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del Cancelliere Vescovile Mons. Carlo Braccini (inviato dal Vescovo
Ubaldi), i corpi furono trasferiti nella seconda fossa.
Per questo oggi i visitatori entrando nel Mausoleo notano due
aiuole (una a destra ed una a sinistra), delimitate da una siepe, che
rappresentano le due fosse.
La dolorosa vicenda di Gubbio s’inquadra in
quel periodo, fondamentale
per il futuro dell’Italia, che si
chiama Resistenza
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INTRODUZIONE
Anche il regista Roberto Rossellini affermò “la memoria è l’unico modo
possibile per vivere nel futuro”: mai come in questo momento tutto ciò
sembra essere così profondamente risuonante nell’interiorità di ognuno
di noi. E’ da qui, da questa considerazione con una doppia valenza sia
individuale che collettiva, che prende il via il mio lavoro, un lavoro che
mi ha portato ad approfondire ed a ripercorrere anni importanti, difficili,
che parlano di lotta e sacrificio di libertà ma anche di vendetta.
La storia della Resistenza Italiana è una pagina di storia di cui
resta, a distanza di anni, la memoria dei partigiani ma anche quella di
tanta letteratura e tanto cinema neorealista che di quelle vicende fu il
narratore privilegiato.
Scrive Calvino ne “Il segreto dei nidi di ragno”: “Le parti tutto a
un tratto si invertivano: da repubblicani diventavano partigiani e
viceversa… da una parte e dall’altra si facevano sparare e si
sparavano…”.
Con la caduta del fascismo il 25 luglio del ’43 l’Italia è
finalmente libera, dopo 20 anni di oppressione.
E’ grande festa in tutto il paese.
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La guerra è finita ma la violenza no, inizia la guerra civile: la resa
dei conti.
“Una voce anonima popolare narrante – continua Calvino – ci
spinse dentro un universo multicolore di storie”. Infatti una forte
tradizione orale fatta di quaderni, diari, fogli clandestini, rappresentò una
fonte inesauribile per chi, tra il ’44 ed il ’47, volle raccontare le vicende
della Resistenza.
La necessità di scrivere di un destino storico comune unì scrittori
di varia origine in un movimento spontaneo, il Neorealismo, così come
aveva unito uomini di provenienza politica ed impostazione ideologica
diverse nella lotta per la conquista della LIBERTA’.
La letteratura ed il cinema in questo periodo si influenzarono
vicendevolmente nella messa a fuoco di certi temi e di certi stati
d’animo.
Raccontandoci di una gente animata da una profonda speranza in
un mondo migliore da costruirsi sulle macchie di un mondo che la guerra
aveva sconvolto.
Come a ricordarci che è sulla profonda fiducia nella solidarietà
degli uomini fra loro il fulcro di qualsiasi spinta rigenerativa sia a livello
sociale che individuale. 5
CAP. I
LA RESISTENZA
La Resistenza è un periodo storico limitato, di appena 19 mesi,
ma talmente importante per la nostra storia che, finita la guerra, per molti
decessi fu essa, sul piano politico, il principale riferimento valoriale al
quale fecero riferimento i vari partiti che governarono l’Italia
repubblicana.
Cronologicamente con la parola Resistenza si indica il periodo
che va dall’8 settembre 1943, quando in seguito alla sbarco degli
Angloamericani in Sicilia e in Campania, il Gen. Castellano, a nome del
Maresciallo Pietro Badoglio, firmò a Cassibile, vicino a Salerno,
l’armistizio, che in pratica era la resa incondizionata del’Italia agli
Alleati, al 25 aprile1945.
Il Maresciallo Pietro Badoglio era stato nominato dal Re Capo
del Governo quando il Gran Consiglio del Fascismo, la notte del 25
luglio 1943, per la prima volta in quasi 21 anni aveva messo in
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minoranza Mussolini: la mattina dopo lo stesso Vittorio Emanuele III
aveva fatto arrestare il Duce e l’aveva fatto condurre a Capo Imperatore,
in un grande albergo sul Gran Sasso.
