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scarabei di epoca arcaica, gioielleria, ceramiche, vetri, lucerne, iscrizioni e monete in oro,

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argento e bronzo .

4 Norton, The excavation at Carene, pp. 143-143. 5

Capitolo Primo 6

Un mito legato alla fertilità della terra

Nella città di Cirene erano dedicati due edifici al culto di Demetra e Kore: uno di essi è un

culto urbano praticato in un tempietto sull’agorà, mentre l’altro è un culto extraurbano

praticato in un imponente santuario eretto oltre le mura meridionali.

Demetra apparteneva alla seconda generazione divina, quella degli dei olimpici, figlia di

Crono e di Rea e secondogenita della coppia. Era considerata più giovane di Estia e

contemporanea di Era.

Conosciuta con l’appellativo di Dea materna della Terra, la sua personalità sia religiosa che

mistica è molto diversa da quella di Gaia, la Terra concepita come elemento cosmogonico e

primordiale, potenza e riserva inesauribile di fecondità, Madre Universale e Madre degli Dei.

Demetra, invece, è la divinità della terra coltivata, è essenzialmente la dea del grano. Le sue

leggende si sono sviluppate, infatti, in tutte le regioni del mondo ellenico in cui cresce il

frumento. I suoi luoghi d’elezione sono le pianure di Eleusi e la Sicilia, ma si riscontrano

anche in Tracia, a Creta e nel Peloponneso.

Figura 1. Demtra, copia romana, Museo Pio-Clementino

Nella leggenda come nel culto Demetra è strettamente unita alla figlia Persefone, formando

una coppia che spesso viene chiamata Le Dee. 7

Persefone nella versione più corrente è figlia di Zeus e Demetra ed unica figlia della dea,

mentre una tradizione minore ne fa la figlia di Zeus e Stige, la ninfa del fiume infernale. È la

dea degli Inferi e la compagna di Ade.

Figura 2. Persefone, Pergamon Museum Berlino

Viene identificata anche con l’epiteto Kore cioè ‘fanciulla’ e presso i Romani fu presto

identificata con la dea Proserpina ed a questa assimilazione probabilmente si deve il carattere

Infero della dea. Proserpina in origine fu senza dubbio una dea agreste, che presiedeva alla

germinazione ed il suo culto fu introdotto insieme a quello di Dis Pater (assimilato ad Ade)

nel 249 a. C. In loro onore si celebravano i Giochi Tarantini, così chiamati da una località nel

Campo Marzio, il Tarentum appunto. L’origine di questo luogo è avvolta nella leggenda, è il

più antico luogo di culto dell’area situato nell’estremità occidentale, presso l’attuale ponte

Vittorio, dov’era l’altare di Dite e Proserpina.

Il nucleo centrale della leggenda di Demetra e Kore, quello alla base dell’iniziazione dei

Misteri Eleusini, è costituito dal rapimento di Persefone e dalle peregrinazione di Demetra

alla ricerca della figlia.

Persefone cresceva felice e spensierata tra le ninfe, in compagnia delle sorelle Atena ed

Artemide, per nulla interessata al matrimonio, quando suo zio Ade si innamorò di lei. Zeus

però si oppose al matrimonio ripugnandogli l’idea di sapere sua figlia eternamente prigioniera

nelle tenebre del mondo degli Inferi. Allora Ade la rapì, forse con la complicità dello steso

Zeus che ne divenne il connivente segreto.

Il luogo del rapimento è generalmente collocato nella pianura d’Enna, in Sicilia, ma Omero

nell’Inno a Demetra menziona vagamente la pianura di Misa, un nome mitico per indicare,

quasi sicuramente, un luogo privo di significato geografico. Altre tradizione pongono il luogo

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del ratto ora ad Eleusi lungo il Cefiso, ora in Arcadia ai piedi del monte Cillene, dove si

mostrava una grotta che era ritenuta una delle entrate all’Oltretomba, ora a Cnosso.

Nel momento in cui Persefone stava raccogliendo un narciso (o secondo un’altra tradizione

un giglio), la terra si aprì ed apparve Ade che la condusse nel suo regno.

