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Battista Verga Catalano e Caterina di Mauro Barbagallo. Il padre discendeva dal

ramo cadetto dei baroni di Fontanabianca ed era cavaliere di diritto. La madre

apparteneva a una famiglia della borghesia catanese e si poteva considerare,

per quei tempi, donna di non comune cultura. Il nonno paterno era stato

carbonaro, anzi capo della carboneria vizzinese e poi deputato al parlamento

siciliano del 1812. 1

Compiuti gli studi primari e medi, Giovanni frequenta la scuola di Antonino

Abate, letterario e patriota, e, poi, del canonico Mario Torrisi. Il tipo di

educazione ricevuta è, sul piano politico, patriottica risorgimentale e, sul piano

letterario, sostanzialmente romantica.

Si iscrive alla facoltà di legge ma non termina gli studi, tutto preso dalle

vicende storico-politiche, Giovanni aveva solo vent’ anni quando Garibaldi

guidò in Sicilia l’impresa dei Mille.

Per un giovane educato ai valori romantico-risorgimentali, quell’evento

segnò una data memorabile: Verga resterà sempre fedele ai valori dell’unità

nazionale e al culto del Risorgimento.

I maestri e le letture della adolescenza sono caratterizzati in modo chiaro: da

ragazzo Antonio Abate; si appassiona ai romanzi patriottici dello scrittore

catanese Domenico Castorina; legge Dante, Petrarca, Ariosto, Tasso, Monti,

Foscolo, Manzoni; prende lezioni private di filosofia dal francescano padre

Antonino Maugeri.

Di questa educazione testimoniano le prime prove narrative: l'inedito

Amore e patria , ispirato alla rivoluzione americana e scritto a sedici anni.

Subito dopo l’arrivo di Garibaldi, dirige vari giornali patriottici e pubblica a

I carbonari della montagna

proprie spese un romanzo storico, (1861), che

rappresenta la lotta del popolo calabrese contro gli invasori francesi di Murat.

Sulle lagune

Poi dà alle stampe un romanzo patriottico ambientato a Venezia,

Una peccatrice

(1863). Infine, con (1866), compone un romanzo romantico

ancora sostenuto dall’ideale dell’amore-passione.

1 F. DE ROBERTO, Casa Verga, a cura di C. MUSUMARRA

1. , Firenze, Le Monnier, 1964,

pp.28, 136-137, 43 ( il vol. raccoglie saggi e articoli pubblicati da De Roberto tra il 1920

e il ’25, anticipazioni di un libro sulla vita e l’ opera dell’ amico, che non riuscì a

realizzare). Per la biografia di Verga fondamentale la Vita di G. Verga di G. RAYA (Roma,

Herder, 1990).

La vera storia dell’arte di Verga comincia con il periodo fiorentino (1869-

72). Dopo un primo soggiorno a Firenze nel 1865 e la morte del padre, Verga si

stabilisce in questa città, allora capitale d’Italia, nel 1869. Qui frequenta lo

scrittore romantico Francesco Dall’Ongaro , giornalista e professore di

letteratura drammatica. Conosce i poeti Giovanni Prati e Aleandro Aleardi e la

scrittrice Caterina Percoto, autrice di racconti di ambiente paesano. Diventa

Una peccatrice

autore di successo dapprima con il romanzo (1866) e quindi

Storia di una capinera

con edita nel 1871. Fondamentale, negli anni

fiorentini, è l'incontro con Luigi Capuana con il quale inizia un rapporto

d'amicizia e un sodalizio letterario.

Alla fine del novembre 1872 si trasferisce a Milano, dove resterà

stabilmente per circa un ventennio, seppur con lunghi soggiorni in Sicilia.

Milano era allora capitale letteraria. Attraverso l’esperienza della scapigliatura,

i letterati milanesi erano in contatto con le ricerche più avanzate degli altri

paesi, a partire dalla Francia. Qui Verga frequenta il celebre salotto della

contessa Clara Maffei e quelli di Vittoria Cima e di Teresa Mannati-Vigoni;

conosce gli scapigliati Praga, Boito, Gualdo, Cameroni, e al caffè Cova, ritrovo

di intellettuali e artisti, frequenta Rovetta, De Roberto, Giacosa, Torelli-Violier,

Fortis, Trevez. Eva (

Nei primi anni del soggiorno milanese pubblica 1873), destinato a

Nedda Eros

fare scandalo nei critici avversi al naturalismo, (1874), (1875),

Tigre reale Primavera e gli altri racconti

(1875) e la raccolta di novelle

(1876).

