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Sintesi
Introduzione Tesina sul Treno


La seguente tesina di maturità ha come obiettivo quello di descrivere uno dei simboli del progresso, ovvero il treno. La tesina permette dei collegamenti con le seguenti materie scolastiche: in Storia il positivismo e il nazismo. In Storia dell'arte il futurismo (Boccioni, Carrà), l'impressionismo ( Claude Monet), il romanticismo (William Turner), Giorgio De Chirico e Metafisica, in Italiano Inno a Satana, Alla stazione di una mattina d'autunno di Carducci e infine Il treno ha fischiato di Pirandello.

Collegamenti

Tesina sul Treno


Storia - Positivismo, nazismo.
Storia dell'arte - Futurismo (Boccioni, Carrà), Impressionismo ( Claude Monet), Romanticismo (William Turner), Giorgio De Chirico e Metafisica.
Italiano - Inno a Satana di Carducci, Alla stazione di una mattina d'autunno Carducci, Il treno ha fischiato Pirandello.
Estratto del documento

LICEO ARTISTICO STATALE DI BRERA

Il simbolo del treno

Il treno nell’immaginario collettivo

Giorgia Tasca

Sommario

Il treno: simbolo del progresso…………………pag. 3

 Treno nella letteratura italiana…………………pag. 8

 L’impressione del treno………………………...pag. 10

 Il treno nell’immaginario futurista……………...pag. 12

 Treni in fuga nel sogno della Metafisica……..…pag. 15

 Treno del terrore………………………………...pag. 17

 Binario 21-Stazione Centrale di Milano…….…..pag. 19

 La vita come il treno...……………………….….pag. 22

 Bibliografia……………………………………...pag. 23

 Pag. 2

Il treno: simbolo del progresso

Il Positivismo è una corrente filosofica e culturale sviluppatasi nella prima metà del

XIX secolo, tra gli anni Sessanta e Novanta; nasce in Francia, per poi diffondersi nel

resto d’Europa.

Il Positivismo si presenta come un atteggiamento comune, caratterizzato dalla totale

fiducia nel progresso e che riconosce un valore centrale alla scienza, alla tecnica e alla

razionalità scientifica. Progresso è sinonimo

di avanzamento, di

sviluppo: credere nel

progresso significa

pensare che il corso

della storia sia

orientato verso un

graduale

miglioramento della

condizione umana,

verso un aumento

della felicità dei

singoli e della

collettività.

Il periodo del

Positivismo è stato

quello in cui l’ideale

di progresso ha trovato

la sua maggiore

affermazione, fino ad

arrivare a costituire il nucleo centrale e l’idea-guida della cultura borghese della seconda

metà dell’Ottocento. Nella prima metà del

Foto 1. Giornata FAI; sabato 23 marzo 2013, G. Tasca XIX secolo il

Positivismo si rivela di carattere prevalentemente teorico, generato da riflessioni sui

temi generali ereditati dall’Illuminismo e dal Romanticismo.

L’influenza maggiore da parte di questa corrente si ha nella seconda metà del secolo,

quando il nuovo pensiero positivo inizia a viaggiare di pari passo con il progresso

tecnico-scientifico conseguente alla Seconda Rivoluzione Industriale e allo sviluppo

delle società di massa. Pag. 3

La Seconda

Rivoluzione

Industriale (1870-

1900) si distingue

per le scoperte

scientifiche e le

innovazioni

tecnologiche, che

modificano

radicalmente la vita

quotidiana

dell’uomo. Al

centro del Foto 2: locomotiva 685 19; M. Sartori

movimento vi è

un’attenta analisi dell’individuo, resa possibile dalla diffusione della sociologia, che

studia, in termini scientifici, i bisogni dell’uomo e i suoi comportamenti. Elemento

fondamentale della Seconda Rivoluzione Industriale è la stretta interazione tra scienza e

tecnologia, tra tecnologia e attività produttive. Il rinnovamento tecnologico viene

concentrato nelle industrie giovani: chimica, elettrica, dell’acciaio; la Prima

Rivoluzione

Industriale era stata,

invece, dominata

dalle industrie del

cotone e del ferro.

Alla base di tutto

stanno i progressi

realizzati dalle

scienze fisiche e

chimiche, che,

applicati ai vari rami

dell’industria,

rendono possibile un

cambiamento delle

abitudini e dei

modelli di consumo

di centinaia di milioni

di uomini.

