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• Storia: Unità d’Italia-Garibaldi
• Geografia: Brasile
• Tecnologia: Effetto serra -Inquinamento Atmosferico
• Scienze: Genetica
• Ed. Fisica: Maratona
• Musica: Verdi
• Inglese: Romantic Novel
• Francese: Libertè, Paul Eluard
• Arte: Romanticismo-Bacio, F.Hayez
due opere antecedenti, si può considerare il Nabucco, l’inizio dell’ascesa
artistica di Verdi. Fu sostenitore dei moti risorgimentali: durante
l’occupazione austriaca la scritta “Viva V.E.R.D.I”, era letta come
Viva V ittorio E manuele R
e d ' I talia". Il Paese lo volle membro del primo
parlamento del Regno d’Italia e partecipò attivamente alla vita pubblica
del suo tempo.
Lui suddivise le sue produzioni in tre fasi:
I Lombardi della prima crociata,Nabucco Oberto conte
la gioventù (con: e
di San Bonifacio
Nella prima fase,cioè nelle opere giovanili, la musica è legata alla
tradizione perché in esse prevalgono le scene corali e i temi di carattere
storico-politico.
(con:Il trovatore,La traviata Rigoletto).
la maturità e
Egli dedica un’attenzione particolare al ritratto psicologico dei
protagonisti delle sue opere;per questo motivo rompe gli schemi
tradizionali del melodramma e cerca una maggiore aderenza della musica
alla situazione rappresentata.
(con:Aida,Falstaff Otello).
La vecchiaia e
Nella terza e ultima fase la sua riforma tocca il culmine:la tradizionale
distinzione tra arie(cioè momenti lirici,melodici e cantabili) e recitativi(cioè
momenti in cui la linea melodica si avvicina molto al parlato) è
completamente abbandonata.
Morì a Milano in albergo dove soleva trascorrere l’inverno, il 27 gennaio 1901.
Sintesi Nabucco:
Gli Ebrei a Gerusalemme si lamentano per il loro destino perché sono stati
sconfitti da Nabucco, il re di Babilonia.
Zaccaria è potenfice di Gerusalemme e cerca di sollevare l’umore degli Ebrei.
Fenena, figlia di Nabucco, viene catturata e Ismaele, nipote del re di
Gerusalemme, la controlla.
Fenena, però, è innamorata di Ismaele e anche lui di lei e cercano di fuggire
insieme. Arriva in quel momento Abigaille, l’altra figlia di Nabucco e anche lei
innamorata di Ismaele, e quando scopre la loro fuga minaccia Fenena.
Fenena diventa governatrice della città di Gerusalemme e si converte
all’ebraismo liberando tutti gli schiavi ebrei. Abigaille entra con la forza in
Gerusalemme con un piccolo esercito. Ma arriva anche Nabucco che riprende la
corona e maledice il Dio degli Ebrei. Appena dice queste parole viene però
fulminato e cade a terra.
Abigaille prende la corona, si dichiara nuova regina e condanna a morte tutti gli
Ebrei.
Nabucco sa che così morirà anche sua figlia Fenena e si converte anche lui
all’ebraismo pregando Dio di aiutarlo. Una parte dell’esercito quando vede che
Nabbuco sta di nuovo bene lo aiuta contro Abigaille.
Nabucco riprende la corona e Abigaille si avvelena chiedendo perdono.
Zaccaria predice che Nabucco governerà su tutti i popoli della terra.
Storia:
Giuseppe Garibaldi
I Per Cavour, l’unità e l’indipendenza d’Italia
L SIMBOLO DEL QUARANTOTTO
dovevano venire da una politica astuta, fatta di negozianti diplomatici e di
accordi militari: una politica che teneva in scarso conto l’opinione pubblica e le
iniziative dal basso. Per Mazzini, invece, l’Italia nuova doveva risultare dal
coinvolgimento diretto e spontaneo delle masse popolari. Agli occhi degli
Italiani interessati alla politica, però, la figura di Mazzini resta quella di un
cospiratore, un carbonaro: era l’uomo dell’ombra, che voleva fare la rivoluzione
attraverso il sacrificio di singoli patrioti. Per rendere il Risorgimento un
movimento autenticamente popolare, ci voleva ben altre delle imprese
mazziniane, che finivano sempre in disastri. Ci voleva Giuseppe Garibaldi.
Egli seppe colpire la fantasia degli Italiani come simbolo del Quarantotto. Era
un trascinatore, un capo militare: era l’uomo della luce, che voleva fare la
rivoluzione portando il popolo a combattere e magari a morire sui campi di
battaglia.
