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Il sud tra gioie e 5

dolori

della classe terriera,e dall’altra parte quest’ultima,scadendo d’importanza e

prestigio,avrebbe dovuto modificare la sua mentalità e struttura. Ma questo

processo nel Mezzogiorno o non si è proprio prodotto o,se si è prodotto,ha

avuto insufficiente sviluppo,com’è dimostrato dal fatto che sostanzialmente

tutto il Mezzogiorno è ancora soggetto al blocco agrario.

ITALIANO

da “I Malavoglia” ,G.Verga,cap.IX

Una vecchia andava strillando per la piazza, e si strappava i capelli, quasi le avessero portato la

malanuova; e davanti alla bottega di Pizzuto c'era folla come quando casca un asino sotto il

carro, e tutti si affollano a vedere cos'è stato, talché anche le donnicciuole guardavano da

lontano colla bocca aperta, senza osare d'accostarsi.

- Io, per me, vado a vedere cos'è successo; disse Piedipapera, e scese dal muro adagio adagio.

In quel crocchio, invece dell'asino caduto, c'erano due soldati di

marina, col sacco in spalla e le teste fasciate, che tornavano in

congedo. Intanto si erano fermati dal barbiere a farsi dare un

bicchierino d'erbabianca. Raccontavano che si era combattuta una

gran battaglia di mare, e si erano annegati dei bastimenti grandi

come Aci Trezza, carichi zeppi di soldati; insomma un mondo di cose

che parevano quelli che raccontavano la storia d'Orlando e dei

paladini di Francia alla Marina di Catania, e la gente stava ad

ascoltare colle orecchie tese, fitta come le mosche.

Re d'Italia,

- Il figlio di Maruzza la Longa ci era anche lui sul osservò

don Silvestro, il quale si era accostato per sentire.

- Ora vado a dirlo a mia moglie! saltò su mastro turi Zuppiddu, così si

persuaderà ad andarci da comare Maruzza, ché i musi lunghi non mi

piacciono fra vicini ed amici.

Ma intanto la Longa non ne sapeva nulla, poveraccia! e rideva ed era in festa coi parenti e gli

amici. Il soldato non finiva di chiacchierare con quelli che volevano ascoltarlo, giocando colle

braccia come un predicatore. - Sì, c'erano anche dei siciliani; ce n'erano di tutti i paesi. Del

scìa vossìa,

resto, sapete, quando suona la generale nelle batterie, non si sente più né né e le

carabine le fanno parlar tutte allo stesso modo. Bravi giovanotti tutti! e con del fegato sotto la

camicia. Sentite, quando si è visto quello che hanno veduto questi occhi, e come ci stavano

quei ragazzi a fare il loro dovere, per la madonna! questo cappello qui lo si può portare

sull'orecchio. Il sud tra gioie e 6

dolori

Il giovanotto aveva gli occhi lustri, ma diceva che non era nulla, ed era perché aveva bevuto. -

Re d'Italia,

Si chiamava il un bastimento come non ce neerano altri, colla corazza, vuol dire

come chi dicesse voi altre donne che avete il busto, e questo busto fosse di ferro, che

potrebbero spararvi addosso una cannonata senza farvi nulla. E andato a fondo in un momento,

e non l'abbiamo visto più, in mezzo al fumo, un fumo come se ci fossero state venti fornaci di

mattone, lo sapete?

- A Catania cera una casa del diavolo! aggiunse lo speziale.

- La gente si affollava attorno a quelli che leggevano i giornali, che pareva una festa.

- I giornali son tutte menzogne stampate! sentenziò don Giammaria.

- Dicono che è stato un brutto affare; abbiamo perso una gran battaglia, disse don Silvestro.

Padron Cipolla era accorso anche lui a vedere cos'era quella folla.

- Voi ci credete? sogghignò egli alfine. Son chiacchiere per chiappare il soldo del giornale.

- Se lo dicono tutti che abbiamo perso!

- Che cosa? disse lo zio Crocifisso mettendosi una mano dietro l'orecchio.

- Una battaglia.

- Chi l'ha persa?

- Io, voi, tutti insomma, l’Italia; disse lo speziale.

- Io non ho perso nulla! rispose Campana di legno stringendosi nelle spalle; adesso è affare di

compare Piedipapera e ci penserà lui; e guardava la casa del nespolo, dove facevano baldoria.

- Sapete com'è? conchiuse padron Cipolla, è come quando il Comune di Aci Trezza litigava pel

territorio col Comune di Aci Castello. Cosa ve n'entrava in tasca, a voi e a me?

