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Freud e Svevo

E' alquanto problematico stabilire quale fosse il rapporto di Svevo con la psicanalisi perché, se da

un lato risulta evidente che questa ha occupato un posto molto importante nella sua riflessione, non

si può negare che Svevo avesse un atteggiamento fortemente critico nei confronti di Freud.

Sappiamo dalla sua corrispondenza privata che Svevo accettò la psicanalisi non come terapia, ma

come tecnica d'indagine. Nonostante avesse avuto il cognato in cura, a Vienna, dal grande

psicanalista teutonico, Svevo non condivise mai quella che Freud chiamò analisi terminabile, ma

incentrò il suo interesse sull'analisi interminabile, vista come uno strumento conoscitivo utile per

indagare più a fondo la realtà psichica e capace quindi di divenire un ottimo strumento narrativo.

A tal proposito risulta illuminante una lettera del 10 Dicembre 1927 a Valerio Jahier nella quale

Svevo afferma: "Grande uomo quel nostro Freud, ma più per i romanzieri che per gli ammalati".

Nella stessa lettera Svevo consiglia a Jahier, desideroso di curare una propria malattia nervosa, di

rivolgersi alla scuola di Nancy basata sulla suggestione e l'autosuggestione, diffidando delle

capacità curative della psicanalisi.

Ma Svevo si spinge oltre, fino a negare la necessità di curare la malattia e,

anzi , arriva a lodare la condizione del malato. Del resto già nella

Coscienza aveva scritto: "La salute non si analizza da sola, solo noi malati

sappiamo qualche cosa di noi stessi". La malattia diventa quindi

condizione necessaria e sufficiente per la creazione artistica, perché è un

filtro che impedisce di vedere la realtà dal solito, banale punto di vista cui

siamo abituati. Costringe cioè a vedere la realtà da un'angolazione

straniante che permette all'inetto di capire quanto la vera malattia risieda in

tutti gli altri: negli immobili borghesi e nei finti superuomini.

La vita, insomma, è lei stessa una malattia, e l'inetto ha il pregio di

ammettere la sua condizione di malato mentre i cosìddetti sani sono malati

senza saperlo. L'inetto è, quindi, come Svevo arriverà a dire in L'uomo e la teoria darwiniana, un

abbozzo che è ancora aperto ad un'evoluzione in tutte le direzioni; frutto della selezione naturale,

sopravviverà a qualsiasi situazione perchè in gardo di adattarsi adeguatamente ad ogni

cambiamento.

A proposito della Coscienza, bisogna far notare come non possa essere assolutamente definito il

"romanzo di una psicoanalisi". Il racconto scritto viola chiaramente la prassi psicanalitica e il dottor

S. non osserva nessuna della regole basilari del trattamento. E forse, proprio in questo possiamo

notare l'avversione di Svevo per la psicoanalisi. Così come la scrittura controllata dalla ragione è

l'opposto delle teorie freudiane, così pure il dottor S(igmund?) può essere la proiezione dell'odio

dell'eroe, e per questo si riduce a macchietta ridicola. Questa visione mi sembra però un po'

limitante: Svevo sembra presentarci Freud scetticamente ,ma fa del suo mito conoscitivo

l'argomento del suo romanzo ed in parte lo segue. E' del resto facile vedere la nascita dei sensi di

colpa di Zeno nell'inconsistente rapporto con suo padre. Questo episodio può essere facilmente letto

alla luce delle teorie di Freud ,come può esserlo pure l'episodio dei funerali di Guido. Cos'è in fondo

l'errore di Zeno se non il più tipico degli "atti mancati"?

In definitiva, se è vero che Svevo seppe anticipare il suo ispiratore nelle tematiche dei primi

romanzi, vero è anche il debito dello scrittore italiano nei confronti di Freud che, con le sue teorie,

seppe ispirare Svevo e dargli nuovi punti di riflessione,sfociati poi in quel capolavoro che è La

Coscienza di Zeno. FREUD E L'ARTE

Freud incontrò Dalì a Londra nel 1938, e dopo questo incontro Freud scrisse al suo amico Stefan

Zweig una lettera dove esprimeva le sue opinioni a riguardo.

