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Premessa
IL TITOLO
Qualche mese fa, scorrendo alcuni testi tra gli scaffali della biblioteca nella sezione scientifica, mi
fermai davanti ad un libricino intitolato Le macchine del tempo. Incuriosito iniziai a sfogliarlo e fui
molto dispiaciuto nello scoprire che le macchine del tempo di cui si parlava non erano i
fantascientifici strumenti che forse in un prossimo futuro ci permetteranno di viaggiare nel tempo,
ma semplicemente gli orologi che portiamo tutti i giorni al nostro polso. Decisi tuttavia di leggere il
libro che si rivelò un’importante fonte di ispirazione per questo lavoro: esso infatti ripercorreva la
storia degli strumenti meccanici per la misura del tempo, a partire dalle prime clessidre, fino ai
prototipi più avanzati di pendolo. Ma volevo saperne di più anche sulle macchine del tempo vere e
proprie: perciò iniziai a leggere un altro libro, Come costruire una macchina del tempo di Paul
Davies. Dopo alcuni cenni introduttivi sulla teoria della relatività Paul Davies, professore di fisica
alle università di Londra, Cambridge, Newcastle e Adelaide, e collaboratore del famosissimo fisico
Stephen Hawking, spiega in maniera molto chiara come, in un futuro nemmeno troppo lontano,
potremmo avere a disposizione macchine per il viaggio nel tempo. Naturalmente i problemi,
soprattutto di natura tecnica, sono ancora molti, ma è probabile che un giorno l’umanità potrà
compiere realmente dei viaggi nel tempo. Di qui dunque il titolo per questo lavoro che comprende
prima una breve storia delle “macchine per la misurazione del tempo”, ossia gli orologi, e nel finale
un capitolo dedicato alle “macchine per il viaggio nel tempo”.
LA COPERTINA
L’immagine in copertina rappresenta l’analemma o lemniscata di Bernoulli, di cui parleremo in
seguito. Essa non è altro che la curva che si viene a formare riportando in una stessa immagine tutte
le posizioni assunte dal sole ad una certa ora per un anno intero. Infatti il passaggio del sole ad un
dato meridiano non avviene sempre alla stessa ora per tutto il corso dell’anno, ma vi sono differenze
che raggiungono i 16 minuti. Se a questa differenza si aggiunge la diversa altezza del sole
sull’orizzonte nei vari periodi dell’anno si ottiene appunto l’analemma. Essa è spesso riportata sulle
meridiane, a volte solo sulla linea del mezzogiorno, e ci permette di leggere direttamente sui
quadranti solari l’ora indicata dai nostri orologi. Questo è quindi un simbolo del desiderio umano di
controllare il tempo, di prenderne possesso, imponendo un proprio sistema di misura: il tempo
solare oggi non è più la base della nostra misurazione del tempo, ma è stato sostituito dal “tempo
degli orologi”. E l’analemma rappresenta un elemento di legame tra il tempo solare e quello civile,
lo strumento che ci permette la conversione tra l’uno e l’altro.
1
Indice pag. 3
Introduzione pag. 4
Bergson: tempo della scienza e tempo della vita pag. 5
pag. 5
LA STORIA DEGLI OROLOGI pag. 6
Le meridiane e la suddivisione del tempo pag. 9
L’importanza del sole nella Divina Commedia pag. 10
Clessidre ed orologi ad acqua pag. 13
Gli orologi a pendolo e il moto armonico pag. 17
Gli orologi al quarzo
Gli orologi dell’universo pag. 21
pag. 21
L’ORA MEDIA LOCALE E LA LEMNISCATA DI BERNOULLI
La lemniscata di Bernoulli pag. 28
pag. 28
UNA NUOVA VISIONE DEL TEMPO pag. 29
La relatività per Heidegger pag. 30
Svevo e Joyce: il tempo nella letteratura
Il tempo nel cubismo e nel futurismo e gli orologi molli di Dalì pag. 33
pag. 33
LA RELATIVITÀ E LE MACCHINE DEL TEMPO pag. 35
Il viaggio nel futuro pag. 37
Come visitare il passato
Come costruire una macchina del tempo 2
INTRODUZIONE
Sfogliando le prime pagine del libro Il calendario di David Ewing Duncan trovai un elenco di date
relative alla storia del calendario e ai diversi modi di calcolare il tempo utilizzati dall’uomo. Una
data in particolare mi colpì: il penultimo punto dell’elenco recitava: “Anno in cui il Tempo Atomico
1
ha sostituito il Tempo della Terra come modello temporale ufficiale del mondo: 1972 ”. Sapevo che
gli orologi di ultima generazione, quelli utilizzati dagli scienziati per ottenere misure molto precise,
si basavano sull’oscillazione dell’atomo di cesio; ma l’utilizzo di questa unità di misura per il tempo
che si potrebbe definire artificiale (anche se si basa su un fenomeno naturale come l’oscillazione
degli atomi), al posto di quello che qui è stato definito “Tempo della Terra”, mi ha stupito non poco.