- Ve n'entra! esclamò lo speziale tutto rosso. Ve n'entra... che siete tante bestie!...

- Il guaio è per tante povere mamme! s'arrischiò a dire qualcheduno; lo zio Crocifisso che non

era mamma alzò le spalle.

- Ve lo dico io in due parole comè; raccontava intanto l’altro soldato. E come all'osteria, allorché

ci si scalda la testa, e volano i piatti e i bicchieri in mezzo al fumo ed alle grida. L'avete visto?

Tale e quale! Dapprincipio, quando state sull'impagliettatura colla carabina in pugno, in quel

gran silenzio, non sentite altro che il rumore della macchina, e vi pare che quel punf! punf! ve

lo facciano dentro lo stomaco: null'altro. Poi, alla prima cannonata, e come incomincia il

parapiglia, vi vien voglia di ballare anche voi, che non vi terrebbero le catene, come quando

suona il violino all'osteria, dopo che avete mangiato e bevuto, e allungate la carabina

dappertutto dove vedete un po di cristiano, in mezzo al fumo. In terra è tutt'altra cosa. Un

bersagliere che tornava con noi a Messina ci diceva che non si può stare al pinf panf delle

fucilate senza sentirsi pizzicar le gambe dalla voglia di buttarsi avanti a testa bassa. Ma i

bersaglieri non sono marinari, e non sanno come si fa a stare nel sartiame col piede fermo sulla

corda e la mano sicura al grilletto, malgrado il rollìo del bastimento, e mentre i compagni vi

fioccano d'attorno come pere fradicie.

- Per la madonna! esclamò Rocco Spatu. Avrei voluto esserci anch'io a far quattro pugni.

Il sud tra gioie e 7

dolori

Tutti gli altri stavano ad ascoltare con tanto docchi aperti. L'altro giovanotto poi raccontò pure

Palestro,

in qual modo era saltata in aria la - la quale ardeva come una catasta di legna,

quando ci passò vicino, e le fiamme salivano alte sino alla penna di trinchetto. Tutti al loro

posto però, quei ragazzi, nelle batterie o sul bastingaggio. Il nostro comandante domandò se

avevano bisogno di nulla. - No, grazie tante, risposero. Poi passò a babordo e non si vide più.

- Questa di morire arrostito non mi piacerebbe, conchiuse Spatu; ma pei pugni ci sto. E la

Santuzza come tornò all'osteria, gli disse: - Chiamateli qua, quei poveretti, che devono aver

sete, dopo tanta strada che hanno fatto, e ci vuole un bicchiere di vino schietto. Quel Pizzuto

avvelena la gente colla sua erbabianca, e non va a confessarsene. Certuni la coscienza l'hanno

dietro le spalle, poveretti loro!

- A me mi sembrano tanti pazzi costoro! diceva padron Cipolla, soffiandosi il naso adagio

adagio. che vi fareste ammazzare voi quando il re vi dicesse: fatti ammazzare per conto mio?

- Poveracci, non ci hanno colpa! osservava don Silvestro. Devono farlo per forza, perché dietro

ogni soldato ci sta un caporale col fucile carico, e non ha a far altro che star a vedere se il

soldato vuole scappare, e se il soldato vuol scappare il caporale gli tira addosso peggio di un

beccafico.

- Ah! così va bene! Ma è una bricconata bell'e buona!

Da “Il giorno della civetta”,L.Sciascia.

“E ciò discendeva dal fatto, pensava il capitano, che la famiglia è l'unico istituto

veramente vivo nella coscienza del siciliano: ma vivo più come drammatico nodo

contrattuale, giuridico, che come aggregato naturale e sentimentale. La famiglia è lo

Stato del siciliano. Lo Stato, quello che per noi è lo Stato, è fuori: entità di fatto

realizzata dalla forza; e impone le tasse, il servizio militare, le guerre, il carabiniere.

Dentro quell'istituto che è la famiglia, il siciliano valica il confine della propria naturale

e tragica solitudine e si adatta, come in una sofisticata contrattualità di rapporti, alla

convivenza. Sarebbe troppo chiedergli di valicare il confine tra la famiglia e lo Stato.

Magari si infiammerà dell'idea dello Stato o salirà a dirigerne il governo: ma la forma

precisa e definitiva del suo diritto e del suo dovere sarà la famiglia, che consente più

breve il passo verso la vittoriosa solitudine.”

