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Sintesi
Estratto del documento

Strumenti primitivi:

I primi strumenti di misurazione del tempo si basavano sul moto apparente del Sole

attorno alla Terra, misurando lo spostamento dell’ombra generata dallo strumento

stesso.

Il dispositivo più antico è sicuramente lo gnomone, ovvero un palo piantato nel

terreno, dotato di una serie di tacche grazie alle quali era possibile leggere l’ora

corrente.

Successivamente lo gnomone venne perfezionato in epoca classica e trasformato

nelle più note e precise meridiane, strumenti capaci di misurare lo spostamento

dell’ombra con una minore approssimazione, grazie ad un supporto solitamente

marmoreo, su cui erano incise o disegnate varie linee, che rappresentavano le varie

ore del giorno.

Le meridiane assunsero anche una funzione decorativa e monumentale, grazie a

disegni elaborati, o alla costruzione di veri e propri monumenti adibiti alla

misurazione dell’ora.

L’esempio più importante di questa tendenza fu l’obelisco di Augusto, collocato a

Roma fra il 10 e il 9 A.C., che oltre a segnare l’ora corrente ricordava anche

avvenimenti importanti nella vita dell’imperatore, congiungendo la sua ombra con

particolari monumenti in certi periodi dell’anno.

Questi primi oggetti presentavano degli enormi svantaggi: in primo luogo, rilevando

lo spostamento dell’ombra prodotta grazie al Sole, potevano essere letti solo di

giorno, mentre nelle ore notturne conservavano solo una funzione estetica.

Secondariamente erano fissi al suolo, rendendo impossibile la consultazione dell’ora

in viaggio o in un luogo diverso dal sito dello strumento.

Infine le infinitesimali variazioni nella velocità del moto di rivoluzione terrestre

rendevano gnomoni e meridiane alquanto imprecisi.

L’effetto della variazione del moto terrestre sugli

strumenti ad esso legati:

Come è stato detto in precedenza, gli strumenti più antichi erano legati al moto

apparente del Sole attorno alla Terra.

Questo moto è definito apparente in quanto, mentre al giorno d’oggi è stato

ampiamente dimostrato che il Sole si trova al centro del sistema solare e tutti i pianeti

girano intorno ad esso, nell’antichità si credeva che la Terra fosse al centro

dell’universo e che il Sole, le stelle e i pianeti le girassero attorno con un moto

regolare ed uniforme.

Allo scopo di misurare il tempo rilevando il movimento dell’ombra prodotta da una

meridiana, non ha nessuna importanza se sia il Sole a girare attorno a noi, o la Terra

ad orbitare attorno al Sole, ma per capire il perchè della variazione di questo moto è

strettamente necessario analizzare i reali movimenti dei pianeti e conoscere le loro

leggi.

Il primo scienziato a teorizzare leggi riguardo al movimento dei pianeti attorno alla

nostra stella fu Jhoannes Kepler, detto anche Keplero, il quale scrisse tre

fondamentali leggi, successivamente dimostrate dalla gravitazione universale di Isaac

Newton:

prima legge:” L’orbita descritta da un pianeta è un ellisse, di cui il Sole occupa uno

dei due fuochi”

seconda legge: “Il raggio vettore che unisce il centro del Sole con il centro del

pianeta descrive aree uguali in tempi uguali”

terza legge: “I quadrati dei periodi di rivoluzione dei pianeti sono direttamente

proporzionali ai cubi dei semiassi maggiori delle loro orbite”

La prima legge descrive la forma dell’orbita dei pianeti, che non è più considerata

perfettamente circolare come in precedenza.

La seconda legge riguarda la velocità di movimento dei pianeti sulle loro orbite: se il

pianeta si trova su di un orbita ellittica, in alcuni momenti si troverà più vicino o più

lontano dal Sole, quindi, dovendo attraversare aree uguali in tempi uguali con un

raggio vettore di distanza variabile, anche la velocità del moto di rivoluzione varierà

diventando minima quando il pianeta si trova alla distanza maggiore dalla stella e

massima quando si troverà alla distanza minore.

