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Istituto d’istruzione Superiore “C.POERIO”
Liceo delle Scienze Sociali
Socio - Psico – Pedagogico
Linguistico
Candidata: Carmela INGANNAMORTE
Classe V B
A.S. 2008/2009
LINGUAGGIO & LINGUAGGI
Il linguaggio è una prerogativa dell’uomo, senza il quale non
sarebbe tale. Non esiste, infatti, in nessun altro essere vivente un
linguaggio simile per complessità e livello di elaborazione.
Rappresenta, dunque, un elemento fondante la vita psico-sociale
dell’essere umano. Per tale motivo, mi è sembrato opportuno, se
non doveroso, terminare un percorso di studi socio- psicologico,
approfondendo un argomento di simile rilevanza.
Il linguaggio è un attributo essenzialmente umano; difatti,
tutti gli animali comunicano, ma solo il linguaggio umano può
riferirsi a eventi lontani, generare e comprendere espressioni non
usate in precedenza, combinare nel suo vocabolario, in maniera
sempre nuova, un numero di suoni distinti.
La comunicazione è possibile poiché c’è una relazione tra
segno e oggetto, determinata da una “regola”, un codice, che vale
per coloro che partecipano alla comunicazione. Nonostante ciò,
l’uomo può comunicare usando termini che designano categorie più
elevate, ossia si serve di parole astratte, che indicano la relazione
tra oggetti, fatti o funzioni logiche. Le parole sono legate tra loro per
mezzo di regole di grammatica e di sintassi; ma, in casi particolari,
ad esempio, nei codici e nei linguaggi cifrati, la frase può avere
senso, anche se non rispetta tali regole.
Sin dalla preistoria, il modo di comunicare è stato gestuale e
verbale. Il linguaggio dei gesti può apparire più primitivo di quello
della parola, poiché con esso non si possono esprimere concetti
molto ricercati, ma sappiamo bene che a volte un gesto è molto più
eloquente di mille parole.
Nell’antichità, i primi modi di comunicare sono stati
tracciare segni nel terreno, disegnare graffiti sulle rocce; si faceva
ciò per diffondere informazioni, conoscenze, ma anche per
ingannare la tribù nemica. Con mezzi semplici potevano esprimere
concetti abbastanza complessi.
L’uomo, con il passare del tempo, riuscì a fissare in simboli
ciò che prima esprimeva in gesti e suoni inarticolati. La dinamica
evolutiva del linguaggio è parallela alla maturazione dei processi
cerebrali e all’estensione della dimensione sociale dell’uomo; per
questo il sistema linguistico è definito diacronico, indicando un
complesso che può variare nel tempo riguardo alla funzione, datagli
dalla società.
Lo sviluppo del processo di verbalizzazione, dipende
dall’esperienza del soggetto, dalla sua maturazione affettiva e
fisiologica; il linguaggio, quindi, diviene espressione concreta del
vissuto individuale e, mentre il bisogno di esprimersi è innato
nell’uomo, il processo di comprensione del rapporto tra segno
verbale e significato si acquisisce con l’apprendimento. Il linguaggio
ha prevalentemente un valore di stimolo e risposta.
Si può dedurre che esiste una naturale predisposizione al
linguaggio, ma, perché essa maturi, c’è bisogno di essere in un
contesto di comunicazione umana e verbale. Di conseguenza, il
linguaggio ha bisogno di tre basi: biologica (a livello anatomo-
fisiologico), intellettiva (che porta alla conoscenza) e ambientale
(che offre un mondo linguistico già compiuto).
Il linguaggio assolve diverse funzioni, indipendentemente
dal contesto storico in cui è usato. Esse prediligono ognuna uno dei
sei elementi dell’atto comunicativo: l’emittente (f. emotiva), il
destinatario (f. conativa), il contesto (f. referenziale), il codice (f.
poetica), il messaggio (f. metalinguistica) e il contatto (f. fàtica).
In linguistica le azioni linguistiche sono definite atti
performativi e si distinguono tre livelli di linguaggio: l’atto locutivo,
l’atto illocutivo e l’atto perlocutivo.