Pag. 4

La Seconda Rivoluzione Industriale rende possibile la diffusione della rete

ferroviaria anche in Italia. Il treno fu il primo veicolo per il trasporto di massa: un

mezzo di trasporto a servizio sia delle persone sia dell’industria e del commercio, che

investì un ruolo centrale nella struttura economica, politica e sociale delle nazioni. La

storia delle ferrovie, in Italia, ebbe inizio il 1839 con l’inaugurazione della tratta Napoli-

Portici: il treno fece così la sua prima apparizione nella penisola. Il primo tronco

Foto 3: locomotiva, D. Darney. ferroviario a doppio binario, lungo circa

7500 km, fu inaugurato dal re Ferdinando II di Borbone. Nel 1842 la ferrovia raggiunse

Castellammare di Stabia; nel 1844 Pompei e Nocera, ma in seguito la costruzione della

via ferrata cessò. Lo sviluppo ferroviario fu frenato da fattori negativi come

l’accidentata orografia della penisola e, soprattutto, la divisione politica interna e

l’influenza politica straniera che indirizzava la scelta di percorsi e di tecnologia a

seconda dei propri interessi.

La

ferrovia

contrassegnò, quindi, in profondità il volto dell’Italia e di conseguenza l’identità del suo

popolo. Durante il processo risorgimentale, la ferrovia, chiamata strada ferrata,

rappresentò, nell’ideale collettivo, l’emblema dell’unità nazionale.

I primi progetti ferroviari, nel regno soggetto all’Impero Austriaco, si concretizzarono il

2 settembre 1835, quando la Camera del Commercio di Venezia accettò la proposta di

Sebastiano Wagner e Francesco Varé di realizzare una linea ferroviaria che unisse le due

capitali del Regno: Milano e Venezia.

Alla costituzione del Regno d’Italia, nel 1861, lo sviluppo complessivo della rete

ferroviaria era di 2035 km; di questa soltanto il 18% era di proprietà dello Stato e il 25%

di sua gestione diretta; il restante 75% era ripartito tra ventidue società private, delle

quali un buon numero a capitale straniero.

Pag. 5

Foto 4: locomotiva 640 157. Novara, 1956; foto M. Sartori

L’insieme delle linee non costituiva una rete organica: vi erano linee di proprietà statale,

gestite dallo Stato stesso; linee di proprietà privata, gestite da società a capitale privato;

linee di proprietà privata, ma con esercizio affidato allo Stato.

Pag. 6

Nel sud,

invece, il

treno fu

visto

come il

principale

fattore di

un

progresso

non solo Foto 5: D.431. 101; 1957, Fiat

tecnologico,

ma anche economico e sociale: lo Stato, infatti, si impegnò per dare alle popolazioni di

quell’area un

mezzo di trasporto

in grado di

rompere

l’isolamento geo-

politico-sociale,

ritenuto

inconciliabile con

la presenza di uno

Stato nazionale.

Durante il suo

breve periodo

dittatoriale

Giuseppe

Garibaldi, a

Napoli, aveva

decretato anche la

costruzione, a

spese dello Stato, di linee ferroviarie per 978 km totali. Per congiungere l’ex rete

pontificia alle ferrovie del vecchio regno borbonico, sia sul versante tirrenico,

Adami e Lemmi

sia su quello adriatico, venne incaricata la società , la cui

concessione fu poi ratificata dal Governo d’Italia. Il 18 settembre 1862 si

Società italiana per le strade ferrate meridionali

costituì a Torino la , con

Pag. 7

presidente Bastogi e come vice presidenti il barone Bettino Ricasoli e il

Società per le strade ferrate meridionali

conte Giovanni Baracco. La fu la

prima grande azienda ferroviaria d’Italia con sede direzionale a Firenze. Nel

giugno del 1862 era

stata firmata la

convenzione per la

ferrovia Adriatica da

Ancona a Otranto: la

società portò a

termine la

costruzione della

Stazione Centrale di

Napoli, i cui primi

progetti risalgono al

1860, completata nel

1867 con la grande

copertura di ferro e

vetro dell’ingegnere

napoletano Alfredo

Cottrau.

Il 14 maggio 1865 fu

emanata la legge 2279

detta Legge dei Grandi

gruppi voluta da Jacini,

dei Lavori Pubblici, e da

Sella, delle Finanze: con

essa, lo Stato si proponeva come organizzatore della gestione e della costruzione delle

ferrovie; la distinzione tra ferrovie pubbliche e ferrovie private era attuata tramite

l’analisi dell’uso e della destinazione, onde favorire lo sviluppo tranviario, e di

conseguenza quello industriale, e per accorpare le piccole società ferroviarie, affidando

le linee principali a cinque società minori. Il sistema, tuttavia, entrò in crisi quasi subito,

e fu aggravato ulteriormente dalla guerra del 1866: alla fine dell’anno erano in esercizio

solo 5258 km di linee con 79,2 milioni di lire di prodotto annuo lordo, data la grave crisi

di tutta l’economia italiana.