La terza legge mette in relazione la velocità di rivoluzione di un pianeta con la sua

distanza, aiutandoci a comprendere che più il pianeta è distante dal Sole, più si

muoverà attorno ad esso lentamente.

Alla luce di queste leggi possiamo comprendere la causa dell’imprecisione delle

meridiane: dato che la velocità di rivoluzione è variabile, anche la velocità di

spostamento dell’ombra sarà variabile e, di conseguenza, le ore non saranno uguali

tra di loro.

Seconda legge di keplero o legge delle aree.

Strumenti antichi non legati al moto del Sole:

Nel tentativo di costruire un oggetto in grado di misurare lo scorrere del tempo anche

nelle ore notturne, gli antichi inventarono la clessidra.

I primi modelli di questo famoso strumento erano costituiti da un recipiente

contenente acqua, forato in modo da svuotarsi in un periodo prestabilito.

Una volta vuotato, il contenitore doveva essere riempito nuovamente per continuare

la misurazione.

La più nota versione della clessidra, ovvero quella a sabbia, venne inventata

successivamente .

Sebbene presentassero il vantaggio di non essere più legati al moto apparente del Sole

e, nei modelli più recenti, di essere facilmente trasportabili, le clessidre non erano in

grado di misurare un intervallo di tempo sufficientemente lungo: dovevano infatti

essere riempite o girate regolarmente per continuare a misurare il tempo, essendo

soggette dunque ad imprecisioni, dovute al divario temporale fra la fine della

precedente misurazione e l’inizio della seguente, causato dal tempo materiale

neccessario a riempirle o girarle.

Primi strumenti meccanici:

Il primo strumento completamente meccanico, precursore degli odierni orologi, fu lo

svegliarino.

Lo svegliarino venne inventato nel medioevo da un frate che, preoccupato dalla

possibilità di addormentarsi prima del momento della preghiera notturna,

costringendo lui e i suoi compagni a saltarla autocondannadosi alla dannazione

eterna, costruì un meccanismo in grado di emettere un suono dopo un certo periodo di

tempo dalla sua attivazione.

Il frate non salvò solamente sé stesso e i suoi compagni dalle pene infernali, ma pose

importanti basi tecniche e scientifiche che avrebbero portato alla costruzione dei

primi orologi meccanici.

Gli orologi meccanici:

I primi orologi meccanici avevano grandi dimensioni e venivano collocati in cima ai

campanili delle chiese, in modo che fossero facilmente visibili agli abitanti ed erano

utilizzati principalmente per scandire i tempi di lavoro, preghiera e riposo.

Sebbene gli orologi da campanile fossero più precisi e di più facile costruzione, in

questo periodo furono creati anche orologi portatili, una sorta di miniaturizzazione

degli orologi da campanile.

Essi erano molto simili ai loro mastodontici cugini ma erano molto imprecisi, essendo

in grado di perdere anche un ora ogni giorno.

Sebbene fossero così imprecisi, questi orologi portatili divennero oggetti di uso

comune e assunsero anche una funzione ornamentale, in quanto venivano molto

spesso decorati.

La moderna orologeria:

Dalla sua invenzione, l’orologio è stato costantemente migliorato, potenziato e

miniaturizzato fino a raggiungere, nei modelli più costosi e qualitativamente

superiori, una grande precisione e una compattezza tale da poter essere portati con

facilità al polso.

Molti dei moderni orologi sono dotati anche di cronometri e sveglie per raggruppare

più funzioni in un unico polivalente strumento, capace quindi di mostrare con

precisione l’ora, misurare la durata di un certo evento o di ricordare al suo possessore

che è giunto il momento prefissato in cui svolgere una precisa attività.

Orologi digitali, a cristallo di quarzo, atomici:

Mentre l’orologio meccanico sembra essere stato potenziato fino ai suoi limiti

naturali, sono stati recentemente inventati nuovi dispositivi atti alla misurazione del

tempo.

L’orologio digitale, che sostituisce ai complicati e delicatissimi meccanismi interni di

un orologio analogico, un piccolo computer in grado di memorizzare l’ora e la data

precisa e di integrare le funzioni di sveglia e cronometro, con la possibilità di inserire,

nei modelli più specifici, anche funzionalità non prettamente connesse con la

misurazione del tempo quali, controllo del battito cardiaco, contapassi, profondità

subacquea, barometro, etc...

