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“La morte si sconta vivendo”e la vita sembra diventare una vera e propria condanna.
.
2.5. Kierkegaard
Molti temi sviluppati nella filosofia di Kierkegaard costituiscono una vera contrapposizione
polemica ai temi dell’idealismo: difesa della singolarità dell’uomo contro l’universalità dello
spirito; esistenza contro ragione; libertà come possibilità contro libertà come necessità
ecc.
Egli, infatti, rivendica la concretezza dell’esistenza del singolo contrapponendosi alla
centralità che Hegel attribuiva al genere ed alla specie.Egli non intravede nessuna
possibilità di identificazione con Dio e non accetta l’idea di un sistema che porta soltanto
ad uno stato di anonimità.
Egli ha cercato di ricondurre la comprensione dell’intera esistenza umana alla categoria
della possibilità.Egli mette in luce l’aspetto negativo d’ogni possibilità che entri a far parte
dell’esistenza umana.
Ogni possibilità è, infatti, oltre che possibilità-che-sì anche possibilità-che-non: implica la
nullità possibile di ciò che è possibile, quindi la minaccia del nulla.
Kierkegaard dice d’essere lui stesso “una cavia d’esperimento per l’esistenza” e di nutrire
in sé i punti estremi d’ogni opposizione.
“Ciò che io sono è nulla; questo procura a me ed al mio genio la soddisfazione di
conservare la mia esistenza al punto zero, tra il freddo ed il caldo, tra la saggezza e la
stupidaggine, tra il qualche cosa ed il nulla come un semplice forse”.
Il punto zero è l'indecisione permanente un instabile equilibrio tra le varie alternative.
Un’altra caratteristica del pensiero di Kierkegaard è il tentativo di chiarire le varie
possibilità che si offrono all’uomo, tutti quegli elementi che costituiscono le alternative
dell’esistenza, mentre Kierkegaard non poteva scegliere.
Esistono diversi stadi d’esistenza, ovvero tre possibilità di vita: lo stadio estetico, etico e
religioso.
Stadio estetico: stadio di non scelta, dell’immediatezza.Forma di vita di chi esiste
nell’attimo, irripetibile, incarnata dal seduttore. L’esteta si crea un mondo luminoso,
assente da ogni banalità e ripetizione.Tale stadio ha le caratteristiche dell’avventura, non
scelta, dispersione noia ed imitazione. Infatti, chi vive esteticamente è disperato: l’ansia di
una vita diversa si prospetta come un’altra alternativa poiché l’esteta avverte il senso di
fallimento..Per raggiungere quest’alternativa, bisogna scegliere per riagganciarsi con un
salto all’altra alternativa possibile, la vita etica.
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Stadio etico: è la scelta della scelta.Implica continuità e stabilità.Il problema dell’uomo
etico è mantenersi nella ripetibilità.La vita etica è incarnata dal marito. L’uomo che sceglie,
scegliendosi, sceglie tutto se stesso e ciò implica la scelta anche dell’angoscia e della sua
negatività.Nella scelta della generalità si perde la singolarità: ciò determina la frustrazione
e quindi il pentimento. L’uomo non può sfuggire dal rapporto con se stesso: in lui si
genera la disperazione per una doppia mancanza, deficienza di necessità (nulla è
precostituito) e deficienza di libertà (la possibilità di mancanza di libertà è la più certa che
ci sia).L’uomo, di fronte alla morte non può più scegliere, è colto da una disperazione
infinita, e vede come unica possibilità, l’aggrapparsi a Dio.Paradossalmente quindi la
nostra disperazione diventa la vera salvezza: solo infinitamente disperati si può compiere
il salto verso l’assoluto.
Stadio religioso: ”Rapporto dell’assoluto con l’assoluto”.Tra vita etica e religiosa c’è un
abisso profondo.
Kierkegaard chiarisce quest’opposizione in Timore e tremore, raffigurando la vita religiosa
nella persona d’Abramo. Egli, infatti, riceve da Dio l’ordine di uccidere il figlio Isacco.Il
sacrificio del figlio però non gli è suggerito da un’esigenza morale, ma da un comando
divino che è in contrasto con la legge morale e con l’affetto naturale tra i famigliari.
