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Sintesi
Sintesi Tesina sul vending


In questa tesina di maturità viene trattato il tema del vending , la nuova attività commerciale che consente alle persone di comprare determinati prodotti attraverso delle macchine di distribuzione a pagamento. E' possibile collegare, nella seguente tesina, la pratica del vending con altri argomenti, come per esempio in Storia, affrontando argomenti come la Seconda guerra mondiale, i crimini perpetrati dagli Alleati in Sicilia e a Napoli.
In Italiano vi è una breve descrizione della biografia di Curzio Malaparte, della sua poetica. In Inglese invece viene presentato il franchising e infine in Scienze delle finanze viene preso in esame il PIL.



Collegamenti

Tesina sul Vending


Storia - I crimini degli Alleati in Sicilia e a Napoli nella Seconda Guerra Mondiale; Il disagio socio-economico; le strane alleanze che si formarono in occasione dell'invasione del territorio nazionale.
Italiano - Curzio Malaparte.
Economia - Il Vending.
Inglese - Il franchising.
Scienze delle Finanze - Il PIL.
Estratto del documento

Capitolo 1

1. I crimini degli Alleati in Sicilia e a Napoli nella 2ª Guerra Mondiale

Nella notte tra il 9 e il 10 luglio iniziava lo sbarco Angloamericano nella cuspide meridionale della

Sicilia. Vide impegnate la 7ª Armata del generale americano George Patton e l’8ª Armata del

generale britannico Bernard Montgomery contro il 6° Corpo d’armata italiano, comandato dal

generale Alfredo Guzzoni, coadiuvato da 3 Divisioni tedesche e dal 3° e 4° Reggimento

paracadutisti. Nonostante la dura resistenza, le numerose perdite, gli innumerevoli atti d’eroismo e

l’ottima tattica di sganciamento e ripiegamento attuata dai reparti dell’Asse, specie dai tedeschi, gli

Alleati, entrando il 17 agosto a Messina finirono la campagna. Avevano speso più tempo del

previsto e ben più di quanto avevano impiegato i tedeschi a conquistare la Francia, la Polonia e la

Iugoslavia.

L’enunciazione del nuovo principio della resa incondizionata provocò l’incattivirsi della guerra,

della volontà di resistenza dei nemici e una decina di milioni di morti in più. Prima della conferenza

di Casablanca le Potenze durante una guerra cercavano di giungere a un compromesso che

chiudesse in anticipo un conflitto in corso. Dopo Casablanca la pace significava la sconfitta totale

del nemico.

Nella campagna di Sicilia, le perdite nelle truppe dell’Asse furono consistenti.

Nei primi giorni dopo lo sbarco i comportamenti degli invasori furono molto duri verso i prigionieri

e verso i civili. Compirono numerose stragi, completamente ignorate dalla storiografia ufficiale che

solo da qualche anno sono state portate alla luce da alcuni studiosi indipendenti. Dopo (,)

l’atteggiamento nei confronti degli italiani cambiò: non potevano a sangue freddo assassinare

migliaia di prigionieri di guerra. Le rappresaglie potevano colpire anche i loro uomini. E le voci di

stragi contro i civili o militari dell’Asse già cominciavano a circolare. Meglio smettere.

Ai militari alleati furono consegnati due manuali nei quali i siciliani erano dipinti come semibarbari

e arretrati. Mi riferisco al Soldier’s Guide to Sicily, destinato ai soldati, e al Sicily Zone Handbook

1943, riservato agli ufficiali.

Gli alleati temevano di più tedeschi, di meno gli italiani. Li avevano visti all’opera sui vari fronti e

ne avevano apprezzato il coraggio. Ma sapevano delle deficienze di comando e di armamento del

Regio Esercito. Dopo alcuni vergognosi episodi – ad esempio la caduta della piazzaforte di Augusta

e le diserzioni di massa di alcuni reparti delle unità costiere, costituiti principalmente da militari

anziani, i difensori nell’Isola ebbero una triste sorte: se si arrendevano senza combattere, li

disprezzavano inglesi e tedeschi; ma se si facevano ammazzare in battaglia, allora quel sacrificio

appariva inutile! Per motivi vari molti avevano l’interesse parlare male delle truppe italiane

impiegate in Sicilia. Una parte del Fascismo repubblicano, ad esempio Farinacci, vide in certi

vergognosi episodi accaduti in Sicilia il tarlo che avrebbe portato poi alla crisi dell’esercito dell’8

settembre. L’antifascismo vincitore non poteva esaltare i caduti di una guerra fascista, e furono date

disposizioni per limitare il numero delle onorificenze per la Campagna di Sicilia. La pubblicistica

anglosassone spesso e volentieri ignora la presenza di truppe italiane durante i combattimenti, e

anche quando furono impiegati solo reparti italiani parla di tedeschi. Sicuramente la preponderanza

delle forze nemiche spinse numerosi militari siciliani, specie quelli dei reparti costieri e delle classi

anziane, a sbandarsi e tornare a casa, ma tanti altri impugnarono le armi contro i nemici. Numerosi

furono i civili che parteciparono ai combattimenti. E numerosi furono quegli che poi aderirono ai

gruppi del Fascismo clandestino, costituitisi già l’indomani dell’occupazione dell’Isola.