Anche il significato dei termini adempie diverse funzioni;
Infatti esistono varie tipologie di significato:
Significato estensivo: la capacità di comunicare dipende dalla
comunità che ha creato il linguaggio;
Significato intensivo: il livello di comprensibilità del significato del
termine dipende dal livello di consenso sociale circa il suo
contenuto;
Associazione verbale: il significato di una parola può essere
considerato individuando la serie di parole cui essa è associata, in
correlazione alla classe e alla professione dei soggetti;
Significato connotativo: ogni parola è carica di ripercussioni
emotive e cognitive, indipendenti del significato proprio;
Significato contestuale: il significato della parola varia in rapporto
al contesto logico in cui è inserita.
Per l’uomo il linguaggio è strettamente vincolato a delle
potenzialità superiori a ogni altra specie, giacché ha una corteccia
cerebrale preposta a comprendere ed elaborare linguaggi. La zona
del linguaggio interessa gran parte della corteccia parietale
dell’emisfero sinistro, e comprende quattro centri correlati tra loro:
centro di Broca, centro di Wernicke, centro della memoria visiva
delle parole e centro della memoria dei movimenti necessari per la
scrittura. Questi centri sono definiti centri di associazione, poiché
hanno la funzione di associare e coordinare gli stimoli che giungono
al cervello, produrre le reazioni motrici centrifughe e controllare
l’elaborazione delle attività psichiche.
Per quanto riguarda la parte anatomica, l’apparato fonatorio
dell’uomo è unico. Esso è in stretta comunicazione con l’apparato
respiratorio. All’interno della laringe si trovano quattro ripiegature
della mucosa organizzate a coppie: due inferiori, le corde vocali
vere, provviste di un muscoletto che le fa avvicinare o allontanare,
restringendo o allargando il lume della laringe; due superiori, dette
corde vocali false, formate da una piega della mucosa e da
legamenti tiro-aritenoidei. La parte compresa tra le due coppie è il
ventricolo di Morgagni. Le vere corde vocali sono gli organi di
fonazione, che urtati dall’aria espirata, vibrano ed emettono suoni.
I caratteri distintivi del suono sono: l’altezza, l’intensità e il timbro.
L’altezza del suono dipende dal numero di vibrazioni
prodotte nell’unità di tempo (frequenza), dalla lunghezza e dalla
tensione delle corde; l’intensità discende dall’ampiezza delle
oscillazioni, dalla forza e dalla pressione dell’aria espirata; il timbro,
invece, deriva dalla natura del corpo sonoro, ossia dalla
conformazione della laringe e dai fenomeni di risonanza.
Il suono generato dalla vibrazione delle corde vocali (suono
glottideo) è inarticolato, ma combinandosi con rumori della corrente
d’aria espirata all’interno della cavità faringeo-boccale-nasale e
modificandosi grazie al movimento delle labbra, della lingua, del
palato e dei denti, diviene linguaggio articolato.
Le vocali sono suoni laringei modificati e rinforzati nella
cavità faringeo-boccale; le consonanti sono rumori prodotti dalla
vibrazione irregolare delle varie parti del tubo faringeo-boccale
sotto l’urto dell’aria espirata. Le consonanti si distinguono in labiali,
dentali e gutturali, secondo l’organo che è interessato
maggiormente per la loro espressione.
Nell’uomo l’emissione di suoni da parte del sistema
fonatorio precede l’organizzazione della fonazione in linguaggio
articolato. Il pianto del neonato è la prima manifestazione fonatoria
per esprimere un disagio. Dalla nascita ai 6 mesi il neonato emette
solo grida, mentre dai 6 ai 9 mesi egli emette suoni, ripetendo una
sillaba, prima inconsciamente, poi volutamente. Dai 9 mesi fino ad
1 anno avviene una riduzione dei suoni, in base ai condizionamenti
dell’ambiente, e comprende le prime parole. Dopo il primo anno
d’età, il bambino inizia a comporre parole che riassumono intere
frasi, e ai 2-3 anni egli inizia a parlare, per mezzo di un numero
maggiore di parole e rispettando alcune regole grammaticali e
sintattiche. A 4 anni il fanciullo possiede un lessico ampio,
appropriato, rispettando il codice e, in seguito, potrebbe anche
assumere uno stile linguistico personale o influenzato
dall’ambiente.
La storia può mostrarci come il linguaggio si sia modificato
nel tempo, anche in funzione del governo presente.
