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Sintesi


L'ottocento: un secolo di passaggio tra innovazioni reali e illusorie
Estratto del documento

“Immaginavi tu forse che il mondo fosse fatto per causa vostra? Quando io vi offendo in qualunque

modo e con qual sia mezzo, io non me n’avveggo se non rarissime volte: come, ordinariamente, se

io vi diletto e vi benefico, io non lo so…”. La Natura sempre e dovunque indifferente se non ostile

ad ognuno dei suoi figli, è incapace di procurar loro quella felicità che è il fine di ogni essere

vivente e che sarebbe lo sbocco più naturale di un reale progresso umano.

Per quanto riguarda il “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia”, esso è il canto che meglio

esprime il pessimismo cosmico di Leopardi: in ogni tempo e in ogni luogo, ciò che caratterizza

l’esistenza è il dolore e l’infelicità. In quest’opera il poeta non parla in prima persona ma fa parlare

il pastore nomade dell’Asia che di fronte alla luna, che lo segue in tutti i suoi spostamenti, si pone

degli interrogativi sul senso dell’esistenza e sulla posizione dell’uomo all’ interno dell’universo. Le

domande del pastore rimangono, però, senza risposta. Dall’osservazione della realtà che lo circonda

(il gregge), il pastore arriva a concludere che il destino di ogni creatura, uomo o animale, è il

dolore; egli in questo canto rappresenta l’uomo di fronte al mistero esistenziale dell’intero

universo, rappresenta l’uomo sperduto e incapace di spiegarsi la ragione dell’esistenza delle cose e

del proprio destino.

Tale critica dell’idea di progresso e della concezione positiva della natura è una novità nel

panorama storico letterario: i letterati che, nel Settecento credevano in un’epoca di progresso

inarrestabile, esercitano nell’Ottocento italiano una funzione critica che si svilupperà ulteriormente

nel Novecento. 6

L’Unità d’Italia

Il Congresso di Vienna fu convocato il 22 settembre del 1814 dalle potenze (Austria, Gran

Bretagna, Prussia e Russia) che sconfissero Napoleone Bonaparte con l’obiettivo di ripristinare

l’assetto politico europeo presente prima delle campagne napoleoniche. A questo congresso

parteciparono ben 216 delegazioni provenienti da tutta Europa, tra le quali anche la Francia con il

ministro Talleyrand in veste di osservatore. Dominatore indiscusso del congresso fu il primo

ministro asburgico Metternich. Il congresso si prefiggeva anche l’obiettivo di dare all’Europa un

assetto stabile per impedire le mire espansionistiche della Francia. Vi era un solo modo per

garantire la pace duratura in Europa: limitare il potere di ciascuna potenza in modo che nessuna di

esse risultasse troppo rafforzata rispetto alle altre.

Due furono i principi alla base del lavoro del Congresso:

1. Il principio di equilibrio, volto ad impedire che uno Stato potesse imporsi sugli altri;

2. Il principio di legittimità con il quale si restaurarono sui troni le dinastie regnanti prima delle

campagne napoleoniche.

La tendenza del Congresso fu quella di rafforzare l’assolutismo monarchico e di impedire la

diffusione delle idee francesi. Lo spirito della restaurazione fu perciò antiliberale e volto alla

negazione del principio di nazionalità (popolo sovrano).

Dopo aver riorganizzato l’assetto politico europeo bisognava preservarlo il più a lungo possibile.

Nel settembre 1815, su iniziativa dello zar Alessandro I, Russia. Prussia ed Austria firmarono il

documento istitutivo della Santa Alleanza, patto questo che non vincolava i contraenti ad alcun

obbligo preciso e concreto. Il testo affermava che i sovrani si sarebbero prestato aiuto e soccorso in

ogni luogo e in ogni occasione. In un secondo tempo aderirono alla Santa Alleanza anche altre

potenze europee, tra le quali la Francia. Nel novembre del 1815, su iniziativa britannica, fu stipulata

la Quadruplice Alleanza tra Gran Bretagna, Russia, Prussia ed Austria, volta ad impedire che

l’assetto e l’ordine delineati dal Congresso potessero essere rotti. La Francia venne posta a

sorveglianza speciale da parte dell’Alleanza e inizialmente rimase esclusa dal “concerto europeo”.