“Devo realmente ringraziarla per quello che il visitatore di ieri mi ha rivelato. Fino ad ora io

ero incline a considerare i surrealisti, che sembra mi abbiano prescelto come il loro santo

patrono, dei puri folli, o diciamo puri al 95 per cento, come l'alcool...Il giovane spagnolo con i

suoi occhi evidentemente sinceri e fanatici e la sua innegabile maestria tecnica mi ha suggerito

una diversa valutazione. Sarebbe davvero assai interessante esplorare analiticamente le

origini di una pittura del genere. Eppure come critico uno potrebbe avere il diritto di dire che

il concetto di arte resiste al fatto di essere esteso oltre il punto in cui il rapporto quantitativo

tra il materiale inconscio e l'elaborazione preconscia non è mantenuto entro certi limiti.

Tuttavia, questi sono problemi psicologici seri”.

Malgrado la brevità, questa lettera ci aiuta a capire le idee di Freud sull'arte e le ragioni che lo

inducono a respingere tanto l'espressionismo quanto il surrealismo come non-arte. Secondo lui il

surrealismo non è arte perché si basa solo sulla trasposizione di quello che lui definisce "processo

primario". E' questo un processo in cui le impressioni e le esperienze della nostra vita da svegli

sono mescolate e combinate in permutazioni imprevedibili proprio come nei sogni. L'innegabile

maestria tecnica del giovane Dalì gli fa per un attimo pensare di essere stato troppo affrettato nel

suo giudizio, ciò nonostante non esita a bollare per matti espressionisti e surrealisti.

IL SURREALISMO .

Non soltanto Joyce attinse dalla lezione freudiana materiale e ispirazione per la propria opera, bensì

il movimento surrealista fece di essa uno dei propri capisaldi ideologici.

Il Surrealismo è un movimento artistico-letterario nato in Francia negli anni Venti e precisato

ufficialmente nelle sue linee programmatiche nel primo “Manifesto surrealista” del 1924, ad opera

dello scrittore francese André Breton. nell’Europa del primo dopoguerra. La delusione era lo stato

La matrice reale del movimento si trova

d’animo dominante tra gli intellettuali europei; una delusione radicale, dal momento che il caos e la

sembravano l’unico esito di tutte le promesse di progresso che avevano

distruzione post-bellica

illuso l’Europa di inizio secolo.

La nascente filosofia surrealista coglie un punto di mistificazione particolarmente significativo: la

ragione è posta sul banco degli accusati, la prima lotta surrealista è contro di essa, la quale aveva

prodotto gli sviluppi tecnici e scientifici del secolo precedente e determinato la logica del potere

esistente.

L’arte e la letteratura cercano dunque una serie di alternative che possano aprire strade

rivoluzionarie.

Caratteristica del movimento è l’attenzione alla dimensione dell’uomo che oltrepassa la sua realtà

ordinaria e percepibile con gli strumenti della logica.

Torna allo scoperto quella soggettività di matrice romantica, che si era vista svalutata durante il

secolo precedente, un’interiorità che era stata esplorata a partire da Turner e Géricault, o da

Wordsworth e i poeti romantici inglesi.

Costoro però si erano limitati a rapportare lo sguardo verso il profondo con il mondo esteriore,

proiettandolo cioè nell’aspetto della natura.

Il Surrealismo si pone dunque come ultimo sviluppo di un'intera linea di ricerca che, inaugurata con

tale introspezione psicologica nel Romanticismo, era stata poi approfondita attraverso il

rinnovamento linguistico ed espressivo operato dal Simbolismo.

Soltanto nel corso del XX secolo infatti si assiste alla creazione di forme atte a rappresentare la

parte oscura della coscienza, quell’inconscio ampiamente teorizzato nello stesso periodo da

Sigmund Freud.

I Surrealisti tentano la rielaborazione in chiave creativa del pensiero psicoanalitico. La psicoanalisi,

nel suo compito di liberazione e svelamento delle forze occulte dell’inconscio, dei tabù e delle

costrizioni che la coscienza troppo rigida impone alla personalità soprattutto nella sfera sessuale, dà

l’impulso principale al progetto surrealista di rifondazione dei vari aspetti dell’esistenza umana,

proprio a partire da un atto di liberazione da qualunque consapevolezza razionale (di ispirazione

dadaista) e culturale che non permetta il libero accesso e l’immediata trasposizione della fantasia

sulla mano che realizza l’opera d’arte.