L’“E ” Garibaldi era nato nel 1807 a Nizza, che a
ROE DEI DUE MONDI
quell’epoca era ancora una città ligure. Figlio di un capitano di marina
aveva navigato sin dalla più tenera età in
lungo e in largo per il Mediterraneo. In un
suo viaggio incontrò un ligure che gli fece
conoscere la “Giovine Italia”
(associazione politica istituita da Giuseppe
Mazzini, il cui programma veniva
pubblicato su un periodico al quale fu dato
lo stesso nome. Coloro che vi prendevano
parte utilizzavano come pseudonimo il
nome di personaggi del Medioevo italiano,
e il loro scopo era di trasformare l'Italia in
una repubblica democratica unitaria.)
Così cominciò anche la sua carriera
patriottica. Nel 1833 incontrò Mazzini a
Marsiglia che gli impresse principi
rivoluzionari e lo avviò alle azioni eroiche
(le più importanti furono quelle per i moti
mazziniani della Savoia e di Genova) ma
se ne staccò subito per il diverso modo di concepire il Risorgimento, poiché
amava le idee chiare e oneste. Proprio dopo il non riuscito moto
mazziniano a Genova, egli fu costretto a raggiungere Rio de Janeiro, dove
vi restò per 12 anni. Laggiù aveva fatto di tutto, dal commerciante di grani
all’insegnante di matematica, dal venditore di stoffe al corsaro, dal
mandriano al capopopolo. Infatti, Garibaldi si era trovato a difendere con le
armi la piccola repubblica dell’Uruguay dagli attacchi della più potente
Argentina. Allora i suoi uomini avevano cominciato a indossare _ come
divisa _ la camicia rossa che doveva renderli famosi in Europa. Garibaldi,
già acclamato “eroe dei due Mondi” (cioè dell’Europa e dell’America
Meridionale), appena saputo delle rivoluzioni del Quarantotto, si era
imbarcato per Nizza con la moglie Anita e i due figli, Menotti e Ricciotti per
la difesa di Roma. Alla caduta di Roma contro l’esercito austriaco
capitanato da Radetzky, Garibaldi cercò di raggiungere Venezia, dove
resisteva l’ultima repubblica. Soltanto dopo la tragica morte della moglie
Anita, braccato da francesi, austriaci e napoletani, dovette ripartire per
l’America. Ma quando si trattò di riprendere la “spada” per la causa
italiana, egli ritornò e fu messo a capo della famosa Spedizione dei
Mille.
I MILLE Precisamente erano 1088 uomini e una donna. Gli uomini
venivano un po’ da tutta Italia: dalla Liguria, dal Piemonte, dalla
Lombardia, dalla Toscana e dai ranghi degli esuli meridionali che avevano
lasciato il Regno delle Due Sicilie dopo il Quarantotto: napoletani,
calabresi, siciliani. L’unica donna, Rosalia Monmasson, era la moglie di un
esule siciliano che sarebbe diventato (decenni più tardi) primo ministro del
regno d’Italia: Francesco Crispi.
La parola d’ordine era “Italia e Vittorio Emanuele!”. Si trattava dunque
di liberare il Regno delle Due Sicilie dalla dominazione borbonica e lo Stato
pontificio dalla dominazione papale, completando così l’unificazione
italiana sotto la corona sabauda.
Sbarcati a Marsala, i Mille si prepararono allo scontro con l’esercito del
giovane re Francesco II di Borbone. La battaglia decisiva avvenne il 15
maggio presso il campo di Calatafimi: vittoriosi, i Mille cui si era aggiunto
qualche migliaio di giovani contadini siciliani, detti picciotti- puntarono su
Palermo. Quando i garibaldini entrarono nel capoluogo siciliano, la
popolazione insorse per aiutarli, costruendo barricate per contrastare
l’esercito borbonico. Allora, lo stato maggiore di Francesco II, non esitò a
ordinare il bombardamento
della città, che durò tre giorni
e provocò più di seicento
morti.
Ma nemmeno le bombe
potevano più fermare
l’avanzata dei Mille, né
frenare la ritirata dell’esercito
borbonico. Il 20 luglio, i
garibaldini vinsero a Milazzo,
costringendo il nemico a
sgombrare la Sicilia. La loro
avanzata era accompagnata
spesso da rivolte nelle
campagne: i contadini
speravano che l’arrivo di
Garibaldi significasse non
soltanto la liberazione dai
Borboni, ma anche la
distribuzione delle terre
comuni di cui si erano
impossessati nobili e
borghesi. A volte, furono i
garibaldini stessi a reprimere le agitazioni contadine: così fece il
luogotenente Nino Bixio, nel villaggio siciliano di Bronte.