Nel 1818 il Congresso di Aquisgrana riconobbe la Francia come una potenza e le concesse di far

parte del concerto. Nacque così la Pentarchia.

La risposta alla politica antiliberale del Congresso non si fece attendere I gruppi liberali, che

chiedevano l’instaurazione di governi costituzionali, erano una minoranza politica e sociale che

faceva capo principalmente ad esponenti intellettuali e della borghesia imprenditoriale. Questi

gruppi non potendo operare alla luce del sole si organizzarono in società segrete con attività

cospirativa clandestina. In Italia la società segreta più famosa era la Carboneria che aveva filiali in

tutta la penisola.

Negli anni 1820-1821, in Spagna, in Portogallo e in Italia scoppiarono dei moti insurrezionali

promossi da gruppi liberali i quali, però, non ottennero l’appoggio delle masse popolari. Nella

penisola iberica questi moti costrinsero i regnanti a promulgare delle Costituzioni. In Italia il 1

luglio 1820 scoppiarono dei moti insurrezionali che interessarono il Regno delle Due Sicilie. I moti

furono promossi da Michele Morelli e Giuseppe Silvati, due ufficiali carbonari, e ben presto

dilagarono in tutto il napoletano. Alla rivolta si unì anche Guglielmo Pepe, ex ufficiale napoleonico,

assumendone il comando. Il re Ferdinando I fu costretto a concedere la Costituzione. Il 15 luglio

1820 la rivolta esplose anche in Sicilia dove il moto assunse, oltre al carattere costituzionale,

soprattutto quello separatista. Il governo di Napoli inviò Florestano Pepe il quale, per reprimere il

moto, cercò di trattare con i rivoltosi, ma invano. Fu inviato quindi Pietro Colletta il quale sedò la

rivolta nel sangue (settembre 1820). Animati dagli eventi accaduti in Spagna e nell’Italia

meridionale, le società segrete lombarde e quelle del regno di Sardegna intensificarono la propria

attività cospirativa, ma nell’ottobre del 1820 la polizia austriaca arrestò alcuni carbonari tra i quali

7

Pietro Maroncelli e Silvio Pellico. Federico Confalonieri, capo della setta segreta dei federati di

Lombardia, decise di passare all’azione pensando di poter contare sull’appoggio di Carlo Alberto,

principe di Carignano, il quale nutriva simpatie per i gruppi liberali. Il moto piemontese fu guidato

dal conte Santorre di Santarosa. In Piemonte la guarnigione militare dei rivoltosi raggiunse Torino il

12 marzo. Vittorio Emanuele I abdicò in favore di Carlo Felice il quale, trovandosi a Modena,

affidò la reggenza a Carlo Alberto. Questi concesse la Costituzione che sarebbe entrata in vigore a

seguito dell’approvazione di Carlo Felice. Il re sconfessò l’iniziativa di Carlo Alberto e minacciò di

unirsi alle truppe di Novara, fedeli alla Corona. In Lombardia, invece, i piani di Confalonieri furono

scoperti dalla polizia austriaca e l’insurrezione saltò. In aprile Carlo Alberto al capo di un esercito

piemontese e austriaco sconfisse i rivoltosi di Santorre di Santarosa a Novara; così si concludero i

moti rivoluzionari del 1820-21.

L’Austria che era la più interessata, a reprimere i moti fece convocare a Troppau un congresso

dove Austria, Russia e Prussia proclamarono il principio d’intervento. In un Congresso a Lubiana

fu deciso l’intervento armato nel napoletano. Il 23 marzo 1821 le truppe austriache abbatterono il

regime costituzionale napoletano.

Con il Congresso di Verona fu dato mandato alla Francia di reprimere il regime costituzionale

spagnolo che, nonostante l’accanita resistenza dei gruppi liberali, cadde nell’ottobre del 1823. In

Portogallo, invece, il regime costituzionale fu soppresso dalle forze assolutiste interne,

riorganizzatesi nel frattempo.