Alla fine del 1877 l’arrivò a Milano di Luigi Capuana, anche lui siciliano,

scrittore e critico letterario, contribuisce alla formazione di un gruppo di

narratori e di critici (ne fanno parte, con Verga, anche Cameroni e Sacchetti)

che si propone di creare il “romanzo moderno” attraverso l’adesione al

naturalismo sostenuto in Francia da Emile Zola. Il primo racconto naturalista o

Rosso Malpelo

verista di Verga è , scritto nel 1878. Contemporaneamente

Padron ‘Ntoni

Verga getta via l’abbozzo di romanzo intitolato , a cui stava

lavorando, e lo riscrive di sana pianta alla luce della nuova poetica: e infatti

Vita dei Campi

questi sono i mesi in cui elabora, oltre ai racconti veristi di

I Malavoglia

(1880), il romanzo (1881). Vita dei

Il decennio che va dal 1880 al 1889 è quello dei capolavori: dopo

campi I Malavoglia Novelle Rusticane( Per le vie (1883),

e escono 1883),

di ambientazione siciliana le prime e milanese le seconde, il dramma scenico

Cavalleria Rusticana , che conosce un grande successo nel 1884, le novelle

Vagabondaggio (1887), la prima edizione (1888) e la seconda (1889) di

Mastro-don Gesualdo . Mentre escono le sue opere più impegnate, Verga

continua a coltivare anche un filone narrativo minore, destinato al grande

pubblico che preferiva le opere di argomento mondano e aveva infatti accolto

Il marito di Elena

con indifferenza i capolavori veristi. Così pubblica (1882) e

Drammi intimi (1884), novelle ambientate nel mondo alto borghese e

nobiliare. In questo decennio, inoltre, Verga conosce Zola e Maupassant; viene

tradotto in Francia; viaggia in Europa, visitando Parigi e Londra.

In politica, dal 1878 al 1882 appare vicino agli ambienti della Destra

storica, che propongono di affrontare la questione agraria riducendo il potere

degli industriali del Nord Italia a vantaggio dei proprietari terrieri meridionali.

Dopo il 1882, Verga si allontana da ogni prospettiva politica. Assume

atteggiamenti via via più conservatori e perfino reazionari, di tipo nazionalista

e antisocialista. Mastro-don Gesualdo

Dopo l'uscita di , Verga non riesce a completare il

“I Vinti”

progetto de , che doveva indurlo a descrivere, attraverso cinque

romanzi, i diversi ambienti sociali dell’Italia moderna. Lavora a lungo al terzo

La duchessa di Leyra

romanzo, , senza finirlo ( i primi due romanzi sono I

Malavoglia e Mastro don Gesualdo), e rinuncia a comporre gli altri due previsti,

L'onorevole Scipioni L'uomo di lusso

e (che dovevano essere dedicati

rispettivamente all'ambiente parlamentare romano e al mondo degli scrittori e

degli artisti). Dal 1893 Verga ritorna a risiedere a Catania. Anche nei rapporti

privati (ad esempio, nella lunga relazione con la duchessa Dina Cortellazzi di

Sordevolo) il suo pessimismo è sempre più vicino al cinismo. Lavora per il

La lupa

teatro, fra l'altro con una versione scenica della propria novella (1896).

Nel 1920, a ottant'anni, è nominato senatore. Muore due anni dopo, il 24

gennaio 1922.

