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classe 5° Cl, C

Indice generale

I. Introduzione

II. Freud e la psicoanalisi

III. Euripide: Medea tra furor e ratio

IV. Apollonio Rodio: l’innamoramento di Medea

V. Virgilio: Didone innamorata

VI. Eveline by James Joyce

VII. Svevo e la psicoanalisi

VIII. Bibliografia

I. Introduzione

Durante questo anno scolastico un tema che ho incontrato in varie

discipline e che mi ha particolarmente affascinata è il conflitto,

presente da sempre nell’uomo, tra ISTINTO E RAGIONE.

Mi ci sono ritrovata, personalmente, come credo la maggior parte

dei miei coetanei, e credo che questo sia legato soprattutto alla

nostra età: la giovinezza, infatti, è il tempo in cui si vivono le

passioni con maggiore intensità e si tende a seguire l’istintualità

più che la razionalità, più propria, invece, dell’età matura.

Da qui la domanda: seguire sempre il “lume” della ragione e ciò

che questa ci indica essere la “retta via”, oppure abbandonarsi alle

pulsioni e ai desideri propri della natura umana?

Scopo della mia tesina non è tanto dare una risposta definitiva a

questo interrogativo quanto, piuttosto, partendo dal punto di vista

psicoanalitico, analizzare personaggi letterari di epoche e luoghi

anche lontanissimi tra loro, accomunati però, tutti, da un forte

conflitto tra istinto e ragione.

II. Freud e la psicoanalisi

Il primo che, da un punto di vista psicoanalitico, ha individuato e

messo in luce il conflitto istinto-ragione presente nella psiche

umana è Sigmund Freud.

Vissuto tra il 1856 e il 1939, laureatosi in medicina, Freud

intraprende gli studi di anatomia del sistema nervoso lavorando nel

laboratorio neurofisiologico di Brucke. Per ragioni economiche

intraprende la professione medica dedicandosi alla psichiatria e,

insieme a Charcot, inizia a studiare i fenomeni isterici giungendo

alla scoperta dell’inconscio.

La medicina ufficiale dell’800 si muoveva in un orizzonte teoretico

di tipo positivistico-materialista. Essa tendeva, infatti, a

interpretare tutti i disturbi della personalità in chiave somatica e a

non prendere sul serio quegli stati psiconevrotici (isterie) in cui

non fossero rintracciabili lesioni organiche corrispondenti.

Tuttavia, ai tempi di Freud, l’isteria aveva attirato l’attenzione di

due medici, già citati, Charcot e Breuer e, mentre il primo era

giunto a utilizzare l’ipnosi come metodo terapeutico e controllo dei

sintomi, il secondo si serviva del metodo ipnotico non come

strumento di inibizione, ma come mezzo per richiamare alla

memoria gli eventi penosi, dimenticati, avendo notato che il

superamento delle amnesie circa fatti spiacevoli della propria vita

personale consentiva una “liquidazione” delle cariche emotive

connesse ai fatti stessi.

Breuer e Freud mettono a punto il cosiddetto “metodo catartico”

consistente nel provocare uno shock emotivo (abreazione) capace

di liberare il malato dai suoi disturbi.

Ponendosi il problema dell’eziologia (ricerca della cause

dell’isteria), Freud arriva a scoprire che la causa della psiconevrosi

è il conflitto intrapsichico tra forze opposte inconsce che operano

al di là della sfera di consapevolezza del soggetto, i cui sintomi

risultano, quindi, psicogeni, cioè non derivanti da disturbi organici,

bensì dalle traversie della mente stessa.

Rifiutando la concezione intellettualistica dell’Io come unità

semplice riportabile al centro unificatore dell’io cosciente, Freud

afferma che la psiche è un’unità complessa, formata da un certo

numero di “sistemi”, luoghi psichici.

