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STORIA: IL SESSANTOTTO
Una ribellione improvvisa.
Nel corso degli anni Sessanta, la crescita economica
mondiale raggiunse il suo punto massimo. Nessuno
quindi, si aspettava ciò che poi accadde: l’esplosione di
una ribellione contro la società del benessere da parte
dei giovani. Questo fenomeno, riguardò soprattutto le
società industriali capitaliste, ma si manifestò anche
nei sistemi socialisti e in alcuni importanti Paesi del
Terzo Mondo, assumendo la caratteristica di un evento
mondiale. Esso è conosciuto anche come “rivolta del
Sessantotto”, perché fu il 1968 l’anno in cui la
contestazione raggiunse il suo punto massimo. I protagonisti furono movimenti di
massa (studenti universitari della classe media, operai e gruppi etnici minoritari) che
si formavano per aggregazione spesso spontanea. Nasce infatti come un movimento
spontaneo e di ribellione.
Il malessere studentesco.
Le cause della rivolta giovanile furono molteplici. La scolarizzazione di massa è forse la
più importante, perché fece riunire e discutere centinaia di migliaia di ragazzi e
ragazze nelle scuole e nelle università.
Proprio la scuola, rimasta uguale a quando era riservata a pochi, non rispettava la
promessa di migliorare le condizioni di tutti, e continuava a discriminare i figli dei
lavoratori, delle minoranze di colore, e così via. Fu questo, in molti casi, a fare
scattare la protesta.
Gli obiettivi della rivolta
I movimenti giovanili, pur diversi da Paese a Paese, ebbero numerose somiglianze.
In primo luogo, lottavano per ottenere maggiori libertà individuali e collettive e
contestavano l’autorità ovunque limitasse la libera e responsabile scelta delle persone.
In secondo luogo, i movimenti giovanili chiedevano maggiore democrazia e la
possibilità per tutti di partecipare alle decisioni che riguardavano la vita dello Stato,
della città, del quartiere, della scuola. All’interno di questi movimenti, per esempio,
l’assemblea era il luogo dove prendere le decisioni.
In terzo luogo lottavano contro le ingiustizie sociali, le discriminazioni razziali e
l’esclusione dei poveri dalla scuola, lo sfruttamento economico dei Paesi del Terzo
Mondo da parte di quelli industrializzati.
La prima rivolta, a Berkeley.
La contestazione giovanile scoppiò negli USA, e in particolare nelle università. Il centro
della lotta studentesca fu l’università di Berkeley, in California, occupata già nel 1964:
gli studenti chiedevano di cambiare i metodi e i contenuti dell’insegnamento,
protestavano contro l’esclusione degli studenti più poveri dagli studi, e contro
l’intervento americano in Vietnam. La protesta si estese nel corso degli anni successivi
a tutte le altre università statunitensi. Essa si intrecciò con la lotta che la popolazione
nera stava conducendo sin dalla fine degli anni Cinquanta contro la discriminazione
razziale, e che aveva tra i suoi esponenti più prestigiosi Martin Luther King.
Il movimento in Italia
In Italia la contestazione studentesca si annunciò con l'occupazione della facoltà di
architettura di Milano e della sede delle facoltà umanistiche dell'università di Torino
verso la fine del 1967. Si estese quindi a macchia d'olio con occupazioni di altre
università e con manifestazioni in piazza che portarono a scontri con la polizia. Nella
primavera del '68 riprendono gli scioperi e si uniscono gli operai. Essi otterranno alla
fine dell'anno molti risultati: aumenti salariali, interventi nel sociale, pensioni, minori
ore lavorative, diritti di assemblea, consigli di fabbrica. E getteranno anche le basi
dello Statuto dei Lavoratori.
Il “Maggio francese”.
Il punto di massima mobilitazione del Sessantotto fu il “Maggio francese” dove la
protesta studentesca coinvolse anche gli operai infatti le università furono occupate
dagli studenti perché il piano di riforma scolastica prevedeva, al termine degli studi
secondari, una severa selezione da effettuarsi attraverso un esame supplementare che
avrebbe ridotto considerevolmente il numero degli studenti universitari e consentito
l'accesso agli studenti più dotati. La protesta si allarga e l'occupazione alla Sorbona
da parte degli studenti (2 maggio) rappresentò il momento di rottura, contrassegnato
da scontri con la polizia. Il 13 maggio le organizzazioni studentesche proclamarono lo
sciopero generale: fu il momento culminante della rivolta ed anche il più pericoloso
per lo stato, perché alla protesta aderirono anche milioni di lavoratori in tutto il paese
che chiedevano l'aumento del salario.