L’armistizio trasformò in un attimo la Wehrmacht (l’esercito
tedesco) e soprattutto le SS, le sue truppe speciali, da esercito alleato a
esercito occupante: e immediatamente l’Alto Comando occupò tutti gli
snodi vitali della vita politica e militare; cominciarono subito, i furti (di
vettovaglie: ne avevano bisogno mentre si ritiravano vero il nord), le
rappresaglie che prevedevano per ogni soldato tedesco ucciso la
fucilazione di un certo numero di civili italiani, le violenze gratuite,
come qui da noi l’uccisione di un contadino e di sua figlia di 17 anni, a
S. Angelo dopo Serra: il sottufficiale che sparò si giustificò dicendo che
durante la I guerra mondiale un soldato italiano aveva ucciso al fronte
suo padre.
Da Capo Imperatore ben presto l’aviazione tedesca liberò il Duce,
portandolo prima a Berlino (a prendere istruzioni dal suo ex “allievo”
Hitler), poi a Salò, sul Lago di Garda, dove Mussolini installò il suo
nuovo governo, dichiarò decaduta la monarchia (che intanto con tutta la
corte era fuggita a Brindisi, sotto la protezione degli Alleati) e proclamò
la RSI, la Repubblica Sociale Italiana.
Da quel momento ‘Italia fu insanguinata da una feroce guerra civile: le
bande partigiane che si auto/ organizzarono da un parte, i
“Repubblichini” dall’altra: vecchi gerarchi fascisti che avevano tropi
delitti sulla coscienza, ma anche gruppi di giovani idealisti e generosi,
che in buona fede avevano giudicato l’armistizio con gli Angloamericani
come un tradimento nei confronti dell’alleato tedesco.
Dal punto vista valoriale, la Resistenza fu espressione di una
nazione intera che, soprattutto tramite l’impegno e il sacrificio dei suoi
figli migliori,
volle riscattarsi dall’esperienza del ventennio fascista,
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volle difendersi dai Tedeschi aggressori.
Furono circa 300.000 gli uomini armati che svolsero attività di
guerriglia e, dove possibile, di controllo del territorio che andavano
liberando dai fascisti.
Fino a quel momento, il fascismo aveva avuto solo oppositori
isolati, intellettuali che organizzarono per quel poco che poterono,
l’antifascismo clandestino degli anni Trenta; ma da quando era scoppiata
la guerra (giugno 1940), dietro la retorica di cartapesta che il Duce aveva
versato a fiumi sulla testa degli Italiani, erano gradatamente emerse le
magagne del regime fascista, prima fra tutte la bugia delle “Otto milioni
di baionette” che dell’esercito italiano avrebbero fatto una realtà
invincibile, e invece l’esercito male fornito, mal preparato e mal guidato
aveva cominciato a collezionare una sconfitta dopo l’altra.
Ovunque l’opposizione al fascismo si consolidò e si strutturò, a
partire già dal 1942.
Ben prima dell’armistizio, una serie di scioperi massicci paralizzò
le fabbriche del Nord tra l’aprile e il marzo del 1943; promotori ne
furono soprattutto i membri del risorto Partito Comunista Italiano. In
concomitanza con gli scioperi del marzo 1943 i comunisti avevano
avviato un’attività clandestina intensa e capillare e stabilito contatti con
gli altri partiti; da questi contatti, immediatamente dopo il 25 luglio
1943, nacque il Comitato di Liberazione: comunisti, socialisti, cattolici,
liberali e uomini del piccolo ma vivacissimo Partito d’Azione uscirono
dalla clandestinità riprendendo le attività politiche interrotte dal
ventennio di dittatura.
La Resistenza al nazifascismo si organizzò come resistenza
armata dopo l’armistizio dell’8 settembre, quando dalle fila dell’esercito
lasciato allo sbando uscirono i primi gruppi di volontari combattenti,
reclutati dalle nascenti formazioni partigiane.
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Il CLN fu lo strumento politico della guerra partigiana, le cui
prime azioni furono messe a segno nell’inverno 1943-44 nel territorio
alle spalle delle linee tedesche.
La Resistenza si sviluppò sostanzialmente nell’Italia del Nord; lì i
comunisti organizzarono le Brigate Garibaldi, gli azionisti le Brigate di
Giustizia e Libertà, i socialisti le Brigate Matteotti. Scesero in campo
anche altre formazioni, di minore impatto e di diversa impronta
ideologica: cattolica, liberale, nazionalista e addirittura monarchica.
