917: Il ritiro russo e la scesa in campo degli Stati Uniti:
Nella primavera del 1917 si verificarono due avvenimenti che si sarebbero rivelati poi
decisivi per l’esito della guerra:
1. Il ritiro della Russia dalla guerra, in seguito alla caduta del regime zarista.
2. L’intervento degli Stati Uniti, che già precedentemente avevano finanziato le
potenze dell’intesa.
Così nell’aprile 1917 gli Stati Uniti, entrano in guerra a fianco dell’intesa.
Caporetto e la fine della prima guerra mondiale:
Dopo il ritiro della Russia, Austria e Germania concentrarono tutte le loro forze sul
Fronte italiano. Il 24 ottobre fu sferrato un attacco a Caporetto che costrinse i nostri
reparti a una ritirata precipitosa fino al fiume Piave. Successivamente Cadorna fu
destituito e il comando dell’esercito fu affidato al generale Armando Diaz che riuscì ad
arrestare l'offensiva sferrata dagli austriaci sul Piave. Il 4 Novembre 1918 l'Austria e
successivamente la Germania firmarono gli armistizi. La grande guerra era finita ma si
lasciava alle spalle una pesante eredità di distruzioni economiche, di conflitti sociali e
di tensioni politiche.
Ma addentriamoci in quei luoghi ...
All’inizio le trincee erano concepite come un
rifugio provvisorio, ma con il passare dei tempi
divennero i quartieri permanenti dei reparti di
prima linea.
La linea sulla quale gli eserciti combattevano era il
fronte, costituito da fosse o ricoveri sotteranei
scavati nel terreno che i soldati utilizzavano per
proteggersi dal fuoco nemico. Le trincee nemiche
erano separate dalla "Terra di nessuno".
In trincea la vita scorreva con una monotonia insopportabile, interrotta solo dal grido
che tutti temevano, lanciato a giorni alterni dagli ufficiali dell’uno e dell’altro
schieramento: “All’attacco!”. Questo grido era il segnale dell’assalto alla baionetta, un
rito tanto inutile quanto sanguinoso, che falciava ogni giorno centinaia di vite umane.
Gli assalti iniziavano di regola alle prime ore del mattino e venivano preceduti da un
tiro d’artiglieria che in genere riusciva solo a togliere il vantaggio della sorpresa.
Contemporaneamente, la fanteria doveva arrampicarsi lungo le pareti del fossato,
salire allo scoperto e gettarsi in massa contro le recinzioni di filo spinato delle trincee
nemiche, sotto il fuoco di sbarramento delle loro mitragliatrici. Quelli che poi
riuscivano a non rimanere impigliati nei fili spinati e a non essere colpiti, avevano il
compito di gettarsi nei fossati nemici e di colpirne i difensori con la baionetta. Se
superavano i propri avversari delle prime file, dovevano subire il contrattacco alla
baionetta delle seconde e terze file. Così milioni di soldati morirono.
I soldati di fanteria e gli ufficiali inferiori restavano in prima linea senza ricevere il
cambio. Vivevano in condizioni prive d’igiene, erano esposti al caldo, al freddo, al
vento e ai bombardamenti.
Gli ufficiali superiori trattavano le truppe con arroganza e disprezzo.
Rimanere feriti o ammalarsi divenne la
speranza di tutti perché era l’unico modo per
essere allontanati dalle trincee. Chiunque
veniva ferito doveva aspettare la notte perché i
barellieri venissero a prelevarlo. Gli ospedali
erano molto indietro nelle retrovie e nei primi
due anni di guerra i feriti da ricoverare
venivano trasportati su infernali carrette
trainate da muli su strade piene di buche.
Piccoli ospedali da campo furono poi sistemati
abbastanza vicini alle prime linee.
Tantissimi soldati feriti dopo essere rimasti a lungo nel fango contraevano il tetano e
non c’era modo di salvarli. Moltissimi erano intossicati dai gas. Un altro nemico del
fante in trincea erano i pidocchi. Li avevano tutti e spesso questi insetti generavano il
tifo, una malattia che a quei tempi era quasi sempre mortale. Verso la fine della guerra
molti ricorsero all’automutilazione con la speranza di essere riformati e mandati a
casa. Cadorna, per prevenire questi comportamenti, ricorreva alla decimazione, cioè la
fucilazione di un uomo ogni dieci, scelto a caso e accusò molti soldati di disfattismo
perché protestavano per il cibo immangiabile e le strutture insufficienti.