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Sintesi
Estratto del documento

“Allegria di Naufragi” che poi diventerà “L’Allegria”, un titolo anche questo allusivo: la

guerra è come in naufragio della vita, i superstiti sono presi da una sorta di ebbrezza per

lo scampato pericolo e superano lo sgomento e il dolore con la fede e la speranza di un

domani migliore. Le due raccolte sono caratterizzate da una forte componente

autobiografica e rievocano gli anni trascorsi in Egitto e la cruda esperienza del fronte.

Secondo il poeta l’uomo è per condizione una creatura fragile ed indifesa.

Per esprimere questa condizione umana, Ungaretti usa poesie brevi, a volte brevissime,

ridotte a semplici notazioni, ma estremamente concentrate e dense di significato.

Introduce quindi una serie di novità sul piano stilistico come:

 Adozione di un linguaggio scarno, essenziale, frammentario;

 Abolizione della rima e della verso tradizionale;

 La scomparsa della punteggiatura;

 La riduzione del verso alla misura di singola parola;

 L’uso frequente di spazzi bianchi, pause,silenzi.

Ungaretti modellò il linguaggio e lo stile scarni ed essenziali delle sue poesie sulla base

delle esperienze vissute in guerra. Intende distruggere il verso cercando nuovi ritmi

enfatizzando l’essenzialità e potenza della singola parola e della sua vita segreta,

liberandola da ogni incrostazione sia letteraria sia fisica.

La seconda fase dell’attività poetica dello scrittore coincide principalmente con la raccolta

“Sentimento del Tempo” recuperando la sintassi, la punteggiatura e le forme metriche

tradizionali con una diversa percezione del tempo inteso come continuità e fugacità.

Anche il linguaggio si fa più ricercato e ricco di aggettivi, compare tra i temi principali il

sentimento di Dio a placare le angosce esistenziali del poeta. La terza fase della

produzione poetica ungarettiana comprende le raccolte “Il dolore”, “La terra promessa”,

“Un grido e paesaggi” e “Il taccuino del vecchio”. In queste opere il poeta si orienta verso il

recupero della tradizione classica attraverso nuovi ritmi fatti di pause e suggestioni

musicali, aprendo un colloquio con gli altri uomini nel trattare contenuti più umani e

concreti nel comunicare il proprio dolore e quello dell’umanità intera per la seconda guerra

mondiale. 5

VEGLIA (1915)

Da “L’Allegria” sezione “Il porto sepolto”

Un intera nottata

buttato vicino

a un compagno

massacrato

con la sua bocca

digrignata

volta al plenilunio

con la congestione

delle sue mani

penetrata

nel mio silenzio

ho scritto

lettere piene d’amore

Non sono mai stato

tanto

attaccato alla vita.

In questa lirica la guerra è vista nella sua tragica ed assurda disumanità, in modo del tutto

opposto alle celebrazioni retoriche dei futuristi, che chiamarono “sola igiene dei popoli

(Marinetti)” di D’Annunzio e degli interventisti.

“Veglia” è scritta con la tecnica consueta di Ungaretti, volta alla ricerca della parola

scarnificata, essenziale, pura e assoluta, immune dalle incrostazioni del linguaggio ipocrita

convenzionale: Ungaretti stesso spiegò la ragione di tale ricerca. “Stando fra i morti – egli

scrisse – non c’era tempo: bisognava dire delle parole decise, assolute, e allora questa

necessità di esprimersi in pochissime parole, di non dire che quello era necessario”.

La poesia indica la ragione della veglia notturna del poeta. Per un intera notte, egli dice,

buttato come uno straccio accanto ad un compagno

massacrato, con la bocca deformata rivolta verso il

plenilunio, e con le mani gonfie e arrossate dal freddo,

impresse nel silenzio assorto della mia anima col gesto

disperato di aggrapparsi alla vita, ho scrtitto lettere d’amore

mosso da un immenso bisogno d’affetto. Mai come in quel

momento davanti all’orrore della morte violenta, ho sentito

un più intenso attaccamento alla vita, un attaccamento non

egoistico, ma sentito come protesta contro la guerra, come

proclamazione del diritto di tutti gli uomini alla vita. 6

CAPITOLO SECONDO

STORIA

Introduzione

All’inizio degli anni ’20, mentre l’Europa era alle prese con l’inflazione e con gravi problemi

politici e sociali, gli Stati Uniti erano divenuti ormai protagonisti nel contesto internazionale.