La “Primavera di Praga”.
Movimenti di protesta giovanili ci furono anche nel
mondo socialista: in Jugoslavia, in Polonia, in
Cecoslovacchia. In Cecoslovacchia si era realizzato un
originale tentativo di rendere democratico il sistema
stalinista. Il progetto riformatore prevedeva
l'allargamento della partecipazione politica dei cittadini
e la ristrutturazione dell'economia, con la rinuncia del
potere assoluto da parte dello stato. A sostenere
questo tentativo ci fu proprio il movimento politico e
culturale della Primavera di Praga.
La “rivoluzione culturale” in Cina.
Il “Sessantotto” in Cina coincise con la “rivoluzione culturale”, un movimento
soprattutto giovanile iniziato qualche anno prima, che protestava contro i privilegi di
funzionari statali e intellettuali, e chiedeva di organizzare la società cinese su basi
rigorosamente ugualitarie (le comuni).
Il movimento fu appoggiato dallo stesso Mao per cacciare i vecchi dirigenti: le Guardie
Rosse, gruppi di studenti armati, occuparono le università e imposero la cacciata di
docenti, intellettuali, esponenti di partito accusati di volere ripristinare il capitalismo.
Agli inizi del 1968 lo scontro sembrò raggiungere un tale livello di acutezza da far
temere una guerra civile. Successivamente però la tensione si allentò. La protesta
giovanile si esaurì quando lo stesso Mao intervenne a fermare le violenze con cui una
parte delle Guardie Rosse voleva imporre le sue idee.
ITALIANO:LA SCAPIGLIATURA
(1860-1880)
La scapigliatura è una tendenza culturale che nasce nella seconda metà dell’800
ed ha i suoi centri a Milano e Torino. Il termine deriva dal titolo del romanzo di
Cletto Arrighi, "La scapigliatura e il 6 Febbraio" (1862)
dove l'autore presenta i protagonisti del suo romanzo:
spiega chi sono e da che cosa sono caratterizzati e per
loro sceglie questo nome che li raggruppi. Egli non si
riferisce propriamente a un gruppo di scrittori, ma a
una categoria di irregolari,ribelli appartenenti ad ogni
ceto sociale. ”Scapigliatura” significa quindi “vita
dissoluta” ed è usato per tradurre il termine francese
“bohème”, ovvero quel tipo di vita zingaresca condotta
dai giovani artisti parigini costretti a far la fame per
amor dell'arte.
Questa tendenza culturale fece emergere il conflitto tra
artista e società in quanto ci fu un processo di
modernizzazione che aveva spinto gli intellettuali
italiani ai margini della società e così si diffuse tra gli scapigliati ribellione e
disprezzo radicale nei confronti delle norme morali tanto che essi a questa crisi
reagirono facendo del maledettismo e dell'anticonformismo.
La ricerca di una nuova arte si confonde con una scelta di vita estrema, a cui
all'ordine borghese si contrappone il disordine diventando quindi
antiborghesi,una vita trasgressiva, misera e con una frequente autodistruzione
attraverso assunzione di alcol, assenzio, oppio, fino al suicidio, che taluni di loro
consideravano la suprema affermazione di libertà.
I temi così affrontati dagli Scapigliati sono temi inconsueti,scandalosi: vi si parla
di malattia, pazzia, necrofilia, di attrazioni morbose per il brutto, il macabro,
l'abnorme, il mostruoso che sconvolge la vita fisica e morale, morte, ossessione,
paura.
Inoltre in poesia riprendono i temi del francese Baudelaire, (stato di depressione
cupa, di disgusto per il mondo in cui vive) da cui derivano il modello esistenziale
del poeta "maledetto" e il linguaggio simbolico e provocatorio; riprendono una
concezione della poesia fondata non sulla ragione, ma sull’intuizione dei
misteriosi legami della realtà.
