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CAPITOLO SECONDO

STORIA

Introduzione

All’inizio degli anni ’20, mentre l’Europa era alle prese con l’inflazione e con gravi problemi

politici e sociali, gli Stati Uniti erano divenuti ormai protagonisti nel contesto internazionale.

Primi dal punto di vista produttivo, industriale e tecnologico erano lo stato-guida del mondo

capitalistico.

Il nuovo ruolo degli stati uniti e al politica isolazionista

Con la proposta dei “Quattordici punti” il presidente

statunitense Woodrow Wilson si proclamò difensore

della libertà, della democrazia e dell’autonomia di tutti

i popoli contro ogni rivendicazione di tipo

nazionalistico. Questa politica di stampo liberale trovò

forti opposizioni all’interno dello Stato poiché

significava aderire pienamente alla Società delle

Nazioni, prendersi grosse responsabilità e in più

andare contro gli interessi stessi del Paese. Tali

contrasti si concretizzarono nel 1920, le prime

elezioni in cui alle donne era concesso il diritto di

voto, con la sconfitta del partito uscente e la vittoria

del Partito Repubblicano con Warren Harding il quale

reinstaurò una politica isolazionista e conservatrice.

Vi fu il rifiuto di partecipare attivamente alla Società delle Nazioni preferendo trattati

bilaterali di pace con Germania, Austria e Ungheria. Si credeva che, isolandosi dal resto

del mondo, gli Stati Uniti avrebbero potuto godere i vantaggi ottenuti nel corso della

guerra. Pensarono di sfruttare il rientro degli ingenti prestiti concessi agli alleati così da

poter sviluppare le proprie capacità economiche e il mercato interno, dando inoltre

maggiore iniziativa alle imprese e allo stesso tempo difendendo fortemente il prodotto

nazionale con alte tariffe doganali. Vi furono anche provvedimenti contro l’immigrazione

straniera che portarono anche a casi di razzismo e xenofobia. Fu anche il periodo del

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proibizionismo infatti la produzione e vendita di alcolici fu proibita per ovviare a problemi di

alcolismo, degradazione e delinquenza soprattutto tra i neri e gli immigrati, ma tale

restrizione produsse solo danni tanto che il proibizionismo venne abolito anni dopo.

Il boom economico

La politica dell’isolamento favorì la ripresa dell’economia americana, ma il mercato interno

si stava rivelando insufficiente per assorbire la massa di merci prodotte. Il mercato

europeo fortemente danneggiato dalla guerra necessitava una

ricostruzione per poter essere sfruttato come sbocco del mercato

americano, si fece strada in tal modo l’idea che un consistente aiuto

finanziario fornito agli Stati vinti e in particolare alla Germania

avrebbe risollevato l’economia europea aumentando di conseguenza

la richiesta di prodotti. Così nacque il piano Dawes, ideato dal

finanziere e politico Charles Dawes, messo in atto nel 1924. Di fatti il

denaro americano rivitalizzò l’economia del vecchio continente, i paesi dell’Europa erano

sempre più legati all’economia statunitense poiché era la

sola capace di offrire prodotti agricoli e industriali a prezzi

molto più bassi di molti altri produttori. Si creò così un

enorme giro d’affari che produsse un notevole sviluppo

economico tra il 1925 e il 1926.

La crisi del ‘29

Tale sistema, basato sul piano Dawes, venne presto messo in

crisi da una serie di fattori che portarono ad una vera e propria

crisi economica. In principio furono l’affannosa gara alla

produzione industriale e agricola che coinvolse anche banche in

un giro di prestiti e di speculazioni scoprendosi a forti rischi e

un frenetico gioco in Borsa soprattutto negli Stati Uniti,

successivamente il mercato internazionale cominciò a

ristagnare a causa delle politiche interne basate sul

protezionismo che portarono ad una riduzione delle possibilità di

acquisto dei singoli mercati, la forte inflazione monetaria dei paesi in via di ricostruzione

che fu combattuta con la deflazione, la conseguente diminuzione del potere di acquisto di

