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Moto delle stelle di una galassia a spirale
Figura 4: Galassia a spirale M101
L’analisi del moto delle stelle di una galassia è stata considerata, ed è considerata
tutt’ora, la prova cardine dell’esistenza della materia oscura.
In seguito a queste osservazioni (che riprenderemo in seguito) infatti gli astronomi
hanno dovuto ammetterne l’esistenza, o quantomeno hanno dovuto cercare di
giustificarne l’inesistenza.
La velocità di un corpo orbitante intorno ad un altro è dato dalla formula
MG
=
v r 7
Dove G è la costante di gravitazione universale, M è la massa del corpo attorno al
quale ruotano gli altri e r è la distanza tra i due corpi.
Applicando questa legge ai pianeti del sistema solare e confrontandola con i dati
sperimentali notiamo che i due risultati coincidono.
Figura 5: Grafici della velocità orbitale dei pianeti del sistema solare in funzione della distanza dal Sole
I problemi sorsero quando si cominciarono a considerare le galassie.
La prima galassia studiata è stata la Via Lattea, della quale si è calcolata la massa
misurando la velocità del Sole nel suo moto di rivoluzione attorno al centro della
galassia e la si è poi utilizzata per calcolare un valore teorico delle velocità delle
stelle, secondo la formula citata in precedenza.
I dati sperimentali delle velocità delle stelle però non corrispondevano assolutamente
alle previsioni teoriche: la velocità orbitale si manteneva più o meno costante anche a
distanze maggiori di dieci volte quella del Sole dal centro galattico.
Gli astronomi studiarono la velocità delle stelle anche nelle altre galassie e ottennero
risultati simili.
L’andamento stimato delle velocità in una galassia a spirale presupporrebbe un rapido
aumento della velocità finché si trovano all’interno del disco galattico e poi una
diminuzione come nel caso dei pianeti orbitanti intorno al Sole. 8
Figura 6: Velocità tangenziale delle stelle attorno al centro della galassia M33 in funzione della distanza dal centro.
Le velocità che si mantengono costanti anche a grandi distanze suggeriscono la
presenza di massa dove non ci sono stelle, dove i telescopi non vedono nulla.
Si riconsiderano le osservazioni di Zwicky e nasce la materia oscura .
Le analisi portano a quantificare l’entità della massa oscura 10 volte maggiore di
quella visibile.
Gli scienziati che negli anni ’70 del secolo scorso si trovarono di fronte a questi
risultati rimasero allibiti : non solo esisteva una materia che non si riusciva a vedere ,
ma questa materia era addirittura molta di più di quella che si riusciva a vedere !!! 9
Lenti gravitazionali
Per meglio interpretare le immagini provenienti dallo spazio, negli anni ’80 si è
deciso di studiare i dati sulla base della curvatura spazio-tempo descritta da Albert
Einstein nella ‘teoria della relatività generale’.
Figura 7: Albert Einstein (1879-1955)
Infatti non tutti i fenomeni celesti risultavano comprensibili sulla base della sola
fisica Newtoniana.
La ‘teoria della relatività generale’ afferma che lo spazio-tempo viene curvato dalla
presenza di una massa e che un’altra massa più piccola si muove allora come effetto
di tale curvatura.
Figura 8: In base alle loro velocità iniziali corpi attratti da una grande massa possono subire solo una
deviazione (a), entrare in orbita (c), oppure essere catturati dal corpo(e) 10
Allo stesso modo i fotoni emessi da una sorgente luminosa, quando passano nelle
vicinanze di un corpo massivo subiscono una deviazione per effetto della curvatura
spazio-temporale.
Questo comporta un cambiamento del percorso della luce rispetto alla traiettoria
originale e la formazione di immagini multiple della sorgente astronomica.
Figura 9: Effetti di un corpo massivo che può sdoppiare la luce.
I corpi massivi responsabili del cambiamento di traiettoria della luce sono chiamati
‘lenti gravitazionali’.
Quando questa lente è costituita da galassie o ammassi, l’immagine è formata da due
o più oggetti puntiformi, oppure da archi luminosi.