Indubbiamente il discorso di Patton agli ufficiali in Algeria alla vigilia dello sbarco contribuì al

4

compimento di alcune stragi. Del resto gli angloamericani venivano per occupare una terra nemica:

la Sicilia, l’Italia. La loro parola d’ordine al momento dello sbarco era: “Uccidi gli italiani”.

La strage di Vittoria, la strage di Piano Stella di Caltagirone e la strage di Canicatti' sono esempi di

episodi contro i civili in cui le truppe dei 'liberatori" si macchiarono di crimini di guerra durante

l'invasione della Sicilia, altri sono contro i militari italiani come la strage dei Carabinieri di Gela, le

stragi di Biscari e le stragi di Comiso

In un rapporto del Ministero della Difesa del 18 ottobre 1947 sul Comportamento delle truppe

alleate in Italia, si vede come l’occupazione fu critica per molte regioni della Penisola. I dati –

sottorappresentati se confrontati con i minuziosi e rapporti mensili che le autorità periferiche

inviavano ai superiori comandi – testimoniano che nel periodo compreso tra l’Armistizio e il 30

giugno del 1947 i reati commessi dai militari alleati in Italia furono 23.265. Erano così suddivisi:

omicidi (589), ferimenti (1956), aggressioni, risse, violenze (2390), furti e rapine (7699), incidenti

automobilistici (morti 1159 - feriti 6138), violenze carnali (consumate 1159 - tentate 291).

Oltre ai furti e alle razzie, anche le diffuse violenze sessuali dimostrano quanto i militari stranieri

fossero non solo “liberatori” ma conquistatori pronti a profanare il corpo delle donne italiane vinte,

una maniera come un’altra per dimostrare l’impotenza virile dei loro uomini, deboli, impotenti,

incapaci di difenderle. Le regioni più colpite furono Campania, Toscana e Lazio.

2. Il disagio socio-economico

L’arrivo degli angloamericani provocò nelle città italiane un’ondata di criminalità e degrado. La

fame e la miseria, la pratica scomparsa dello Stato in molte parti del Regno del Sud, la voglia di

sopravvivere alla bufera della guerra e di arricchirsi, l’allentamento dei freni morali, furono tutti

fattori che provocarono il crollo di un mondo e dei suoi valori. A Napoli si toccò il fondo della crisi.

Napoli fu una delle città italiane che più subì offese nella II guerra mondiale. È stata, inoltre, la città

più condizionata dall'esperienza dell'occupazione. Sotto certi aspetti lo è ancora. Dipese da diversi

fattori: 1) il lungo periodo in cui la città fu sottoposta al governo militare d’occupazione

(dall'ottobre 1943 al gennaio 1946); 2) la forte presenza delle truppe straniere; 3) le conseguenze

sulla sua economia dell'enorme quantità di beni in transito; 4) la notevole domanda di manodopera

da parte del governo d’occupazione; 6) le consistenti commesse anglo-americane all'industria

locale; 7) il rilevante contributo dato dai gangster americani alla rinascita della camorra.

Anche a Napoli la guerra fu “sentita” dalla maggioranza dei cittadini. Si era convinti che la vittoria

avrebbe comportato un eccezionale periodo di prosperità per l’Italia, risolvendo molti problemi che

da secoli affliggevano il nostro popolo. L’intervento dei volontari, nel solco della tradizione

risorgimentale, si sublimò in un corale patriottismo che avrebbe meritato d’essere coronato dalla

vittoria, fu massiccio.

Anche Napoli pagò caro l’arrivo degli americani sullo scacchiere mediterraneo. La loro “selvaggia”

tesi del “bombardamento a tappeto” s’impose agli inglesi. Le città italiane dovevano essere “arate”

meticolosamente dalle “fortezze volanti”. Quartiere dopo quartiere. Fino alla primavera del 1943, i

bombardamenti erano stati mirati agli obiettivi d’interesse militare e industriale, cercando di

risparmiare, per quanto possibile, il resto. Ora i raid erano diretti a colpire, oltre ai primi,

indiscriminatamente, le case, le chiese, le banche, gli ospedali (quello dei Pellegrini fu distrutto il 6

settembre 1943, solo due giorni prima della comunicazione dell’Armistizio). Si voleva esasperare e

terrorizzare la popolazione, indebolirne il morale, disgregare le basi di massa del Fascismo,

provocare la caduta del Regime e facilitare gli sbarchi in preparazione. 5

Naturalmente, come sempre avviene

in ogni cambio di regime, ai disordini

parteciparono, oltre agli idealisti, i

teppisti, la delinquenza spicciola, e,

nel nostro caso, almeno una squadra di

mafiosi, tra cui il famoso Tommaso

Buscetta.