Tra i due principi non c’è nessuna possibilità di sintesi o conciliazione.La decisione tra uno
dei due non può avvenire in base d nessuna regola. L’uomo che ha fede come Abramo,
sceglierà il principio religioso a costo di una rottura con la norma morale.Ma il rapporto
uomo Dio è privato
La fede è la certezza angosciosa, l’angoscia che si rende certa di sé e di un nascosto
rapporto con Do.
L’uomo può pregare Dio che gli conceda la fede, ma la possibilità di pregare non è essa
stessa dono divino?Nella fede è insita un a contraddizione ineliminabile.
La fede è quindi paradosso e scandalo.Cristo è il segno di tale paradosso: soffre e muore
come uomo, parla e agisce come Dio.
Credere o non credere? Questo è il bivio in fronte a cui viene posto l’uomo.Da una parte è
l’uomo che deve scegliere, dall’altro ogni sua iniziativa è esclusa poiché Dio e tutto e da
Dio deriva anche la fede. Scandalo, paradosso, angoscia, contraddizione, necessità e al
contempo impossibilità di decidere sono le caratteristiche dell’esistenza ma anche le
caratteristiche fondamentali del cristianesimo.
2.6. Heidegger
Il senso dell’essere va ricercato interrogando un ente particolare, ovvero l’uomo (esserci=
Dasein).L’uomo quindi acquista un primato ontologico.Il senso dell’essere si trasforma in
un’analisi dell’esserci ovvero in un’analitica esistenziale poiché il modo d’essere
dell’Esserci è l’esistenza.La prima caratteristica dell’esistenza, è la possibilità di
comprendere l’essere, ovvero di rapportarsi in qualche modo all’essere.La seconda
caratteristica dell’esistenza risiede nel fatto che essa è possibilità d’essere: l’esistenza
non è una realtà fissa e predeterminata, ma un insieme di possibilità fra cui l’uomo deve
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scegliere.Quindi mentre le cose sono ciò che sono, ossia
delle semplici presenze, l’uomo è ciò che lui stesso sceglie
o progetta di essere.Il termine esistenza perciò riferito
all’uomo, va inteso nel senso etimologico di ex-sistere cioè
di stare al di fuori o al di là di sé, nella dimensione della
possibilità o del progetto.Sembra quindi una trascendenza:
esiste i quanto capace di pensare al futuro, anticipare la
possibilità.
La scelta, ogni scelta è un problema che si pone di fronte
al singolo uomo e dà luogo alla comprensione esistensiva
od ontica, che concerne l’esistenza concreta di ognuno
(nostra corporeità materialità).La comprensione esistenziale ed ontologica è invece quella
che si propone di indagare teoricamente le strutture fondamentali dell’esistenza.Ma
poiché l’esistenza è sempre individuata e singola, ed è quindi sempre la mia, tua, sua
esistenza, è evidente che la sessa analitica esistenziale si radica nella condizione
esistentiva ed ontica dell’uomo.La comprensione esistenziale deve assumere, come suo
metodo, quello fenomenologico.La fenomenologia, infatti, non è una dottrina ma un
metodo.Tale metodo, si concretizza in una descrizione obiettiva ed imparziale delle
strutture essenziali, fondamentali. L’uomo è in primo luogo un essere-nel mondo, ossia
prendersi cura delle cose che gli occorrono.Tale prendersi cura ha le caratteristiche della
trascendenza e del progetto. L’uomo è nel modo in modo tale da progettare il mondo
stesso secondo un piano globale di utilizzabilità, volto a subordinare le cose ai suoi
bisogni e ai suoi scopi.