Molto minore l’operatività della Resistenza armata nell’Italia
centrale. Nella nostra zona la Resistenza operò la “Squadra Monte
Cucco”, un gruppo di sei partigiani che poi, al comando del maggiore
Cherubini, diverranno abbastanza numerosi da svolgere rilevanti azioni
di sabotaggio e di azione armata contro i nazifascisti, fino al luglio del
1944 , poi consegnerà le armi agli Alleati. A Gubbio il G.A.P. (Gruppo di
Azione Partigiana) si costituì solo il 20 febbraio 1944, ma riuscì a
garantire con i suoi 20 uomini un servizio prezioso, sul piano dell’attività
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di assistenza ed imboscamento di profughi, disertori, sbandati, nonché
del collegamento e del vettovagliamento, alla Brigata S. Faustino, che fu
di gran lunga la più consistente organizzazione partigiana dell’Umbria,
operando tra Pietralunga e Città di Castello.
La minore operatività della Resistenza armata nell’Italia centrale
va collegata ad una questione di tempo: i Tedeschi che in un primo tempo
si erano attestati sulla cosiddetta Linea Gustav, una linea ideale che
andava dalle foci del Volturno, sul Tirreno, fino a Termoli, sul litorale
Adriatico, in inverno decisero di attestarsi più a nord, lungo la Linea
Gotica, una linea ideale che seguiva il crinale dell’ Appennino
ligure/emiliano, da La Spezia a Rimini
Per questi stessi motivi la Resistenza fu quasi assente nell’Italia
meridionale, che nell’ottobre del 1943 era già stata occupata dalle forze
angloamericane.
1 Cfr. AA.VV., Antifascismo e resistenza nella provincia di Perugia (documenti e
testimonianze) – Edizioni …. 9
L’unità operativa che i diversi gruppi della Resistenza italiana
riuscirono, seppure imperfettamente, a conseguire sul piano militare non
ebbe riscontro in un’analoga unità d’azione politica. Gli obiettivi finali
per i quali era giustificata la lotta di liberazione apparivano assai
divergenti a seconda delle appartenenze partitiche: tali divergenze erano
presenti tra le stesse forze di sinistra. Il Partito d’azione, il Partito
comunista e il Partito socialista rifiutavano l’idea che lo scopo della
guerra partigiana fosse quello di ripristinare lo stato liberale prefascista;
poi però, sulla base di questa comune premessa, questi partiti differivano
tra di loro sui contenuti e le modalità della struttura del nuovo stato
democratico per il quale si battevano. Gli azionisti ritenevano che fosse
necessario attribuire alle organizzazioni partigiane un ruolo rilevante
nella costruzione di una nuova democrazia, dai contenuti sociali più
avanzati di quelli del vecchio stato monarchico; per i comunisti e i
socialisti, invece, i CLN dovevano esaurire la loro funzione in ambito
militare, lasciando ai partiti il compito di promuovere le future forme
politiche e istituzionali.
Altrettanto differenti erano le motivazioni ideologiche che
circolavano tra i partigiani. Molti di quelli che militavano nelle
formazioni di sinistra, spinti da una forte carica ideologica, pensavano
che la guerra di liberazione dovesse sfociare in un cambiamento radicale
della società. Tale cambiamento per i comunisti coincideva con la
rivoluzione sociale, per gli azionisti con l’instaurazione di una
democrazia avanzata, libera dai compromessi e dalle debolezze che nel
1922 avevano portato alla vittoria del fascismo. La caduta della
monarchia avrebbe dovuto rappresentare la premessa obbligata di
qualsiasi rinnovamento futuro. La monarchia continuava invece a
riscuotere consensi tra i partigiani democratico-cristiani, liberali e
autonomi, oltre che tra i soldati e gli ufficiali delle forze dell’esercito
che, non avendo aderito alla Repubblica di Salò, avevano scelto di
partecipare alla Resistenza. Inoltre il modello dello stato prefascista
appariva tutt’altro che accantonato.
10 I partigiani del
Nord operarono
prevalentemente nelle
montagne e nelle
campagne, ma la loro
azione si saldò anche agli
Foto 3 Partigiani nelle cave di imponenti scioperi operai
marmo
che nel marzo del 1944 paralizzarono le maggiori città industriali
(Torino, Milano, Genova). Nelle fabbriche e nelle città, soprattutto per
opera dei militanti comunisti clandestini, si organizzarono nuclei
partigiani denominati GAP (Gruppi d’azione patriottica), formati