“"Forse tutta l'Italia va diventando Sicilia… A me è venuta una fantasia, leggendo sui

giornali gli scandali di quel governo regionale: gli scienziati dicono che la linea della

palma, cioè il clima che è propizio alla vegetazione della palma, viene su, verso nord,

di cinquecento metri, mi pare, ogni anno… La linea della palma… Io invece dico: la

linea del caffè ristretto, del caffè concentrato… E sale come l'ago di mercurio di un

termometro, questa linea della palma, del caffè forte, degli scandali: su su per l'Italia,

ed è già oltre Roma…"

Da “Cristo si è fermato ad Eboli”,C.Levi. Il sud tra gioie e 8

dolori

Sono passati molti anni, pieni di guerra, e di quello che si usa chiamare la Storia.

Spinto qua e là alla ventura, non ho potuto finora mantenere la promessa fatta,

lasciandoli, ai miei contadini, di tornare fra loro, e non so davvero se e quando potrò

mai mantenerla. Ma, chiuso in una stanza, e in un mondo chiuso, mi è grato riandare

con la memoria a quell'altro mondo, serrato nel dolore e negli usi, negato alla Storia e

allo Stato, eternamente paziente; a quella mia terra senza conforto e dolcezza, dove il

contadino vive, nella miseria e nella lontananza, la sua immobile civiltà, su un suolo

arido, nella presenza della morte.

– Noi non siamo cristiani, – essi dicono, –

Cristo si è fermato a Eboli –. Cristiano vuol

dire, nel loro linguaggio, uomo: e la frase

proverbiale che ho sentito tante volte ripetere,

nelle loro bocche non è forse nulla piú che

l'espressione di uno sconsolato complesso di

inferiorità. Noi non siamo cristiani, non siamo

uomini, non siamo considerati come uomini,

ma bestie, bestie da soma, e ancora meno che

le bestie, i fruschi, i frusculicchi, che vivono la

loro libera vita diabolica o angelica, perché noi

dobbiamo invece subire il mondo dei cristiani,

che sono di là dall'orizzonte, e sopportarne il peso e il confronto. Ma la frase ha un

senso molto piú profondo, che, come sempre, nei modi simbolici, è quello letterale.

Cristo si è davvero fermato a Eboli, dove la strada e il treno abbandonano la costa di

Salerno e il mare, e si addentrano nelle desolate terre di Lucania. Cristo non è mai

arrivato qui, né vi è arrivato il tempo, né l'anima individuale, né la speranza, né il

legame tra le cause e gli effetti, la ragione e la Storia. Cristo non è arrivato, come non

erano arrivati i romani, che presidiavano le grandi strade e non entravano fra i monti e

nelle foreste, né i greci, che fiorivano sul mare di Metaponto e di Sibari: nessuno degli

arditi uomini di occidente ha portato quaggiú il suo senso del tempo che si muove, né

la sua teocrazia statale, né la sua perenne attività che cresce su se stessa. Nessuno ha

toccato questa terra se non come un conquistatore o un nemico o un visitatore

incomprensivo. Le stagioni scorrono sulla fatica contadina, oggi come tremila anni

prima di Cristo: nessun messaggio umano o divino si è rivolto a questa povertà

refrattaria. Parliamo un diverso linguaggio: la nostra lingua è qui incomprensibile. I

grandi viaggiatori non sono andati di là dai confini del proprio mondo; e hanno

percorso i sentieri della propria anima e quelli del bene e del male, della moralità e

della redenzione. Cristo è sceso nell'inferno sotterraneo del moralismo ebraico per

romperne le porte nel tempo e sigillarle nell'eternità. Ma in questa terra oscura, senza

peccato e senza redenzione, dove il male non è morale, ma è un dolore terrestre, che

sta per sempre nelle cose, Cristo non è disceso. Cristo si è fermato a Eboli.

Da “Napoli Milionaria”,E.De Filippo.

“ O mariuolo napoletano” Il sud tra gioie e 9

dolori

Gennaro Nun s'addeventa mariuolo pe' via d' 'a guerra. Mo qualunque cosa damme

colpa 'a guerra. Mariuolo se nasce. E nun se po' dicere ca 'o mariuolo è napulitano. O

pure romano. Milanese. Inglese. Francese. Tedesco. Americano... 'O mariuolo è

mariuolo sulamente. Nun tene mamma, nun tene pato, nun tene famiglia. Nun tene

nazionalità. E nun trova posto dint' 'o paese nuosto. Tant'è vero ca primma d' 'a

guerra, 'e mariuole pe' fa' furtuna attraversavano 'o mare...

Amedeo (non insospettito, ma perplesso) E

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