Forse oggi diamo per scontato il fatto di avere una scansione del tempo precisa, dagli anni ai giorni,
dai minuti ai secondi, che non ci preoccupiamo nemmeno di come sia nato questo tempo atomico
che oggi sta alla base della nostra vita quotidiana. Per esempio perché il giorno è diviso in 24 ore di
60 minuti ciascuna? E perché a loro volta i minuti sono divisi in 60 secondi? Per quanto riguarda
l’anno una risposta ad una domanda del genere oggi è semplice, dato che sappiamo con precisione il
tempo che la terra impiega per compiere un orbita completa intorno al sole, cioè 365,2422 giorni.
Su questo numero si basa il calendario gregoriano, che utilizza gli anni bisestili (tutti gli anni
multipli di 4, tranne i multipli di 100, ma compresi quelli multipli di 400), per recuperare il quarto
di giorno circa che si perde ogni anno. Tuttavia si è scoperto che anche questa misura dell’anno non
è perfetta e non potrà mai essere tale, poiché la terra non compie la propria orbita con un periodo di
rotazione costante, ma vi sono differenze seppur minime (dell’ordine del secondo) da un anno
all’altro. Strano è dunque il fatto che la voce successiva dell’elenco a cui mi riferivo poco fa
recitasse: “Lunghezza dell’anno misurata in base alle oscillazioni del Cesio atomico:
1
290.091.200.500.000.000 ”. L’uomo sembra essere giunto ad un paradosso: dopo millenni di
tentavi per cercare di misurare con precisione la lunghezza dell’anno solare, credendo che questo
fosse sempre costante, proprio nel momento in cui ha i mezzi per misurare tale lunghezza con una
precisione che può raggiungere i picosecondi si accorge che la Terra (o se si preferisce il sole) non è
del tutto precisa. Migliaia di astronomi hanno studiato i movimenti del sole, dei pianeti e delle stelle
per misurare il tempo con precisione quando la soluzione migliore era qui sulla terra. Ma non è mai
detta l’ultima parola. Infatti nonostante l’apparente perfezione, anche gli orologi atomici hanno un
margine di errore, pari ad un milionesimo di miliardesimo di secondo all’anno. Una cifra
apparentemente insignificante, ma che ai fini delle misurazioni scientifiche richiede ancora
miglioramenti. Così, per trovare una soluzione più precisa, gli scienziati, è il caso di dirlo, hanno di
nuovo alzato gli occhi al cielo: l’ultima frontiera per la misurazione del tempo sono ancora delle
stelle, le pulsar, stelle che emettono radiazioni con una cadenza regolare.
Il tema della misurazione del tempo si intreccia con la definizione di tempo: questa entità né
concreta né astratta, che influenza e regola la nostra vita, ma che non possiamo toccare con mano e
percepire attraverso i nostri sensi. Moltissimi filosofi hanno cercato di dare una risposta agli
interrogativi sul tempo, con soluzioni contrastanti. Ma è stato uno scienziato, un genio, a definire
semplicemente il tempo come la quarta dimensione, e a scoprire che esso è relativo alla velocità con
cui si viaggia nello spazio, per cui per una persona che viaggia a velocità prossime a quella della
luce il tempo si muove più lentamente che per una che sta ferma sulla terra. Questa scoperta non ha
influenzato solo il mondo della scienza, ma anche moltissimi altri ambiti: la teoria della relatività è
stata oggetto di dibattiti filosofici, ha influenzato le rappresentazioni artistiche e la letteratura.