Il fascismo, ad esempio, impose il suo marchio anche nel
linguaggio: prescrisse l’uso del Voi al posto del Lei, diffuse per radio
e cinema molti slogan, come “Libro e moschetto fascista perfetto”.
Durante il fascismo furono usati anche termini rivisitati nel
significato: camerata, per indicare chi era iscritto al partito fascista;
camicia nera, per chi aveva marciato su Roma. Nel 1937, si
definirono in maniera diversa anche i giovani organizzati nella
balilla,
Gioventù Italiana del Littorio. I per classificare i bambini
avanguardisti,
compresi tra gli 8 e i 14 anni; per i giovani dai 14 ai
figli della lupa.
18 anni e, per i più piccoli, era usato il termine
Inoltre, le cariche pubbliche furono qualificate con nomi precisi,
gerarca podestà
per indicare le massime autorità del Partito e
sostituiva il sindaco .
Il fascismo si affermò in Italia nel 1922 con la marcia su
Roma da parte di Benito Mussolini e le camicie nere. Il primo
governo del Duce (1922- 1924) fu legalitario e alle elezioni del 1924
ebbe la maggioranza dei voti con violenze e intimidazioni; quando
Giacomo Matteotti denunciò l’evento, fu rapito e ucciso dagli
squadristi. Per questo i rappresentanti dei partiti antifascisti si
ritirarono sull’Aventino e nel 1925 il fascismo divenne una dittatura:
furono create le leggi fascistissime, furono sciolti tutti i partiti
oppositori e fu istituito il Gran Consiglio del Fascismo. Fu nominata,
inoltre, la polizia segreta e il Tribunale Speciale per controllare e
giudicare gli antifascisti. Tutta la vita dei cittadini fu controllata dallo
Stato. Nel 1929 la Chiesa e Mussolini firmarono i Patti Lateranensi.
In economia, il fascismo cercò di realizzare l’autarchia e, anche se si
volle modernizzare l’agricoltura e l’industria, l’Italia rimase
arretrata. In politica estera, l’Italia fu nazionalista e colonialista. Nel
1936 Mussolini si legò a Hitler con l’asse Roma - Berlino e
introdusse in Italia le leggi di Norimberga. Questo legame si rafforzò
con il Patto d’acciaio. Quando nella Seconda Guerra Mondiale l’asse
fu sconfitto, l’Italia fu liberata e Mussolini fu arrestato e fucilato.
Cosi terminò il ventennio fascista.
Il tema del linguaggio è stato affrontato da diversi teorici nel
tempo, in vari ambiti.
In ambito filosofico, il linguaggio è stato esaminato da
diversi pensatori, quali Wittgenstein e Arendt.
Ludwig Wittgenstein (1889-1951) elaborò il Tractatus logico-
philosophicus, in cui prende in esame il linguaggio scientifico e
afferma che la filosofia è analisi del linguaggio, che è identificato
con il pensiero. Secondo il filosofo, il linguaggio è rappresentazione
del mondo e, quindi, sono presenti un isomorfismo tra linguaggio e
mondo e un nesso logico tra parole e oggetti. L’autore individua
nella lingua vari tipi di proposizioni: complesse, elementari,
tautologiche e pseudoproposizioni. Il compito della filosofia è la
chiarificazione linguistico - concettuale, ossia tracciare i confini tra
ciò che è pensabile e dicibile e ciò che non lo è, deducendo il
principio di ineffabilità, secondo il quale non si può parlare di ciò
che supera i limiti del linguaggio raffigurativo.
Nella seconda fase Wittgenstein analizza il linguaggio
comune: esso non è perfetto e unico, ma esistono infiniti linguaggi
possibili, poiché esso è un mezzo di comunicazione legato a nostri
bisogni. Infatti, i termini del linguaggio variano in relazione ai
contesti linguistici in cui sono usati. Questi contesti sono definiti
giochi linguistici. Il compito della filosofia è, quindi, quello di cercare
l’uso delle parole e non il significato autentico, e di descrivere i
linguaggi usati di volta in volta.
Hannah Arendt (1906-1975) propone come primato la vita
attiva cui lega il discorso, che implica uguaglianza e distinzione tra
gli uomini: uguaglianza altrimenti non si potrebbero capire, ma
distinzione, altrimenti sarebbe stato superfluo il discorso per