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La lotta fra Stalin e Trotskij durò fino al 1928 e Stalin ne uscì vincitore,
grazie soprattutto all’appoggio dell’organizzazione del partito che egli aveva
enormemente potenziata. Nel ’29 Trotskij fu espulso dall’Unione Sovietica. Dopo
la sua sconfitta ogni opposizione interna venne distrutta e Stalin lanciò il massimo
sforzo per la rapida trasformazione dell’URSS in un potente Stato industriale.
Questo progetto comportava due aspetti distinti ma strettamente legati: la
collettivizzazione dell’agricoltura e la pianificazione industriale.
La nuova politica economica aveva favorito, come si è visto, la crescita di una
classe di contadini ricchi (kulaki). Nel 1927-28 Stalin e il partito decisero di
distruggere l’esistenza, economica e fisica, della classe dei kulaki. Per assicurare il
regolare afflusso a buon mercato dei beni agricoli sui mercati cittadini la
produzione delle campagne doveva essere organizzata in modo collettivo,
attraverso grandi cooperative (i kolchoz). Alla fine di questo tremendo periodo, per
la prima volta nella storia, l’agricoltura di un grande Paese era stata radicalmente
trasformata.
Poteva così prendere il via l’impresa più importante e più ambiziosa di Stalin:
la pianificazione della produzione e la trasformazione dell’URSS in una grande
potenza industriale. Nel ’29 fu dunque lanciato il primo piano quinquennale: esso
regolava minutamente tutto lo sviluppo della produzione sovietica fino al 1933. La
realizzazione di questo piano mobilitò tutte le energie del Paese. Alla fine le
enormi difficoltà furono superate e il piano venne portato a termine con successo.
La produzione industriale era raddoppiata, erano sorte grandi centrali elettriche,
enormi fabbriche per la produzione di acciaio e impianti industriali; l’Unione
Sovietica si era dotata di quell’industria pesante che avrebbe servito da base per i
suoi futuri sviluppi.
Il successo del piano quinquennale, proprio mentre il mondo capitalistico era
scosso da una profonda crisi economica, aumentò all’interno e all’estero il
prestigio sovietico e consolidò la dittatura di Stalin. Egli era ora l’unico e assoluto
11
capo della Russia. Ai suoi ordini, il partito e lo Stato lavoravano duramente per
portare avanti la trasformazione dell’Unione Sovietica in una grande potenza
industriale e militare. In vent’anni, dal 1917 al 1937, la Russia aveva compiuto una
trasformazione che in altre circostanze avrebbe richiesto secoli. Non esisteva più la
proprietà privata della terra, delle fabbriche e degli altri mezzi di produzione.
L’utile che lo Stato ricavava dalle sue industrie erano destinati in parte a coprire le
spese di funzionamento dello Stato stesso e nuovamente investiti nello sviluppo
industriale, in parte divisi fra i lavoratori sottoforma di stipendi e servizi sociali.
Il livello della società sovietica era ancora basso, ma erano spariti fame,
miseria e analfabetismo. Il rovescio della medaglia era costituito dalla limitazione
delle libertà politiche e sindacali. La dittatura di Stalin veniva esercitata in nome
degli interessi dei lavoratori e del popolo russo, ma i lavoratori e il popolo non
avevano nessun mezzo per influire sulle sue decisioni politiche. Alla fine del
secondo conflitto mondiale, il popolo russo era comunque deciso a difendere fino
in fondo sia la patria minacciata di aggressione, sia le conquiste sociali nate dalla
rivoluzione: da questo punto di vista, esso era davvero stretto intorno a Stalin e al
partito comunista. 12
Giovanni Pascoli
« Il poeta è poeta, non oratore o predicatore, non filosofo, non istorico, non
maestro, non tribuno o demagogo, non uomo di stato o di corte. E nemmeno è, sia
con pace del maestro Giosuè Carducci, un artiere che foggi spada e scudi e vomeri;
e nemmeno, con pace di tanti altri, un artista che nielli e ceselli l'oro che altri gli
porga. A costituire il poeta vale infinitamente più il suo sentimento e la sua visione,
che il modo col quale agli altri trasmette l'uno e l'altra [...] »
(G. Pascoli - da Il fanciullino)
Giovanni Placido Agostino Pascoli (San Mauro
di Romagna, 31 dicembre 1855 – Bologna, 6 aprile
1912) è stato un poeta italiano, una delle figure
maggiori della letteratura italiana di fine Ottocento. 13
La poesia di Pascoli è caratterizzata da una metrica formale con versi
endecasillabi, sonetti e terzine coordinati con musicale semplicità. Egli ha saputo
rinnovare la poesia nei suoi contenuti, grazie alla sua poetica è stato capace di
trasmettere il piacere delle cose più semplici, viste con la sensibilità infantile che
ogni uomo porta dentro di sé.