La prima topica psicologica viene elaborata da Freud nel capitolo

Interpretazione dei sogni

VII dell’ e distingue tre SISTEMI:

CONSCIO (Cs): Sistema dell’autorappresentazione

 consapevole;

PRECONSCIO (Pcs): Sistema dei fatti psichici latenti, ma

 suscettibili di diventare coscienti con minimo sforzo del

soggetto ;

INCONSCIO (Ucs): Sistema del rimosso, “idee che rimangono

 al di fuori della coscienza”, contenuti forti e attivi , rimossi

dalla coscienza contro cui la stessa coscienza attua una forte

.

resistenza

La seconda topica viene elaborata da Freud a partire dal 1920 e

distingue tre ISTANZE (elementi/forze);

ES ( pronome neutro della terza persona singolare) è l’istanza

 che costituisce il profondo psichico, perché concomitante con

il biologico puro. E’ il “polo pulsionale della personalità”, la

forza impersonale e caotica e - come dice Freud - “un

calderone di impulsi ribollenti”.

La pulsione è un’energia psicofisica, un desiderio che tende a

una meta/oggetto pulsionale ed è retta dal principio del piacere.

Una volta conseguito tale piacere l’ES trova appagamento.

L’Es, in quanto energia, spinta, desiderio, forza, pulsione, è,

secondo Freud, la natura originaria dell’uomo che ragiona solo

sulla base del principio del piacere. Si badi bene che non c’è

nessuna valutazione morale in quanto la natura originaria è al di

là del bene e del male. Esso esiste al di là delle forze spazio-

temporali (poichè le pulsioni rimosse vivono in una sfera senza

luogo e senza tempo) e ignora le leggi della logica, per esempio

il principio di non-contraddizione (tant’è che in esso “impulsi

contraddittori sussistono l’uno accanto all’altro, senza annullarsi

a vicenda”).

SUPER-IO: La coscienza morale, l’insieme dei valori, gli ideali,

 prodotti dall’insegnamento nella famiglia e nella

socializzazione, ed instillati nell’uomo nei primi anni di vita e

che poi lo accompagnano sempre, anche in forma

inconsapevole.

“Il Super-io è il successore e rappresentante dei genitori (ed

educatori”) che avevano vegliato sulle azioni dell’individuo durante

il primo periodo di vita; quasi senza modificarle, esso perpetua le

loro funzioni”

IO: è la parte organizzativa della personalità che si trova a

 dover fare i conti con l’esigenza di quei tre “padroni severi”

che sono l’Es , il Super-io e il mondo esterno. In altri termini,

l’Io è l’istanza che si trova a dover “equilibrare”, tramite

opportuni “compromessi”, pressioni disparate e per lo più in

contrasto tra loro:

“Spinto così dall’Es, stretto dal Super-io, respinto dalla realtà,

l’Io lotta per venire a capo del suo compito economico di

stabilire l’armonia tra le forze e gli impulsi che agiscono in lui e

su di lui; e noi comprendiamo perché tanto spesso non ci è

possibile reprimere l’esclamazione: la vita non è facile!”

Nell’individuo normale l’Io riesce a padroneggiare la situazione

e fornisce parziali soddisfazioni all’Es, senza violare in forma

clamorosa gli imperativi e le proibizioni che provengono dal

Super-io. Ma se da un lato le esigenze dell’Es sono eccessive, o

se il Super-io è troppo debole, l’Io è condotto allora a

comportamenti asociali o proibiti: il soggetto diventa un

delinquente o un perverso. Oppure può accadere che il Super-io

troppo rigido provochi la rimozione, o altri processi di difesa; le

istanze dell’Es, divenute inconsce, si manifestano come sintomi

nevrotici.

III. EURIPIDE: MEDEA TRA FUROR E

RATIO

Il personaggio che, a mio parere, incarna perfettamente il conflitto

tra la forza passionale ed istintiva e la ratio è Medea.

Nonostante le numerose sfumature con cui diversi autori di epoche

differenti l’ hanno tratteggiata nelle loro opere Medea è una donna

sconvolta da una passionalità frustrata; ella ha concentrato la

propria esistenza in modo maniacale in Giasone e nella dimensione

erotica. In nome del suo innato desiderio d’amore ha tradito il

padre dando ascolto solo alla voce del suo cuore turbato, ansante,

affannato, sconvolto da impulsi contrastanti.

presentandoci

Nel prologo della tragedia di Euripide la

Medea,afferma, ai versi 6-8 :

…la mia padrona non avrebbe navigato alla volta della terra di

Iolco ferita nell’anima dall’amore per Giasone.

 organo del sentimento, è una voce interiore,

Parola chiave è lo ,

irrazionale e passionale,

l’io sede delle emozioni a cui Medea dà

ascolto facendolo diventare la motivazione del viaggio.