Nel 1830 scoppiarono in Europa nuove rivolte che determinarono in Francia e in Belgio una prima

rottura negli assetti stabiliti dal Congresso di Vienna. In Francia scoppiò una rivolta popolare contro

Carlo X il quale era intenzionato a ripristinare totalmente l’antico regime. La “rivoluzione di luglio”

portò sul trono francese il conte Luigi Filippo d’Orleans. La Francia divenne così una monarchia

costituzionale. In Belgio il 23 agosto 1830 a Bruxelles la popolazione insorse chiedendo

l’indipendenza dall’Olanda. L’intervento dell’Alleanza a difesa del re Guglielmo I fu impedito da

Luigi Filippo d’Orleans il quale affermò che per garantire la pace in Europa era necessario non

intervenire. Il Belgio divenne così uno Stato indipendente e poté dotarsi di una Costituzione

liberale. In Italia l’attività cospirativa della carboneria non si era arrestata, ma era rimasta vitale

soprattutto nell’Italia centrale.

Gli eventi parigini spronarono i gruppi liberali all’azione. La carboneria, grazie ad Enrico Misley

aveva preso contatti con Francesco IV duca di Modena il quale era intenzionato a costruire uno

Stato nell’Italia centro-settentrionale sfruttando i moti liberali. Nella rivolta diretta da Ciro Menotti

furono coinvolte l’Emilia, la Romagna e le Marche. L’improvviso cambiamento dell’atteggiamento

di Francesco IV portò, però, all’arresto di Ciro Menotti ma non impedì lo scoppio della rivolta.

Grazie a questi moti, nei ducati di Parma e Toscana e in alcuni territori pontifici furono instaurati

dei governi provvisori; l’esercito dei rivoluzionari, però, non riuscì a resistere alla reazione

austriaca. Nell’Italia centrale furono così ristabiliti i sovrani preesistenti. Le cause principali

dell’insuccesso di questi moti furono il mancato appoggio sia delle masse popolari che di una

grande potenza.

L’insuccesso dei moti carbonari fu dovuto da una parte al metodo di lotta e dall’altra al mancato

appoggio popolare . Uno dei protagonisti del movimento nazionale italiano fu Giuseppe Mazzini,

membro della carboneria, il quale puntava alla costituzione di un’Italia “una, libera, indipendente e

repubblicana”.

Mazzini rifiutava l’idea di un’Italia federale; era convinto che uno Stato centralizzato avrebbe

meglio rappresentato l’unità nazionale. Secondo Mazzini il popolo aveva come missione quella di

portare a termine l’unità nazionale che non doveva essere realizzata da un sovrano italiano né con

l’aiuto di una potenza straniera ma attraverso un’insurrezione popolare. 8

Nel 1831 Mazzini fondò la Giovine Italia, un’organizzazione clandestina nazionale che doveva

incitare alla lotta popolare. La visione mazziniana, però, andava di là dei confini nazionali: da ciò la

nascita della Giovine Europa che fu fondata dallo stesso Mazzini nel 1838.

Il metodo scelto da Mazzini per la lotta fu quello del ricorso ai moti insurrezionali che avrebbero

innescato poi una sollevazione delle masse popolari preparate all’azione per mezzo della

propaganda. I tentativi insurrezionali promossi dai mazziniani si trasformarono tutti in pesanti

sconfitte. I motivi di tali insuccessi vanno principalmente ricercati nella propaganda di obiettivi che

le masse popolari non recepivano come propri e nell’incapacità di “convincere” le masse.

Gli obiettivi indicati da Mazzini non coinvolgevano la stragrande maggioranza della popolazione

costituita da contadini (Mazzini, ad esempio, non affrontava il problema della terra per loro

fondamentale).

Tra i tentativi insurrezionali falliti vi è quello dei fratelli Bandiera che, non avendo ottenuto

l’appoggio dei contadini calabresi, furono catturati e fucilati dai Borboni.

In Italia, mentre i mazziniani “perdevano colpi” anche a causa del fallimento dei moti

insurrezionali, si andavano affermando, guadagnando consensi, i liberali moderati la cui visione

prevedeva un processo d’unificazione lento e senza spargimento di sangue: tale processo si sarebbe

concluso con la nascita di uno Stato federale.

Nel 1848 l’Europa fu nuovamente investita da un’ondata di moti insurrezionali. In Francia la

situazione politica ed economica era estremamente precaria a causa dell’atteggiamento di stampo

conservatore assunto da Luigi Filippo d’Orleans. Gli oppositori del sovrano diedero vita alla

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