L'attività immaginativa, basata sul materiale illogico ed apparentemente assurdo delle immagini

mentali, trova così nella specificità del linguaggio artistico la sede ideale della sua analisi ed

espressione.

Il sogno entra con l’onirico a far parte dell’universo costitutivo dell’arte e della letteratura non solo

come fantasia allegorica o stravagante come in passato, ma come diretta espressione dell’inconscio

portato così alla luce dalla profondità dell’Io.

E’ necessario ricordare, però, che nonostante i surrealisti dichiarino come coordinata essenziale del

loro pensiero le teorie psicoanalitiche freudiane, Freud rifiuta di considerare la poetica surrealista

come una filiazione legittima della psicoanalisi. Egli, pur ammettendo che il processo primario

(inconscio) sia per sua natura preverbale, non arriva mai a capire la natura concettuale dell’arte

figurativa contemporanea, asserendo: “Non sono in grado di rendermi conto di ciò che è e di ciò che

il Surrealismo; forse non sono indicato a comprenderlo, io che sono tanto lontano dall’arte”.

vuole

Il movimento surrealista è accompagnato sin dall’inizio da una pletora di manifesti e dichiarazioni

programmatiche che esplicitano i nuclei portanti della sua poetica, così come le numerose riviste

pubblicate dal gruppo affermano la presenza di un forte collante ideologico rappresentato non solo

dalla teoria bretoniana, ma anche dalla scelta di assumere modelli di riferimento artistico-letterari

precisi ed individuabili sia nel Simbolismo di Baudelaire o in quello di Redon e Moreau, sia nella

metafisica di De Chirico, a cui si deve aggiungere la carica dissacratoria del quasi contemporaneo

dadaismo.

Nel rapporto col Dada, il Surrealismo si pone in antitesi, dal momento che rappresenta una forza

costruttiva, volta alla creazione di una “realtà assoluta, una surrealtà, se così si può dire.” (Breton).

Nel Secondo Manifesto (1930) Breton afferma che il fine dei surrealisti è “tentare di ottenere una

disposizione dello spirito dalla quale vita e morte, reale e immaginario, passato e futuro,

comunicabile e non, non siano più percepiti come contraddizioni.”

Anche dal punto di vista politico il movimento ebbe una tendenza comune: orientati sin dall’inizio

sinistra, all’avvento al potere di Stalin si divisero, molti pronunciandosi a favore di

su posizioni di

Trotskij; quasi tutti comunque mostrarono un atteggiamento battagliero nei confronti delle dittature

fascista e nazista, contro le quali avrebbero combattuto nelle file della resistenza durante la seconda

guerra mondiale.

La definizione di Surrealismo data da Breton nel manifesto del 1924 è la seguente:

"Automatismo psichico puro con il quale ci si propone di esprimere sia per iscritto o in qualunque

altra maniera, il funzionamento reale del pensiero. Dettato del pensiero, in assenza di ogni controllo

esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica o morale".

Ad esso seguiva un commento filosofico: "Il Surrealismo si basa sulla fede nella realtà superiore di

certe forme di associazione fino a lui trascurate, nell’onnipotenza del sogno, nel gioco disinteressato

del pensiero. Tende a distruggere definitivamente tutti i meccanismi psichici e a sostituirsi ad essi

nella soluzione dei principali problemi di vita".

I Surrealisti infatti inizialmente tentano di assumere a metodo il concetto di automatismo psichico;

ciò avviene soprattutto attraverso prove di "scrittura automatica" con la quale si intende l'operare

dell'artista che procede secondo un'immediata corrispondenza tra inconscio ed azione pittorica, ma

anche poetica, che porta alle estreme conseguenze alcuni elementi sia delle passate poetiche

romantiche, ma anche di quelle simboliste, una rappresentazione cioè non precedentemente

meditata.

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