L’orologio a cristallo di quarzo si basa sul principio della pizoelettricità, ovvero la

tendenza da parte di un cristallo a vibrare armonicamente sempre alla stessa

frequenza se percorso da un’elettricità regolare.

Questo tipo di meccanismo è molto più preciso dei normali orologi meccanici e

digitali e può essere montato sia in modelli a display lcd, sia in modelli a lancette,

utilizzando un motore elettrico e unendo la classica eleganza dell’analogico alla

maggiore precisione dell’oscillatore al quarzo.

Allo scopo di migliorare ulteriormente la precisione degli orologi, venne inventato

nel 1949 il primo orologio atomico, un dispositivo che si basa sull’oscillazione di un

atomo di cesio, dal quale deriva anche la nuova definizione di secondo, ovvero il

tempo impiegato da un atomo di cesio per compiere 9.192.631.770 oscillazioni.

L’orologio atomico è stato costantemente migliorato e, al giorno d’oggi, è in grado di

raggiungere una precisione incredibile, avendo la possibilità di perdere un unico

secondo ogni 4,5 miliardi di anni.

Il rapporto tra il tempo meccanico ed il tempo

interiore. Einstein e Bergson:

Albert Einstein. Henri Bergson.

Esaminando le nuove scoperte nel campo dell’orologeria si può facilmente notare

come il tempo sia sempre più considerato come una successione di attimi sempre

uguali gli uni agli altri.

Fra l’800 e il 900 questa concezione di tempo venne criticata e variata sia sul versante

scientifico che su quello filosofico.

Dal punto di vista scientifico una delle menti più brillanti della storia dell’umanità,

ovvero il fisico Albert Einstein, si accorse che non poteva esistere un unico tempo, il

tempo della fisica classica, uguale per ogni entità nell’universo.

Le teorie di Einstein sconvolsero il mondo accademico del tempo, proponendo di

rifondare la fisica partendo solo dalla costanza della velocità della luce in ogni

sistema di riferimento.

Accettato questo postulato, risulta impossibile accogliere sia l’idea dell’esistenza di

un tempo assoluto, identico per ogni sistema di riferimento, sia della simultaneità

assoluta fra sistemi di riferimento differenti.

La precedente definizione di simultaneità prevedeva che due avvenimenti fossero

simultanei quando accadevano nello stesso tempo, come un atleta, simultaneamente

allo sparo del giudice inizia la sua corsa, e simultaneamente un cronometro segna un

certo valore e successivamente quando l’atleta arriva al traguardo il cronometro ne

segna un altro.

Tuttavia, considerando oggetti molto distanti e prossimi alla velocità della luce,

questa misurazione risultava inapplicabile, perciò Einstein tentò di ridefinire la

simultaneità: “due fenomeni F e F sono simultanei se la luce che essi emettono

1 2

giunge nello stesso istante in un punto P equidistante dai punti P e P in cui si

1 2

verificano i due fenomeni”.

Eseguendo però la misurazione da un sistema di riferimento in moto, rispetto a quello

in cui si verificano i due fenomeni, i due eventi non sono più simultanei proprio per il

concetto di invarianza della velocità della luce.

Anche la durata di un certo fenomeno non è fissa, in quanto risulta minima se

misurata in un sistema di riferimento solidale rispetto a quello in cui avviene il

fenomeno, mentre aumenta se misurata in un sistema in movimento rispetto al primo.

Dal punto di vista filosofico, Henri Bergson (Parigi 1859-1941), esponente dello

spiritualismo francese, si rese conto che la definizione classica di tempo, seppur

perfetta in ambito scientifico, non poteva essere utilizzata per spiegare e misurare

l’animo umano: il tempo meccanico considera ogni attimo identico ed esterno al

successivo mentre, considerando il tempo da un punto di vista più interiore ci si

accorge che alcuni periodi hanno più importanza di altri.

Il tempo della vita non è composto da attimi uguali gli uni agli altri in quanto, mentre

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