Il coro nel primo stasimo al verso 435 nomina di nuovo il cuore (in questo caso

 e ribadisce:

)

Tu invece (Medea) affrontasti il mare (partendoti) dalle case

furente animo

paterne con e abiti su una terra straniera avendo

perduto l’amore del deserto talamo, misera e vilipesa, sei scacciata

esule da questa terra.

Il tema dell’eccesso d’amore che non lascia scampo è

()

trattato dal coro nel secondo stasimo al verso 628 dove il coro

celebra un amore controllato e moderato, all’insegna della

 (“sapere resistere a una divinità, ad una passione, ad

un elemento di confusione e di disordine presente nell’anima”).

Autocontrollo ed equilibrio quindi al posto della passione, che in

questo caso è causa di turbamento e disordine anche per Giasone

che se ne è lasciato catturare, abbandonando moglie e figli per un

nuovo matrimonio. (una forza esterna che afferra colui che



prova desiderio ed inonda lo per sottometterlo).

Medea ora, ingannata ed oltraggiata ( dall’oggetto del

suo amore è ora infelice in preda ancora al furor che la

(, di

porta ora al desiderio di vendetta. Medea del secondo

la

episodio al verso 465 introduce il conflitto interno al personaggio

tra ragione ed emozioni.

La divisione della sua personalità si è rivelata già poco prima

nell’opera, nel contrasto tra gli anapesti che il pubblico le sente

recitare fuori scena, intensamente patetici, ed il suo discorso

d’esordio composto ed ordinato (v. 214). Il suo lato emozionale si

manifesta nello sfogo del risentimento accumulato, mentre gli

elementi di consapevolezza retorica del proemio riflettono il suo

tentativo di autocontrollarsi e organizzare un discorso lucido e

razionale.

Il V EPISODIO

Già la nutrice nella parodo presagisce qualcosa di tragico quando

afferma di avere visto la sua padrona infuriata come un toro

sguardo come se meditasse di fare qualcosa e

(nello

capisce che non avrebbe cessato allo sdegno prima di essersi

abbattuta su qualcuno. Medea infatti conclude che non le resta che

uccidere i figli (segno dell’oggettivazione del rapporto con

Giasone). Intorno a questa non facile decisione si sviluppa il

“grande monologo” del quinto episodio, tutto giocato sul conflitto

tra dichiarazione del progetto e volontà di metterlo in atto da una

parte, e l’esitazione propria di una madre dall’altra.

In questo lungo pezzo, che va dal verso 1021 al 1080, colpisce

soprattutto il tono appassionato.

Lo strumento privilegiato è l’anafora da un verso all’altro v.1021 (o

tekna tekna, v.1025 prin e v. 1026 prin, v. 1029 allos e v. 1030 allos,

v, 1040 tì e v. 1041 ti; v. 1044 e v. 1048 khaireto bouleumata, v.

1056 me..me, v. 1062 pantos e v. 1064 pantos ).

Il personaggio appare in preda a un’onda emotiva intensa e forte a

fronte della quale il progetto, già delineato, di uccidere i figli,

vacilla e, in realtà, è il personaggio stesso a vacillare.

Il contrasto è drammatico e tutto interno alla psiche della

protagonista:



v. 1040





Ahimè! Ahimè! Perché mi guardate con quegli occhi, o figli? Perché

sorridete dell’ultimo sorriso? Ahimè! Che farò?

Risponde inizialmente richiamando il cuore (potenza emotiva che

genera l’azione) il quale sembra soccombere:



v. 1041





Il cuore, infatti, mi viene meno, o donne, come vedo lo sguardo

sereno dei miei figli. Non potrei; addio decisioni di prima.

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