Emilio Praga in Preludio, la prima poesia della sua opera “Penombra”, riprende le
tematiche di Baudelaire. Nella prima parte esprime il rifiuto
nei confronti di Manzoni, che rappresenta lo scrittore che
ispira tutta la sua vita alla fede religiosa, vita casta.
Mentre, nella seconda parte definisce invece ciò che quella
generazione intellettuale è realmente dopo la perdita delle
certezze. Si delinea chiaramente la tematica di
Baudelaire:la noia, rappresentata come carnefice della
tormentata anima moderna, la tensione verso l'ideale e la
perdizione nel vizio e nel male.
Tra gli Scapigliati si forma un dualismo che sottolinea il
contrasto tra “l'ideale” che si vorrebbe raggiungere e il
“vero”, cioè la realtà che l'autore si rassegna a
rappresentare nei suoi aspetti più crudi e descritta in modo oggettivo e
anatomico. Questo dualismo è ben visibile nell'opera di Arrigo Boito “Lezione di
anatomia” dove l’ideale è rappresentato dalle fantasie che il poeta tesse intorno
alla bella fanciulla morta, ricostruendo i suoi sogni e le sue speranze giovanili,
immaginando la sua purezza e la sua pietà religiosa. Il vero è invece la scienza
positiva, l’anatomia, che riduce tutto a pura materialità e a meccanismo.
Gli scapigliati fanno una ricerca linguistica e stilistica, in direzione
tendenzialmente antimanzoniana. Da qui derivano il massiccio recupero di voci e
costrutti popolari e dialettali e l'uso frequente di termini arcaici o del parlato, di
neologismi, di strutture sintattiche anomale, con risultati di livello artistico
diseguale.
ITALIANO: I POETI MALEDETTI
Possiamo riscontrare il tema della trasgressione con la nascita del “poeta maledetto”
identificato ne “L'Albatro” di Baudelaire; il “poeta maledetto” figlio delle tenebre e
della “trasgressione” rifiuta ogni convenzione sociale e si ribella al conformismo.
Con l'appellativo di poeti maledetti (Poètes maudits o anche solo Maudits) si
definiscono tutti quei poeti ai quali Paul Verlaine dedicò nel 1883 l'opera omonima.
Maledetti perché identificati col peccato inteso come alcool, droga, lussuria e piacere
sconsiderato. Così viene classificato un gruppo di autori francesi ribelli vissuti fra la
seconda metà e la fine dell'Ottocento.
La poesia, secondo questi artisti, è un modo per cogliere l'essenza profonda della
realtà, che non è quella che percepiamo, ma qualcosa di misterioso e profondo.
I poeti maledetti interpretano simbolicamente la poesia, seguendo l'esempio di
Charles Baudelaire. Charles Baudelaire
Baudelaire è il padre dei poeti maledetti.
Nasce a Parigi nel 1821,compie i suoi studi prima a
Lione e poi a Parigi dove nel 1839 viene espulso dal
College per indisciplina. Nel 1841 a causa della
frequentazione di cattivi ambienti e del suo stile di vita
dissoluto, su decisione del consiglio di famiglia fu
imbarcato su una nave diretta in India. Decide di non
portare a termine il viaggio e quindi ritorna in Francia.
Qua grazie all'eredità paterna, inizia una vita bohemien
di grande libertà. Morirà nel 1867 dopo una paralisi che
gli impedisce di parlare. Egli è stato un poeta, scrittore,
critico letterario e traduttore francese.
La sua principale opera è “I fiori del male”. Il titolo di
quest'opera riassume a pieno l'idea di bellezza propria
del poeta francese. Il male, come il bene, ha i suoi fiori, le sue bellezze. Il male risulta
però più attraente e più accattivante.
Fu pubblicata nella primavera del 1857 e comprendeva cento poesie divise in cinque
sezioni.
L'opera venne immediatamente censurata perché la forma poetica e i temi trattati
fecero scandalo, così come il primo titolo dell'opera "Les lesbiennes" (Le lesbiche). Nel
1861 uscì la versione aggiornata dell'opera dove l'autore rimosse le sei liriche
accusate e le sostituì con 35 componimenti così l'opera si struttura in sei sezioni che
tracciano un percorso narrativo all'interno del libro, raccontando la storia di un'anima,