Demetra in quel momento era lontana, ma udì ugualmente il grido della figlia prima che la

terra la inghiottisse, ed accorse immediatamente in suo aiuto, ma arrivò troppo tardi,

Persefone era già scomparsa. Per nove giorni e nove notti la dea vagò per il mondo senza

mangiare né bere né lavarsi, portando una fiaccola accesa in ogni mano. Il decimo giorno

incontrò Ecate, la dea che sovrintende alla magia ed agli incantesimi, anch’ella aveva udito il

grido di Persefone, ma non aveva riconosciuto il suo rapitore, la cui testa era ammantata delle

ombre della Notte. Soltanto il Sole, che tutto vede e tutto ode, le rivelò ciò che era accaduto

realmente. Ma secondo una tradizione locale furono gli abitanti di Ermione, in Argolide, a

rivelarle il nome del colpevole. Adirata per l’accaduto, Demetra decise di non ritornare mai

più in cielo e di restare sulla terra, abdicando ai suoi compiti divini finché non le fosse stata

restituita la figlia. Assunse quindi l’aspetto di una vecchia e si recò ad Eleusi. Dapprima

sedette su una pietra che prese il nome di Pietra senza Gioia, poi si recò presso il re Celeo,

che in quel tempo regnava sul paese. La dea passò poi al servizio di Metanira, moglie di

Celeo, come nutrice. Il piccolo che le venne affidato era Trittolemo. Demetra cercò di

renderlo immortale ma non vi riuscì a causa dell’intervento inopportuno della madre, e, dopo

essersi rivelata, la dea regalò al piccolo il primo chicco di grano, allora sconosciuto ai mortali,

e gli affidò la missione di diffondere nel mondo la coltivazione del grano. Si ricollegano vari

episodi alle peregrinazioni di Demetra: a Sicione si attribuiva alla dea l’invenzione del

mulino, che ella stessa avrebbe insegnato ad usare agli abitanti; altrove introdusse la

coltivazione dei legumi, in particolare della fava, o dei frutti, come il fico.

Però l’esilio volontario di Demetra stava rendendo la terra sterile e l’ordine del mondo

rischiava di essere compromesso. Zeus ordinò, quindi, ad Hermes di scendere nell’Oltretomba

e di riportare Persefone sulla terra, per farla riunire alla madre. Ma ciò non era più possibile

perché, durante la sua permanenza negli Inferi, Persefone aveva mangiato un chicco di

melograno ed apparteneva a quel mondo per sempre. Fu necessario giungere ad un

compromesso: Demetra avrebbe ripreso il proprio posto tra gli Dei e Persefone avrebbe diviso

l’anno tra sua madre ed il suo sposo. Così, ogni primavera, Persefone fugge dal suo soggiorno

sotterraneo e sale al Cielo, insieme ai primi germogli che spuntano dai solchi, per poi ritornare

nuovamente tra le Ombre al momento della semina. Ma il suolo resta sterile per tutto il tempo

in cui la fanciulla resta separata dalla madre, ed è la stagione invernale. 9

In onore di Demetra e Kore erano celebrati i Misteri Eleusini che sono il più noto dei culti

misterici dell’Antichità, essi debbono il proprio nome alla città di Eleusi, in Attica, e risalgono

al VII secolo a. C. Secondo la tradizione sarebbe stata la stessa Demetra ad ordinare che ad

Eleusi venisse eretto un tempio in onore suo e della figlia e che vi venissero celebrati i misteri

della fertilità. In origine si trattava semplicemente di una festa per il raccolto, legata al ciclo

delle stagioni. Nel rito originario, infatti, il momento più importante era costituito dalla

cerimonia durante la quale veniva seppellito un seme di grano in onore di Demetra e di sua

figlia.

Successivamente, quando Eleusi entrò a far parte dello stato ateniese le feste dei Misteri

Eleusini divennero il culto ufficiale dell’intera Lega Ateniese estendendosi poi a tutta la

Grecia. Con la colonizzazione del Mediterraneo occidentale da parte dei Greci, il culto si

diffuse anche nelle colonie. Il culto eleusino venne bandito da un editto dell’imperatore

cristiano Teodosio nel 392 e nel 395 Eleusi venne saccheggiata e distrutta per opera di

Alarico, re dei Visigoti.

I Misteri Eleusini celebravano, appunto, il mito parallelo di Demetra e Persefone, la prima

come donatrice del grano al genere umano, e la seconda dea della fertilità che, come il grano e

gli altri prodotti agricoli, nasce e muore ogni anno uscendo da sotto il suolo e venendovi

risepolta durante la semina.