La storia di Napoli dalle cosiddette

“quattro giornate” alla fine della

guerra fu per colpa di una minoranza

un calvario umiliante. La città,

utilizzata come retrovia dello sforzo

bellico anglo-americano, divenne nota

nel mondo come la “Shanghai del

Mediterraneo”. Durante questo

vergognoso periodo la delinquenza,

giunta con le salmerie delle truppe

angloamericane, spadroneggiò. Le

province del "Regno del Sud" erano

inoltre flagellate dall'inflazione

galoppante provocata dalle Am-lire,

stampate senza alcun limite dagli

"Alleati". Ufficiali e soldati alleati, in combutta con camorristi, mafiosi e profittatori nostrani,

partecipavano alla big robbery. Vendevano tutto, tutto si avviava al mercato nero, tutto si poteva

comprare, ma a caro prezzo. Eroismi, idealismi, moralismi che avevano guidato il comportamento

delle persone negli anni precedenti, furono seppelliti da un mare di fango e di moneta

d’occupazione. Per sopravvivere in quel duro periodo bisognava rinunziare a dettami etici ormai

"antiquati", superati dalla "nuova civiltà" democratica. Era una quotidiana, contaminante lezione di

vita. Una lezione in negativo che fece smarrire la via a molti. Chi non volle o non seppe scendere a

patti con la propria coscienza, per sopravvivere dovette sacrificare quel che aveva ereditato o

conquistato in una vita d’onesto lavoro e di pesanti sacrifici. Ci furono moltissime famiglie costrette

a vendere tutto, fino all'ultimo anello, all’ultimo lenzuolo, all’ultima coperta. I bambini erano gracili

e avevano il ventre gonfio, causato dalla denutrizione. Molti vecchi erano seduti davanti alla porta

del “basso”, silenziosi, indifferenti, ad attendere la morte, godendosi l’ultimo sole.

Nell’agosto del 1944 un militare alleato poteva portare a letto una ragazzina di 12 anni regalandole

una coperta: equivaleva alla paga settimanale di un operaio.

Il piacere intenso della vittoria, l’ebbrezza che portava i soldati vincitori a lasciarsi andare, anche

perché la morte poteva giungere poco dopo, e la fame dei napoletani, che induceva taluni a far

qualsiasi cosa pur di guadagnare una scatoletta di corned beef o di razioni k, faceva a molti

dimenticare ogni tabù, infrangere ogni legge, lacerare principi e sentimenti tradizionali. Gli

occupanti apparivano sempre allegri, puliti, profumati, ben nutriti e orgogliosi; percorrevano le vie

di Napoli, fendendo la terribile folla, malinconica, sporca, affamata, vestita di stracci. I vincitori,

appartenenti a tutte le razze del mondo, urtavano e ingiuriavano, in tutte le lingue e in tutti i dialetti

del pianeta, i napoletani.

Protagonisti delle strade di Napoli erano tanti bambini e tante giovani donne, diventati

ora sciuscià esegnorine. 6

Bande di ragazzini con i vestiti sbrindellati, inginocchiati davanti alle loro cassette di legno,

ricoperte di scaglie di madreperla, di conchiglie marine, di pezzi di specchio, battevano le loro

spazzole sul coperchio delle cassette, urlando: "sciuscià! sciuscià! shoe-shine! Shoe-shine!" e

intanto, con la scheletrica, avida mano, afferravano al volo i pantaloni dei soldati che passavano.

Una schiera infinita di bambini cenciosi riempiva la città dall’alba a notte fonda. Compravano e

vendevano con astuzia da adulti, servili e superbi, seducenti o maligni, secondo il caso. Giravano

con la cassetta delle mercanzie a tracolla. Offrivano di tutto. Tutto era in vendita. Tutto si poteva

trovare. Bastava chiedere e poi pagare. A qualcuno di questi scugnizzi d’otto nove anni finirà bene:

imbrogliando, commerciando, rubando; affittando stanze, offrendo zie e sorelle, faranno un sacco di

soldi senza nemmeno saperli contare. Qualcuno si presentò in banca, chiedendo: "Scusate, signò,

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