Primi dal punto di vista produttivo, industriale e tecnologico erano lo stato-guida del mondo

capitalistico.

Il nuovo ruolo degli stati uniti e al politica isolazionista

Con la proposta dei “Quattordici punti” il presidente

statunitense Woodrow Wilson si proclamò difensore

della libertà, della democrazia e dell’autonomia di tutti

i popoli contro ogni rivendicazione di tipo

nazionalistico. Questa politica di stampo liberale trovò

forti opposizioni all’interno dello Stato poiché

significava aderire pienamente alla Società delle

Nazioni, prendersi grosse responsabilità e in più

andare contro gli interessi stessi del Paese. Tali

contrasti si concretizzarono nel 1920, le prime

elezioni in cui alle donne era concesso il diritto di

voto, con la sconfitta del partito uscente e la vittoria

del Partito Repubblicano con Warren Harding il quale

reinstaurò una politica isolazionista e conservatrice.

Vi fu il rifiuto di partecipare attivamente alla Società delle Nazioni preferendo trattati

bilaterali di pace con Germania, Austria e Ungheria. Si credeva che, isolandosi dal resto

del mondo, gli Stati Uniti avrebbero potuto godere i vantaggi ottenuti nel corso della

guerra. Pensarono di sfruttare il rientro degli ingenti prestiti concessi agli alleati così da

poter sviluppare le proprie capacità economiche e il mercato interno, dando inoltre

maggiore iniziativa alle imprese e allo stesso tempo difendendo fortemente il prodotto

nazionale con alte tariffe doganali. Vi furono anche provvedimenti contro l’immigrazione

straniera che portarono anche a casi di razzismo e xenofobia. Fu anche il periodo del

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proibizionismo infatti la produzione e vendita di alcolici fu proibita per ovviare a problemi di

alcolismo, degradazione e delinquenza soprattutto tra i neri e gli immigrati, ma tale

restrizione produsse solo danni tanto che il proibizionismo venne abolito anni dopo.

Il boom economico

La politica dell’isolamento favorì la ripresa dell’economia americana, ma il mercato interno

si stava rivelando insufficiente per assorbire la massa di merci prodotte. Il mercato

europeo fortemente danneggiato dalla guerra necessitava una

ricostruzione per poter essere sfruttato come sbocco del mercato

americano, si fece strada in tal modo l’idea che un consistente aiuto

finanziario fornito agli Stati vinti e in particolare alla Germania

avrebbe risollevato l’economia europea aumentando di conseguenza

la richiesta di prodotti. Così nacque il piano Dawes, ideato dal

finanziere e politico Charles Dawes, messo in atto nel 1924. Di fatti il

denaro americano rivitalizzò l’economia del vecchio continente, i paesi dell’Europa erano

sempre più legati all’economia statunitense poiché era la

sola capace di offrire prodotti agricoli e industriali a prezzi

molto più bassi di molti altri produttori. Si creò così un

enorme giro d’affari che produsse un notevole sviluppo

economico tra il 1925 e il 1926.

La crisi del ‘29

Tale sistema, basato sul piano Dawes, venne presto messo in

crisi da una serie di fattori che portarono ad una vera e propria

crisi economica. In principio furono l’affannosa gara alla

produzione industriale e agricola che coinvolse anche banche in

un giro di prestiti e di speculazioni scoprendosi a forti rischi e

un frenetico gioco in Borsa soprattutto negli Stati Uniti,

successivamente il mercato internazionale cominciò a

ristagnare a causa delle politiche interne basate sul

protezionismo che portarono ad una riduzione delle possibilità di

acquisto dei singoli mercati, la forte inflazione monetaria dei paesi in via di ricostruzione

che fu combattuta con la deflazione, la conseguente diminuzione del potere di acquisto di

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salari e capitali. Il secondo passo verso la crisi fu l’inevitabile sovrapproduzione sentita

soprattutto negli USA per la diminuzione delle esportazioni, così grandi masse di prodotti

agricoli e industriali rimasero invenduti nel Paese. Il 24 ottobre 1929 si ebbe il crollo della