Intanto i Mille proseguivano nella loro trionfale avanzata. Passati sul
continente liberarono la Calabria, poi la Campania. Il 7 settembre 1860
Garibaldi fu accolto come un liberatore a Napoli: la capitale del Regno delle
Due Sicilie, da cui Francesco II era precipitosamente fuggito per rifugiarsi
nello Stato pontificio, e dove Garibaldi si permise il lusso di arrivare in
ferrovia.
L’U ’I
NITÀ D TALIA
La marcia dei Mille pareva al governo di Torino anche troppo trionfale.
Benché dicessero di combattere per l’”Italia e Vittorio Emanuele”, c’era il
timore che i garibaldini si rivelassero pericolosi repubblicani. Se poi i Mille
avessero osato spingersi fino a Roma, il cattolico Napoleone III sarebbe
certo intervenuto per difendere il papa e lo Stato pontificio.
Così, Vittorio Emanuele II in persona decise di guidare l’esercito
piemontese verso sud, per incontrare Garibaldi e insieme per dargli il
benservito. Vinte le truppe papali a Castelfidardo, il re di Sardegna occupò
militarmente l’Umbria e le Marche negli stessi giorni in cui i garibaldini
sconfiggevano l’esercito borbonico nell’ultima e decisiva battaglia del
Volturno.
Garibaldi era di fronte a una scelta difficile: rifiutare di sottomettersi a
Vittorio Emanuele II (come gli suggeriva Mazzini), oppure considerare
compiuta la propria missione, anche se Roma restava da liberare. Tra le
due possibilità, Garibaldi scelse la meno drammatica. Il 26 ottobre 1860
accettò di incontrarsi con Vittorio Emanuele II nel villaggio di Teano, presso
Caserta, e rimise nelle mani del sovrano sabaudo il regno conquistato dai
Mille.
Nulla Garibaldi chiese per sé: non era un uomo interessato alle medaglie
né alle ricompense. Per i garibaldini, chiese l’inquadramento nell’esercito
regolare di Vittorio Emanuele II. Ma non lo ottenne se non per singoli casi.
In generale, prevalse il disprezzo dei militari di carriera piemontesi nei
confronti delle polverose camicie rosse d’Italia.
IL REGNO D’ITALIA Durante l’autunno del 1860, gli abitanti delle Marche ,
dell’Umbria e del Regno delle Due Sicilie votarono per plebiscito in favore
dell’annessione al regno di Sardegna. Il 17 marzo 1861, il Parlamento di
Torino proclamò Vittorio Emanuele II re d’Italia. Era un titolo meritato,
perché la sovranità di Casa Savoia si estendeva ormai sull’intera penisola,
con l’esclusione del Trentino, del Veneto e del Lazio. Ma quello scelto da
Vittorio Emanuele era anche un titolo che la diceva lunga sul modo in cui
egli intendeva l’unificazione italiana.
Il re sabaudo volle, infatti, conservare il proprio numerale, restare Vittorio
Emanuele II, pur essendo il primo re d’Italia. Era questo un omaggio al suo
casato, l’antica dinastia dei Savoia, ed era un riguardo verso i piemontesi;
ma era anche una forma di spregio del re sabaudo per i suoi nuovi sudditi,
per tutti gli altri italiani.
Contemporaneamente in Europa, e soprattutto in Italia, si sviluppa il
Romanticismo sia nel campo letterale e musicale che artistico.
Brasile
I
L TERRITORIO
Il Brasile è il più grande
stato sudamericano e il
quinto del mondo. Il suo
territorio si può suddividere
in due zone: Bassopiano
Amazzonico al nord e
l’Altopiano del Brasile al
centro-sud.
Il Bassopiano Amazzonico è
costituito da un’immensa
pianura, formata dal bacino
del Rio delle Amazzoni, che
occupa circa un terzo del
paese. Qui il clima è
tropicale e la vegetazione è
rappresentata dalla foresta
pluviale.
L’Altopiano del Brasile comprende una serie di alte terre di antica origine tra
cui il Mato Grosso dove il Pico da Bandeira tocca i 2890 m.
Il paese è ricco d’acque: nel solo Rio delle Amazzoni confluiscono oltre mille
affluenti che formano una rete fluviale in gran parte navigabile. I corsi d’acqua
dell’altopiano sono invece poco adatti alla navigazione, perché interrotti da
rapide e cascate.
I due fiumi principali, il Paraná e il São Francisco, formano le cascate più
imponenti del paese.
Nel nord il clima è equatoriale, con piogge torrenziali e un alto grado di
umidità. Nel Nord-est, è semiarido nell’entroterra e tropicale sulla costa, con
precipitazioni stagionali. Il clima tropicale si ritrova anche in gran parte del