Pascoli era un personaggio malinconico, rassegnato alle sofferenze della vita e
alle ingiustizie della società., secondo lui, il poeta, di fronte al dolore e al male che
dominano sulla Terra, recupera il valore etico della sofferenza che riscatta gli umili
e gli infelici, capaci di perdonare i propri persecutori.
Anni giovanili
Giovanni Pascoli nacque il 31 dicembre 1855 a San Mauro di Romagna, in
una famiglia benestante, quarto dei dieci figli .
Il 10 agosto 1867 il padre Ruggero venne assassinato con una fucilata mentre
sul proprio calesse tornava a casa da Cesena, e le ragioni del delitto rimasero per
sempre oscure, nonostante la famiglia avesse forti sospetti sull'identità
dell'assassino, come traspare nella poesia La cavallina storna.
Il trauma lasciò segni profondi nella vita di Pascoli. La famiglia cominciò
dapprima a perdere il proprio status economico e poi a subire una serie di altri lutti,
disgregandosi: l'anno successivo morirono la madre e la sorella Margherita, nel
1871 il fratello Luigi e nel 1876 il fratello maggiore Giacomo.
I primi studi
Nel 1871, all'età di 16 anni si trasferì a Rimini e terminò infine gli studi liceali
a Firenze. 14
L'università e l'impegno politico
Pascoli si iscrisse all'Università di Bologna, dove ebbe come docente il poeta
Giosuè Carducci.
Avvicinatosi ai socialisti cominciò a tenere comizi a Forlì e a Cesena. Ciò lo
portò a quello che si può definire il punto di rottura: la detenzione nel carcere in
seguito a una retata dei Carabinieri.
L'isolamento lo costrinse a riflettere su di sé. È da qui che cominciò quella
che la critica storica ha registrato come la regressione infantile di Pascoli.
La docenza
Dopo la laurea, conseguita nel 1882, Pascoli intraprese la carriera di
insegnante di latino e greco nei licei di Matera e di Massa.
Dal 1887 al 1895 iniziò la collaborazione con la rivista Vita nuova, su cui
uscirono le prime poesie di Myricae.
Vinse inoltre per ben tredici volte la medaglia d'oro al Concorso di poesia
latina di Amsterdam.
Nel 1894 fu chiamato a Roma per
collaborare con il Ministero della pubblica
istruzione ed ebbe modo di conoscere e
frequentare Gabriele D'Annunzio.
Il "nido" di Castelvecchio
Costretto dalla sua professione di docente
universitario a lavorare in città egli non si 15
radicò mai in esse, preoccupandosi sempre di garantirsi una "via di fuga" verso il
proprio mondo di origine, quello agreste.
Nel 1895 si trasferì con la sorella Maria nella casa di Caprona, colle di
Castelvecchio, Per preservare quello che pareva essere un "nido familiare", Pascoli
addirittura annullò l'imminente matrimonio con la cugina, e mai accettò il
matrimonio della sorella Ida, che considerò come tradimento.
Gli ultimi anni
Dal 1897 al 1903 insegna latino all'Università di Messina,
Nel 1905 assume la cattedra di letteratura italiana all'Università di Bologna
succedendo a Carducci.
Nel novembre 1911 pronuncia
il celebre discorso a favore
dell'imperialismo La grande
Proletaria si è mossa.
Nel 1912, già malato di cirrosi
epatica (a causa dell'abuso di alcool)
muore a causa di un cancro al fegato
a Bologna. Viene sepolto nella sua
dimora di Castelvecchio di Barga.