Borsa New York con sede a Wall Street seguito dal crollo dei prezzi e dei titoli azionari e

dalla chiusura di molte fabbriche. Nel giro di pochi anni molte

fabbriche e banche a loro legate fallirono e la produzione

diminuì più del 50% con il conseguente aumento vertiginoso

della disoccupazione. La crisi si fece sentire anche in tutta

Europa poiché i capitali americani vennero ritirati e arrivarono

sul mercato prodotti a prezzi bassissimi che portarono ad un

brusco calo della produzione e il conseguente aumento della

disoccupazione e ne risentì fortemente anche il sistema

monetario internazionale. Anche in Italia portò grossi danni

all’economia, agli agricoltori a causa della riduzione dei prezzi dei loro prodotti e nel

settore dell’industria a causa del forte calo della produzione, tutto questo produsse la

crescita della disoccupazione. Nonostante tutto grazie alla politica protezionistica del

fascismo e ai bassi salari alcuni riuscirono a salvarsi dal tracollo economico e persino ad

accaparrarsi grosse fette di mercato a danno dei consumatori.

Roosevelt e il New Deal

A risollevare gli Stati Uniti dalla crisi fu in gran parte il nuovo presidente democratico

Franklin Delano Roosevelt, rieletto per ben tre volte consecutive. Fu aiutato da un gruppo

di intellettuali, tecnici e docenti universitari, ed elaborò un piano di emergenza chiamato

New Deal (1932-1936) con cui intendeva abbandonare la vecchia concezione di Stato

staccato dal mondo della produzione e da un economia

totalmente libera in favore di un economia guidata in cui lo Stato

doveva porre dei limiti alla crescita senza controlli e all’iniziativa

personale. Roosevelt, nonostante l’aumento del deficit dello

Stato, riuscì così a combattere la disoccupazione favorendo la

ripresa dell’industria e della produzione e sollecitò con ogni

mezzo il mercato, l’aumento di stipendi e salari e incoraggiò il

cittadino agli acquisti. Riportando risultati positivi con il New Deal si favorì il diretto

intervento del potere pubblico negli affari privati, nonostante l’ostilità dei ceti più ricchi.

Roosevelt dopo il 1936, quando ormai la crisi era stata risolta quasi del tutto, aveva

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l’appoggio delle grandi masse popolari e delle grandi organizzazioni sindacali e fu eletto

per la seconda volta a presidente degli Stati Uniti, cominciò una stretta collaborazione con

l’economista inglese John Maynard Keynes che ribadiva l’assoluta necessità di un

controllo da parte dello stato sull’economia dello stato. 10

Capitolo terzo

Economia aziendale

L’argomento che andrò a trattare di economia aziendale è articolato in tre parti:

1) L’organizzazione dell’attività bancaria e la sua evoluzione

2) L’organizzazione bancaria, le sue funzioni e operazioni

3) L’attività bancaria nella New Economy: l’Home Banking

Parte Prima

L’origine dell’attività bancaria e la sua evoluzione

Il contesto nella quale si svolge l’attività creditizia nel nostro Paese è notevolmente variata

sotto l’impulso di diversi fattori quali la globalizzazione, che ha aumentato la concorrenza

fra gli intermediari finanziari la diminuzione degli interventi all’attività bancaria da parte

delle attività creditizie, dalla creazione del mercato unico Europeo il recepimento delle

direttive comunitarie, che hanno costretto il sistema bancario italiano e l’adeguarsi a quello

più elevato di altri paesi. Quindi l’organizzazione delle banche si è evoluta per adeguarsi

alle esigenze dei privati e delle imprese che richiedono sempre più spesso servizi

innovativi.

Dopo l’unità d’Italia e fino ai primi decenni del

ventesimo secolo, l’attività bancaria si svolse

senza vincoli e limitazioni in completa autonomia

operativa, il sistema bancario ne risultava

frammentato, molte delle quali con strutture

patrimoniali deboli che operavano secondo il

modello tedesco, cioè della banca mista, che

impiegava una costante parte dei depositi

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