Figura 10: Due esempi di lenti gravitazionali 11
Misurando l’angolo di curvatura della luce si è poi risaliti alla massa della lente che è
risultata essere dalle 10 alla 30 volte superiore alla massa visibile, quindi le lenti
gravitazionali sono considerate una grande prova a supporto dell’esistenza della
materia oscura.
Quando la lente è formata da corpi più piccoli del Sole si parla di microlente e questi
corpi sono detti MACHO (MAssive Compact Halo Object).
Questo corpo comporta una variazione angolare troppo piccola e non si vede quindi
uno sdoppiamento dell’immagine.
Se però la sorgente è fissa e la lente è in movimento si possono vedere apparenti
variazioni di luminosità della luce emessa dalla stella sorgente.
La massima luminosità si ha quando sorgente, lente e osservatore sono sullo stesso
allineamento.
Studiando la variazione di luminosità si arriva a stimare la massa dell’oggetto non
visibile, perché troppo piccolo per emettere luce propria, che genera la lente
gravitazionale.
Le lenti gravitazionali permettono di ottenere informazioni sulla presenza di materia
non visibile localizzata in posti specifici come grandi pianeti, buchi neri o galassie. 12
Ω
Il parametro e le teorie cosmologiche
La massa del cosmo ci permette di dedurne il suo destino. Le equazioni della
relatività generale prevedono tre modelli sulla fine dell’Universo:
• Universo chiuso;
• Universo piatto;
• Universo aperto.
Un parametro che permette di discriminare fra le possibili forme geometriche
dell'Universo e di stabilire il destino ultimo dell'Universo, è la densità media di
materia presente nell'Universo.
Si introduce il parametro Omega uguale al rapporto tra la densità dell'Universo e un
1
valore specifico chiamato densità critica . Se la densità dell'Universo è inferiore alla
densità critica l'Universo continuerà a espandersi per sempre; se è superiore,
l'espansione cesserà nel futuro, e sarà seguita da una contrazione.
Omega > 1 Omega = 1 Omega < 1
Figura 11: Possibili forme dell’universo: sferica , piatta e iperbolica.
Se Omega > 1, lo spazio ha una geometria sferica e l'Universo si espanderà per poi
richiudersi su se stesso. Esso viene detto Universo chiuso.
Se Omega = 1, lo spazio è euclideo, la sua geometria è piatta e l'Universo si
espanderà per sempre.
1 La densità critica è la minima densità di massa attuale dell'Universo che lo renderebbe "chiuso". 13
Se Omega < 1 l'Universo è detto aperto, si espanderà per sempre e la sua geometria è
iperbolica.
Diventa quindi fondamentale valutare la massa totale dell'Universo e discriminare fra
le varie forme del cosmo e del suo possibile futuro.
L’astrofisica moderna è portata a credere che l’Universo sia piatto.
Tutti gli esperimenti finora effettuati (per esempio moltissimi esami sul viaggio dei
neutrini) hanno evidenziato un che discosta pochissimo in positivo da 1.
Ω
Supposta intorno ai 13-14 miliardi di anni l’età dell’Universo, se l’Universo non
fosse piatto la densità si sarebbe discostata immensamente da 1.
Ω
Il fatto di trovare un quasi uguale a 1 ci porta a dire che esso sia 1. Se l’ non
Ω Ω
fosse stato al momento della creazione esattamente 1, anche solo di un piccolo
spostamento, oggi sarebbe molto diverso da 1. 2
Le prove teoriche e sperimentali sulla nucleosintesi , e dei primissimi istanti di vita
del cosmo dimostrano la necessità teorica di un Universo piatto.
Se l’Universo è effettivamente piatto come sembra, la materia presente deve essere
tale da giustificarlo. La massa luminosa, come l’abbiamo dedotta all’inizio di questa
discussione porterebbe al un valore di pari a 0,01-0,02.
Ω
La materia visibile fornisce solo l’1%-2% circa della massa necessaria per giungere
oggi alla densità critica. Perchè l’ipotesi dell’Universo piatto possa reggere serve
sicuramente più materia.
Le stime più abbondanti sulla presenza di materia oscura, dicono che la materia
oscura sia da 10 a 20 volte maggiore rispetto a quella visibile: arriviamo a un pari a
Ω
0.2-0.3. Siamo ancora molto lontani dall’Universo piatto. La materia oscura sembra
fornire solo il 10-20% di Ω!