Albert Einstein ha aperto nuove strade agli scienziati e ciò che fino all’inizio del ‘900 sembrava
solo fantascienza ora sembra molto più vicino alla realtà: un esempio su tutti la macchina del
tempo, la prossima meta della difficile avventura dell’uomo alla conquista del tempo.
BERGSON: TEMPO DELLA SCIENZA E TEMPO DELLA VITA
1 David Ewing Duncan, Il calendario, Piemme, 1999 Casale Monferrato, pag. 8
3
Nel nostro percorso attraverso il tempo partiamo dalla distinzione fatta dal filosofo spiritualista
francese Henri Bergson: egli, negli stessi anni in cui Einstein pubblicò la teoria della relatività
speciale, propose una divisione tra il tempo della scienza e il tempo della vita. Il primo è il tempo
fatto di momenti diversi solo quantitativamente, mentre il secondo consta di momenti diversi anche
qualitativamente (per esempio nel linguaggio comune si dice che cinque minuti possono sembrare
un’eternità). La caratteristica fondamentale del tempo della vita è la sua irripetibilità: infatti gli
eventi presenti sono il risultato di tutti gli eventi passati che li hanno generati, ed è perciò
impossibile che si ripetano tali e quali una seconda volta poiché ciò implicherebbe che per una
seconda volta si ripeta la stessa concatenazione di cause. Tuttavia questa concezione del mondo non
vede gli eventi come separati gli uni dagli altri, né come indipendenti: infatti essi sono tutti legati
tra loro, si sommano per dare vita ad un processo che possiamo definire a valanga, rappresentabile
con un gomitolo di filo che cresce continuamente. Per cui la nostra vita, il nostro presente, è il
risultato del nostro passato: noi siamo consapevoli solo in parte di questa influenza del passato sulle
nostre scelte, ma in realtà sono tutte le esperienze della nostra vita ad influenzare in un modo o
nell’altro il nostro presente. Ed è per questo che non possiamo rivivere due volte le stesse
esperienze, poiché ciò vorrebbe dire cancellare una parte del nostro passato, cosa che naturalmente
risulta impossibile. Se questo può sembrare negativo, in realtà per Bergson risulta essere causa di
continua creazione, di momenti sempre nuovi, simili, ma mai uguali a quelli passati. La coscienza si
riscopre perciò libera di creare, di mutare il mondo che la circonda mutando così anche se stessa: e
ciò implica la visione di una coscienza autocreatrice e perciò libera in senso assoluto.
Ma quello che noi tratteremo riguarda quello definito da Bergson come tempo della scienza. Prima
di tutto esso differisce dal tempo della vita per il fatto di essere reversibile, poiché un esperimento
può essere osservato un numero indefinito di volte (almeno dal punto di vista teorico). Questo
tempo è perciò astratto, lontano dalla realtà della vita; tanto che noi siamo portati a rappresentarlo
erroneamente come una linea continua, proiettandolo quasi a nostra insaputa nello spazio, come
“durata dell’estensione”. La ripetitività di un evento che caratterizza la concezione scientifica del
tempo implica anche un altro concetto fondamentale: la sua discontinuità. Il tempo è suddiviso dalla
scienza in intervalli ben definiti, non inseriti però in una concezione di tempo più estesa: si
considerano solo intervalli isolati, indipendenti gli uni dagli altri e perciò ripetibili. Ed è proprio
questa caratteristica del tempo che porta Bergson a sostenere che se per ipotesi il corso del tempo si
svolgesse a velocità infinita, così che non esistessero più un passato, un presente ed un futuro, allora
le formule dello scienziato non dovrebbero cambiare, poiché basate appunto su una concezione del
tempo assoluta.
Introduciamo la storia degli strumenti di misura del tempo vedendo come Bergson definisce il
tempo della scienza nella sua opera intitolata L’Evoluzione creatrice del 1907:
“Il tempo astratto "t", attribuito dalla scienza a un oggetto materiale o a un sistema isolato,
consiste solo in un numero determinato di simultaneità o, più in generale, di corrispondenze, il cui
numero resta invariato, qualunque sia la natura degli intervalli che separano le corrispondenze.”