L’ESISTENZA INAUTENTICA
L’uomo è però anche essere-tra-gli altri uomini, si apre verso il mondo e gli altri.Come il
rapporto tra l’uomo e le cose è un prendersi cura delle cose, il rapporto tra l’uomo e gli
altri è un aver cura degli altri.Esso può assumere due forme diverse: Nella prima forma,
l’uomo non si cura tanto degli altri quanto delle cose da procurar loro (forma in autentica
della coesistenza); nella seconda apre agli altri la possibilità di trovare se stessi e di
realizzare il loro proprio essere (forma autentica=vero coesistere).La trascendenza
esistenziale, è nello stesso tempo una atto di comprensione esistenziale.Ma per
comprendersi l’uomo può assumere come punto di partenza o se stesso o il mondo e gli
altri uomini.Nel primo caso si ha una comprensione in autentica (fondamento
dell’esistenza anonima).L’esistenza anonima è quella di tutti e di nessuno; è l’esistenza
del sì, cioè quella in cui il “si dice” o il “si fa” domina incontrastato. L’uomo è in essa, tutti e
nessuno.Nascono così tre forme di in autenticità: la chiacchiera inconsistente; la curiosità
non per l’essere delle cose ma per la loro apparenza visibile; l’equivoco. L’uomo non può
sfuggire all’esistenza inautentica e alla base di tutto ciò c’è la deiezione, cioè la caduta
dell’essere dell’uomo al livello delle cose del mondo (banalità, quotidianità).L’uomo
diventa quindi un fatto tra gli altri, un “essere gettato nel mondo”.L’uomo avverte
emotivamente la sensazione di abbandono. 37
La Cura quindi è la totalità delle strutture (autentiche ed in autentiche) dell’esserci ed
esprime la situazione di un ente che, getTato nel mondo, progetta in avanti le sue
possibilità.
L’ESISTENZA AUTENTICA
L’esistenza autentica è il rapportarsi con ciò che ci è più proprio.La fine dell’Esserci è la
morte. Essa non è per l’uomo un fatto perché non gli appartiene mai. E’ la possibilità
assolutamente propria perché concerne l’essere stesso dell’uomo é incondizionata
(appartiene all’uomo in quanto individualmente isolato) ed è insormontabile (ci placa, non
può essere scavalcata) e certa (ci consuma nella assoluta solitudine).L’uomo deve quindi
assumerla, riconoscerla ed anticiparla (scelta anticipatrice della morte), deve accettarla
per quella che e sentirla come proprio destino (sono un essere per la morte)
L’atteggiamento emotivo che ne scaturisce è l’angoscia (autentico significato
dell’esistenza).Ciò che richiama l’uomo alla sua esistenza autentica è la”voce della
coscienza”.Essa, infatti, ci fa avvertire l’esistenza come possibilità e ciò che veramente
siamo, ovvero possibilità di progetto. L’uomo però non è fondamento del fondamento,
scopre di essere gettato senza essere stato lui a gettarsi, e quindi la nullità che si
manifesta attraverso la sospensione del nulla e la possibilità di scegliere.La nullità ha
quindi una doppi negatività.Nel momento in cui nell’uomo nasce la consapevolezza ad
assumersi la responsabilità di ciò che è, è portato all’accettazione del nulla (scelta
anticipatrice del nulla della morte).
SVOLTA DELLA FILOSOFIA HEIDEGGERIANA:
Heidegger giunge a prendere atto che la sua analitica esistenziale si risolve in fallimento,
poiché ricercava il senso dell’essere, diventando ricerca del nulla poiché la metafisica si è
concentrata sempre sull’ente obliando l’essere. L’essere si fa dimenticare perché non è un
oggetto, non è visibile, non viene sperimentato direttamene e non è definibile. L’essere
per sua natura si nasconde.Come nasce allora il problema dell’essere?L’essere quando si
nasconde si svela, mette in luce gli oggetti. (verità=svelamento).La tecnica e l’arte
manifestano lo stessa natura dell’essere (gioco di nascondimento -svelamento)
2.7. Sartre
Sartre s’interroga sulle strutture dell’essere.Egli afferma che l’essere sì manifesta in due
modi fondamentali: come essere in sé e come essere per sé.
L’essere in sé s’identifica con tutto ciò che non è coscienza ma con cui essa entra in
rapporto e quindi con le cose del mondo.
L’essere per sé s’identifica con la coscienza stessa, che è presente alle cose ed ha la
capacità di attribuire loro dei significati e viene definito “nulla”.
Nella condizione umana, secondo Sartre vi è qualcosa di paradossale..L’individuo, infatti,
sceglie il senso del suo essere, ma non sceglie il suo essere stesso e quindi il fatto di
essere “gettato” nel mondo e di esistere come libertà.Il fatto di essere al mondo, è per
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l’uomo qualcosa di assurdo, che non ha quindi spiegazioni al di là del fatto stesso di