L’ipotesi dell’universo piatto richiede molta più materia, oppure molta più energia.
Uno scenario affascinante si presenta agli astronomi: e se il vuoto non fosse vuoto, se
il vuoto fosse energetico?
2 La nucleosintesi denomina il processo della produzione degli elementi durante le prime fasi dell'universo, subito dopo
il Big Bang 14
15
Materia oscura barionica: MACHOs
3
Quella parte della materia oscura che sappiamo essere barionica si pensa sia
costituita da MACHOs. Il termine MACHO (plurale MACHOs) è un acronimo che
sta per MAssive Compact Halo Object, ossia oggetto massivo compatto di alone.
L'acronimo è nato nei primi anni '90 del secolo scorso, nel quadro dei tentativi di
individuare la natura della cosiddetta materia oscura.
Esso viene utilizzato per indicare oggetti astronomici che potrebbero rappresentare
una parte della materia oscura presente nell'alone delle galassie.
La categoria dei MACHOs comprende tutti gli oggetti cosmici ‘usuali’ che non
emettono luce: stelle di neutroni, buchi neri, nane brune, pianeti, polveri interstellari.
I MACHOs a livello di particelle elementari sono costituite da nuclei atomici
convenzionali.
Dal punto di vista storico, l'ipotesi che la massa degli aloni galattici potesse essere
spiegata solamente con oggetti astronomici ‘convenzionali’ di scarsa luminosità è
stata avanzata fin dagli anni seguenti il 1970, immediatamente dopo le prime misure
delle curve di rotazione delle galassie a spirale.
L'ipotesi che la materia oscura fosse costituita da MACHOs subì un duro colpo nel
decennio successivo, quando le teorie cosmologiche cominciarono a richiedere
l'esistenza di materia oscura "non barionica".
Tuttavia l’ipotesi dei MACHOs sopravvive tuttora, anche se solo limitatamente a
quella piccola parte di materia oscura barionica.
Finalmente negli anni immediatamente successivi al 1990 fu possibile sottoporre la
’ipotesi MACHOs’ ad una verifica sperimentale. La tecnica usata fu quella di un
monitoraggio sistematico di alcuni milioni di stelle delle Nubi di Magellano.
Lo scopo era di individuare variazioni nella luminosità di queste stelle che fossero
dovute al passaggio (transito) di un MACHO dell'alone della nostra galassia sulla
linea di vista: questi transiti hanno l'effetto di incrementare fortemente la luminosità
3 Si dice materia barionica quella materia che conosciamo, costituita essenzialmente di protoni, neutroni ed elettroni 16
della stella osservata, per via di un effetto di lente gravitazionale (già descritto in
precedenza).
L'esperimento MACHO ebbe successo, rivelando alcuni eventi che con tutta
probabilità sono dovuti a lenti gravitazionali causato dal transito di un MACHO.
Tuttavia questi eventi sono in numero molto inferiore a quello che ci si aspetterebbe
nel caso che la materia oscura dell’alone galattico fosse composta solo da MACHOs.
La conclusione generalmente accettata è che i MACHOs esistono, ma la loro massa
totale è molto inferiore a quella dell'alone di materia oscura, per cui essi non sono
importanti a livello cosmologico; inoltre essi sono quasi sicuramente trascurabili
anche al livello della dinamica interna delle galassie.
La presenza dei MACHOs giustifica con termini usuali, la materia oscura barionica.
Figura 12: Registrazione indiretta di un MACHO. Fra le due figurine a sinistra notiamo una “luce” in più Per l’effetto
lente gravitazionale un MACHO di passaggio ha aumentato la luminosità della stella. Nell’immagine più
grossa addirittura l’immagine reale e quella apparente prodotta dalla lente vengono risolte. 17
La materia oscura calda: veloce come la luce
I neutrini
Si definisce materia non barionica calda quella composta da particelle che si
muovono a velocità relativistiche, ovvero prossime a quella della luce. Il candidato
principale per questo tipo di materia oscura è il neutrino.
Poiché il neutrino interagisce debolmente quando si muove attraverso la materia la