Il mito di Persefone che muore e rinasce, grazie alle sue potenzialità fortemente simboliche,

finì per assurgere, dall’originaria dimensione essenzialmente agricola, ad archetipo delle

speranze degli uomini in una vita dopo la morte.

All’iniziato veniva infatti data la speranza, una volta disceso nel Regno dei Morti, di poter

rivivere come Persefone, una vita migliore e più ricca. Presupposti per un ritorno alla vita

erano l’integrità morale e la purezza del culto.

I riti eleusini si articolavano in due livelli. Il primo era costituito da una pre-consacrazione,

che si conseguiva con rituali di purificazione. Raggiunta la purificazione (katharsis), l’iniziato

diveniva membro della comunità (mystè), ed a questo punto poteva accedere al secondo

livello che consisteva nella consacrazione definitiva (epopten).

I riti purificatori del primo livello avevano luogo in primavera in occasione dei Piccoli

Misteri, mentre i riti di consacrazione si celebravano in autunno nei Grandi Misteri.

Ai Grandi Misteri erano legate le celebrazioni della stagione autunnale. Le festività erano

precedute da una settimana di preparativi, durante la quale si procedeva a trasferire gli oggetti

di culto da Eleusi ad Atene, mediante una processione guidata da efebi. Il primo giorno delle

feste iniziava con l’invito dell’araldo a tutti i puri affinché prendessero parte ai misteri. Il

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secondo giorno ogni membro della comunità doveva recarsi a purificarsi nelle acque del mare

e procedere, poi, al sacrificio di un maiale. Nel terzo giorno si compivano grandi sacrifici

pubblici e nel quarto aveva logo la purificazione degli ultimi adepti. Il quinto giorno era

caratterizzato dalla grande processione durante la quale gli oggetti sacri venivano

solennemente riportati da Atene ad Eleusi. Il sesto giorno tutti i partecipanti al rito dovevano

trattenersi ad Eleusi ed osservare il digiuno. Nella notte tra il sesto ed il settimo giorno, le

festività raggiungevano il loro culmine. I non iniziati venivano allontanati da un araldo,

mentre gli iniziati accedevano al rituale della loro simbolica rinascita, in forza del quale

avrebbero ottenuto una sorte felice dopo la morte.

Nel corso delle celebrazioni venivano mostrati gli oggetti sacri, tra cui un cesto contenente

un’immagine simbolica del grembo materno di Demetra, che ogni iniziato doveva far scorrere

lungo tutto il proprio corpo. Si recitavano alcune formule misteriche, per poi passare alla

rappresentazione di alcune azioni drammatiche che evocavano il mito delle due dee, il

matrimonio tra gli uomini e la divinità e la nascita di un bambino divino. La cerimonia

notturna si concludeva con un convito rituale in cui gli iniziati si cibavano in comune con

granaglie d’orzo e bevevano il kykeon, un distillato anch’esso a base d’orzo. Il giorno

successivo alla cerimonia, il settimo, era consacrato al riposo, mentre nel’ottavo si svolgeva

un rituale funebre. Al nono giorno ogni pellegrino lasciava il Santuario per far ritorno al

proprio luogo d’origine.

Questi culti misterici si diffusero in quasi tutto il bacino del mediterraneo, accostando le

vicende di Demetra e Persefone a quelle di Cibele ed Attis e, soprattutto, a quelle di Iside ed

Osiride.

In questi miti Demetra, Cibele ed Iside sono principi femminili universali, legati alla terra ed

alla sua fecondità; dee in qualche modo vittoriose sulla morte, paradigmi di una vita oltre la

morte. Soprattutto Iside venne assimilata a Demetra, perché entrambe sono Madri e

presiedono a dei culti Misterici. Entrambe le dee dovettero affrontare l’improvvisa e violenta

separazione da un familiare, ed un lungo, doloroso errare per ritrovarlo.

Erodoto, infatti, narrando delle celebrazioni egizie, parla di un importantissimo tempio

dedicato ad Iside eretto a Naucrati, ed afferma chiaramente che ella è la dea che in lingua

greca viene chiamata Demetra. 11

Un luogo di culto tra polis e chora

La società cirenea è un esempio ben documentato e complesso di mescolanza di popoli,

soprattutto Greci, Libici, Egiziani tolemaici e Romani, realizzato attraverso la fusione sociale

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