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salari e capitali. Il secondo passo verso la crisi fu l’inevitabile sovrapproduzione sentita

soprattutto negli USA per la diminuzione delle esportazioni, così grandi masse di prodotti

agricoli e industriali rimasero invenduti nel Paese. Il 24 ottobre 1929 si ebbe il crollo della

Borsa New York con sede a Wall Street seguito dal crollo dei prezzi e dei titoli azionari e

dalla chiusura di molte fabbriche. Nel giro di pochi anni molte

fabbriche e banche a loro legate fallirono e la produzione

diminuì più del 50% con il conseguente aumento vertiginoso

della disoccupazione. La crisi si fece sentire anche in tutta

Europa poiché i capitali americani vennero ritirati e arrivarono

sul mercato prodotti a prezzi bassissimi che portarono ad un

brusco calo della produzione e il conseguente aumento della

disoccupazione e ne risentì fortemente anche il sistema

monetario internazionale. Anche in Italia portò grossi danni

all’economia, agli agricoltori a causa della riduzione dei prezzi dei loro prodotti e nel

settore dell’industria a causa del forte calo della produzione, tutto questo produsse la

crescita della disoccupazione. Nonostante tutto grazie alla politica protezionistica del

fascismo e ai bassi salari alcuni riuscirono a salvarsi dal tracollo economico e persino ad

accaparrarsi grosse fette di mercato a danno dei consumatori.

Roosevelt e il New Deal

A risollevare gli Stati Uniti dalla crisi fu in gran parte il nuovo presidente democratico

Franklin Delano Roosevelt, rieletto per ben tre volte consecutive. Fu aiutato da un gruppo

di intellettuali, tecnici e docenti universitari, ed elaborò un piano di emergenza chiamato

New Deal (1932-1936) con cui intendeva abbandonare la vecchia concezione di Stato

staccato dal mondo della produzione e da un economia

totalmente libera in favore di un economia guidata in cui lo Stato

doveva porre dei limiti alla crescita senza controlli e all’iniziativa

personale. Roosevelt, nonostante l’aumento del deficit dello

Stato, riuscì così a combattere la disoccupazione favorendo la

ripresa dell’industria e della produzione e sollecitò con ogni

mezzo il mercato, l’aumento di stipendi e salari e incoraggiò il

cittadino agli acquisti. Riportando risultati positivi con il New Deal si favorì il diretto

intervento del potere pubblico negli affari privati, nonostante l’ostilità dei ceti più ricchi.

Roosevelt dopo il 1936, quando ormai la crisi era stata risolta quasi del tutto, aveva

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l’appoggio delle grandi masse popolari e delle grandi organizzazioni sindacali e fu eletto

per la seconda volta a presidente degli Stati Uniti, cominciò una stretta collaborazione con

l’economista inglese John Maynard Keynes che ribadiva l’assoluta necessità di un

controllo da parte dello stato sull’economia dello stato. 10

Capitolo terzo

Economia aziendale

L’argomento che andrò a trattare di economia aziendale è articolato in tre parti:

1) L’organizzazione dell’attività bancaria e la sua evoluzione

2) L’organizzazione bancaria, le sue funzioni e operazioni

3) L’attività bancaria nella New Economy: l’Home Banking

Parte Prima

L’origine dell’attività bancaria e la sua evoluzione

Il contesto nella quale si svolge l’attività creditizia nel nostro Paese è notevolmente variata

sotto l’impulso di diversi fattori quali la globalizzazione, che ha aumentato la concorrenza

fra gli intermediari finanziari la diminuzione degli interventi all’attività bancaria da parte

delle attività creditizie, dalla creazione del mercato unico Europeo il recepimento delle

direttive comunitarie, che hanno costretto il sistema bancario italiano e l’adeguarsi a quello

più elevato di altri paesi. Quindi l’organizzazione delle banche si è evoluta per adeguarsi

alle esigenze dei privati e delle imprese che richiedono sempre più spesso servizi

innovativi.