Il profilo letterario: la sua rivoluzione poetica 16
L'esperienza poetica pascoliana si inserisce, nel panorama del decadentismo
europeo: essa affonda le radici in una visione profondamente pessimistica della
vita. Il mondo circostante appare all'autore come un insieme misterioso e
indecifrabile,nel quale l'uomo è costretto a muoversi, dovendo fare i conti anche
con l'egoismo e la malvagità dei propri simili. Secondo Pascoli, la poesia non è un
una "invenzione" ma il disvelamento di ciò che è nelle cose, anche in quelle più
semplici della vita di ogni giorno. Pascoli mette in discussione l'idea secondo cui
la poesia avrebbe potuto e dovuto cantare solo argomenti nobili ed elevati quali
l'amore, le armi e la virtù: inoltre, aprendo le porte alla poetica delle "piccole
cose", aprì anche la lingua alla poesia delle "piccole parole", e completò
l'avvicinamento del linguaggio poetico a quello della prosa.
La poesia come "mondo" che protegge dal mondo
Per Pascoli la poesia ha natura irrazionale e
con essa si può giungere alla verità di tutte le cose;
il poeta deve essere un poeta-fanciullo che arriva a
questa verità mediante l'irrazionalità e l'intuizione.
La poesia irrazionale è una poesia di svelamento o
di scoperta e non di invenzione. I motivi principali
di questa poesia devono essere "umili cose": cose
della vita quotidiana, cose modeste o fa miliari. la
sua opera più significativa è rappresentata dai
volumi poetici che comprendono le raccolte di
Myricae e dei Canti di Castelvecchio (1903). Il
"mondo" di Pascoli è tutto lì: la natura come luogo dell'anima dal quale
contemplare la morte come ricordo dei lutti privati.
Il poeta e l' "io fanciullino" 17
Uno dei tratti salienti per i quali Pascoli è passato alla storia della letteratura è
la cosiddetta poetica del fanciullino, da lui stesso così bene esplicitata nello scritto
omonimo. Si tratta di un testo di 20 capitoli, in cui si svolge il dialogo fra il poeta e
la sua anima di fanciullino, simbolo:
dei margini di purezza e candore, che sopravvivono nell'uomo adulto;
della poesia e delle potenzialità latenti di scrittura poetica nel fondo
dell'animo umano.
Caratteristiche del fanciullino:
"Rimane piccolo anche quando noi ingrossiamo e arrugginiamo”.
"Piange e ride senza un perché di cose".
Guarda tutte le cose con stupore e con meraviglia, non coglie i rapporti
logici di causa- effetto, ma INTUISCE.
"Scopre nelle cose le relazioni più ingegnose".
Riempie ogni oggetto della propria immaginazione e dei propri ricordi
(soggettivazione), trasformandolo in simbolo.
Il poeta allora:
Possiede una sensibilità speciale.
Comunica verità latenti agli uomini.
Deve saper combinare il talento della fanciullezza (saper vedere), con quello
della vecchiaia (saper dire);
Coglie l'essenza delle cose e non la loro apparenza fenomenica.
La poesia, quindi, è tale solo quando riesce a parlare con la voce del fanciullo
ed il poeta si impone la rinuncia a parlare di se stesso. Pascoli rifiuta: 18
il Classicismo, che si qualifica per la centralità ed unicità del punto di vista
del poeta, che narra la sua opera ed esprime la proprie sensazioni.
il Romanticismo, dove il poeta fa di se stesso, dei suoi sentimenti e della sua
vita, poesia.
Opere
Myricae
Il libro Myricae, è una delle raccolte di poesie più amate del Pascoli. Il titolo
riprende una citazione di Virgilio all'inizio della IV Bucolica in cui il poeta latino
proclama di innalzare il tono poetico poiché " non a tutti piacciono gli arbusti e le
umili tamerici". Pascoli invece propone "quadretti" di vita campestre in cui
vengono evidenziati particolari, colori, luci, suoni i quali hanno natura ignota e
misteriosa. Nel 1891, il libro raccoglieva soltanto 22. Nel 1903, la raccolta
definitiva comprendeva 156 liriche del poeta. Le myricae, le umili tamerici,
diventano un simbolo delle tematiche del Pascoli ed evocano riflessioni profonde.
La produzione latina
Giovanni Pascoli fu anche autore di poesie in lingua latina e con esse vinse
per ben tredici volte il Certamen Hoeufftianum, un prestigioso concorso di poesia
latina che annualmente si teneva ad Amsterdam. La produzione latina accompagnò
il poeta per tutta la sua vita. 19
I sistemi operativi
In un periodo tra il 1945 e il
1955 gli elaboratori elettronici