Nel 1872 esistevano, Foto 7: D341.2008; 1933, Cirella/Vivan

in Italia, poco meno di

7000 km di linee ferroviarie, il cui esercizio era assicurato da quattro società principali:

Società per le strade ferrate dell’Alta Italia, Società per le strade ferrate romane,

Società per le strade

Foto 6: D.341.110; 1932, Fiat ferrate meridionali,

Società per le strade ferrate calabro-sicule.

Tanti simboli dell’Italia in formazione, e poi dell’Italia in sviluppo, furono legati alle

ferrovie: dal ponte di Boffalora sul Ticino, che nel 1859 aveva messo in comunicazione

Pag. 8

il Piemonte e la Lombardia, divise fra il Regno di Sardegna e il Regno Lombardo-

Veneto, alla ferrovia Porettana, che nel 1864 valicò per la prima volta l’Appennino tra

Bologna e Pistoia, alle gallerie del Moncenisio (1871), del Gottardo (1882) e del

Sempione (1906), destinate a collegare l’Italia con i Paesi del centro Europa.

Il treno fu celebrato nelle tele di pittori, nei versi di numerosi poeti e scrittori: essi

identificarono la ferrovia come l’emblema del proprio tempo.

Treno nella letteratura italiana

Il treno, come tutte le grandi novità, incuteva al contempo un senso di paura e di

sgomento: la sua presenza risultava troppo invasiva, con strade ferrate che deturpavano

il paesaggio, con il rumore assordante intervallato da fischi acuti, con il fumo denso,

nero, che segnalava il passaggio della macchina anche a distanza. Per l’immaginario

collettivo, fu quasi naturale l’accostamento del treno a una creatura diabolica che aveva

in sé il fascino proibito e seducente del male. La figura del treno ispirò parecchi poeti e

scrittori: un esempio è dato da Giosuè Carducci, che nel 1863, componendo i famosi

versi a favore del progresso della ragione, paragonò la locomotiva a Satana e

scandalizzò i benpensanti diventando il poeta della nuova Italia laica.

Carducci è uno degli autori che descrivono l'avvento della ferrovia in modo più

sorprendente.

Il testo, forse, maggiormente rappresentativo è '”Inno a Satana”, nel quale il poeta

compone un vero e proprio inno alla macchina e alla ferrovia.

E’ particolarmente interessante l’immagine del treno stesso: la locomotiva è un “bello e

orribile mostro" che l'autore teme e, allo stesso tempo, venera. La macchina è esaltata

per la sua potenza e la sua velocità, ma non solo: la ferrovia è considerata come il

mezzo attraverso cui i valori cristiani risultano distrutti; a essi sono, invece, imposti i

valori della ragione. Il poeta vuole celebrare il progresso, la novità che può cambiare la

società.

Il treno rappresenta,quindi, Satana, il grande ribelle. È ribelle per la sua forza

animalesca, ma soprattutto perché non accetta le convenzioni della società e propone dei

nuovi valori.

Tutti questi aggettivi contribuiscono a creare un'immagine ferina della macchina:

mirano a evidenziare la sua velocità e l’impossibilità di essere fermata. La stessa

espressione "bello e orribile mostro" ci dà un'idea del sentimento provato dal poeta di

fronte alla macchina. Essa è descritta come un essere sublime, in grado di racchiudere in

sé le nozioni di bellezza e di orrore: il poeta prova riverenza per questo essere, potente e

attraente. Pag. 9

Un bello e orribile

mostro si sferra,

corre gli oceani, per antri incogniti

corre la terra: per vie profonde;

172 180

corrusco e fumido ed esce; e indomito

come i vulcani, di lido in lido

i monti supera, come di turbine

divora i piani, manda il suo grido,

176 184

sorvola i baratri; come di turbine

poi si nasconde l’alito spande:

ei passa, o popoli,

Satana il grande;

Pag. 10

Se la posizione di Carducci verso il treno in “Inno a Satana” è di venerazione, il

sentimento con cui il poeta si accosta a esso in “Alla stazione in una mattina d'autunno”

è, invece, nettamente negativo. L'opera fa parte delle “Odi barbare” ed è datata 25

giugno 1875. Il poeta accompagna alla stazione la donna amata, Lidia del verso tredici,

e la osserva mentre si allontana da lui. La descrizione del treno avviene, questa volta, in

modo più diretto rispetto a “Inno a Satana”. Il primo elemento che si nota, della

locomotiva, sono i suoi fanali, che s’inseguono accidiosi.

L'atmosfera di questo componimento è molto più cupa rispetto a quella che troviamo in

“Inno a Satana”: il treno diventa immagine della morte e del passaggio del tempo, che

porta via l'amata; l'insistenza sul colore nero è evidente.

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