Dopo l’unità d’Italia e fino ai primi decenni del

ventesimo secolo, l’attività bancaria si svolse

senza vincoli e limitazioni in completa autonomia

operativa, il sistema bancario ne risultava

frammentato, molte delle quali con strutture

patrimoniali deboli che operavano secondo il

modello tedesco, cioè della banca mista, che

impiegava una costante parte dei depositi

rimborsabili a vista in operazioni di credito a medio - lungo termine e in partecipazioni in

imprese commerciali e industriali .

La debolezza di tale sistema emerse in modo eclatante con alcuni dissesti bancari sicché

si impose un intervento normativo rivolto a tutelare gli interessi dei risparmiatori e a

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conferire una maggiore stabilità al sistema mediante l’introduzione di una serie di controlli,

di obblighi e di divieti.

Furono così emanati, nel 1926 alcuni decreti, i quali, oltre a fare della Banca d’Italia l’unico

istituto di emissione, sottoposero tutte le banche alla vigilanza della Banca d’Italia;

imposero inoltre alle banche l’obbligo di iscriversi ad un apposito albo e l’accantonamento

a riserva legale.

La legislazione del 1926 si dimostrò poco organica e risultò inadeguata a evitare i

pericolosi squilibri fra la raccolta e gli impieghi. Così quando la grande crisi mondiale del

1929 invase anche il nostro paese, il nostro sistema bancario era ancora fortemente

legato all’industria e venne perciò a trovarsi in gravi difficoltà, tanto da portare ad una

nuova riforma nel 1936.

Partendo dal principio che la raccolta di risparmio e l’esercizio del credito sono funzioni di

interesse pubblico nacquero organismi statali con funzioni di vigilanza, venne

abbandonato il modello della banca mista per passere alla Banca pura, distinguendo gli

istituti che operavano a breve termine a quelli che operavano a medio – lungo termine

anche in base all’ambito territoriale e i diversi settori in cui esercitavano. Si affermò il

principio della separatezza tra banche ed industrie secondo il quale le prime non potevano

più avere partecipazioni in imprese industriali o commerciali.

Successivamente per accrescere la concorrenza e rendere più efficiente il settore

bancario, si è provveduto ad uniformare l’attività delle banche di credito ordinarie, e si è

avviato il processo di de specializzazione temporale delle banche. Ovvero, già dei primi

anni Ottanta alle banche di credito ordinario fu consentito operare oltre il breve termine

(cioè oltre i 18 mesi). Un ruolo importante in tale processo l’ha avuto la legge del ’90 nota

come Legge Amato, i cui obbiettivi erano di rafforzare la struttura patrimoniale delle

banche, favorire una gestione agile e trasparente individuando con chiarezza doveri e

responsabilità delle banche, privatizzare gli istituti pubblici e agevolare la concentrazione

delle banche mediante fusioni (banche uguali s.p.a.).

Nel 1993 tutte queste norme furono raggruppate all’interno del Testo Unico delle Norme

in Materia Bancaria e Creditizie, delineando una nuova struttura e una nuova disciplina

del settore creditizio, tanto da costituire una vera e propria legge bancaria in cui l’attività

bancaria presenta due connotazioni principali:

 Carattere di impresa, nel senso che va svolta con criteri imprenditoriali e privatistici

anche se l’interesse pubblico giustifica i controlli che sono svolti dalle autorità

creditizie 12

 E’ riservata alle banche, ossia alle imprese impossesso dell’autorizzazione della

Banca d’Italia e iscritte all’apposito Albo.

Quindi dovendo tutte le banche diventare s.p.a. o società in Cooperativa per azioni,

decadono tutte le differenze previste dalla legge del 1936, anche il vincolo che

imponeva la separatezza tra banca e industria. Ai giorni nostri possiamo considerare le

banche come l’aziende principali del nostro sistema creditizio e proprio in questo il

ventunesimo secolo esse sono i primi organismi a risentire all’influenza della New

Economy legata ad internet e allo sviluppo delle nuove tecnologie informatiche.

Parte seconda

L’organizzazione bancaria le sue funzioni e le operazioni

Nel sistema economico si hanno due categorie di operatori: i soggetti in avanzo che hanno

risorse finanziarie disponibili e sono datori di fondi, e soggetti in disavanzo che

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