LA FASE ROMANTICA DELL’ APPRENDISTATO CATANESE

La formazione giovanile di Verga è provinciale e attardata, ancora tutta

interna al clima romantico. Per esempio, il suo primo romanzo pubblicato, I

carbonari della montagna (1861-62), è proposto come «romanzo storico»,

quando la stagione di questo tipo di romanzi era già tramontata da vent’ anni e

la narrativa si stava ormai orientando verso il romanzo di storia contemporanea

o il romanzo-confessione. Inoltre è tutto romantico il binomio amore e patria

(Amore e patria è anche il titolo significativo del primo romanzo scritto

dall’autore, ma rimasto inedito) che caratterizza la prima produzione catanese,

Sulle lagune

sino a (1863). Anche quest’ ultimo romanzo, infatti, ambienta la

storia d’amore veneziana fra un ufficiale ungherese e una ragazza veneziana

sullo sfondo delle guerre d’indipendenza e delle imprese garibaldine. Il

protagonista rappresenta una delle nazionalità oppresse dall’ Austria e

simpatizza perciò con i patrioti italiani.

Nella produzione catanese si avverte una chiara linea di sviluppo.

Amor e patria I carbonari della

Mentre nei primi due romanzi ( e

montagna Sulle lagune

) l’elemento patrittico è determinante, in costituisce

lo sfondo della storia dell’amore più che il suo vero nucleo narrativo. Infine, nel

Una peccatrice

romanzo successivo, (1865), l’aspetto storico-patriottico è

lasciato cadere e il romanzo s’impernia tutto su una storia d’amore passionale.

Quella fra il giovane artista Pietro Brusio e una bellissima nobildonna Narcisa

Valderi. Desiderio di gloria artistica e volontà di conquista della donna portano

il giovane al successo come commediografo e allora la donna, che prima lo

aveva ignorato, si innamora di lui. A questo punto, però, le convenzioni sociali

finiscono per trionfare: il giovane si stanca dell’amore-passione e Narcisa,

disperata, si lascia morire. In qualche modo, attraverso lei, l’amore romantico

trionfa ancora: l’ideale non si arrende alla realtà e preferisce la morte. Siamo

ancora in pieno Romanticismo.

I ROMANZI FIORENTINI E DEL PERIODO MILANESE

Fondamentale nel suo cambiamento di interessi fu l'abbandono dell'isola nel

1869, quando Verga partì per Firenze. Introdotto dal poeta Francesco Dall'Ongaro nella

buona società cittadina, si dedicò allo studio della vita borghese che aveva davanti

agli occhi, con un particolare interesse per le figure femminili e le vicende

sentimentali, come si può capire dai titoli dei romanzi che scrisse in questo secondo

Una peccatrice Eva Eros

periodo "mondano": (1866), (1873), (1875). Grande

Storia di una capinera

successo riscosse in particolare (1871), il racconto della

monacazione forzata della protagonista che, innamorata del marito della sorella,

muore in preda alla disperazione.

Il marito di Elena

Se il romanzo (1882) continuò lungo questa linea di ricerca

espressiva, la produzione successiva a quella fiorentina prese un'altra strada. Nel

1872, quando si trasferì a Milano, capitale dell'editoria, frequentò gli scapigliati Arrigo

Boigo e Giuseppe Giacosa, grazie anche all'appoggio di Salvatore Farina, uno scrittore

allora molto celebre. Qui fu raggiunto dall'amico Luigi Capuana, scrittore e critico

letterario teorico del verismo.

La svolta letteraria si può datare al 1874, l'anno in cui fu pubblicata una novella

Nedda

intitolata , definita dall'autore un "bozzetto siciliano". L'ambiente non è più

urbano ma rurale; la storia non è più ambientata al Nord ma in Sicilia; i protagonisti

sono umili contadini. Anche qui protagonista della vicenda è una donna, ma la sua

situazione è tragica e concreta, non astratta e sentimentale.

Da quel momento in poi la Sicilia contadina con la sua antica cultura fu al centro

del lavoro dello scrittore catanese, sia nelle novelle, sia nei romanzi.

Vita dei campi Novelle rusticane

I due volumi di racconti (1880) e (1883)

La lupa La

contengono alcuni dei capolavori verghiani, testi divenuti celebri come ,

roba (storia di Mazzarò, un contadino diventato proprietario terriero ma rimasto

Rosso Malpelo

vecchio e solo, ridotto alle soglie della pazzia), (un ragazzo destinato

Cavalleria

a lavorare e a morire in miniera, ricalcando il tragico destino del padre),

rusticana (racconto di un duello mortale scatenato dalla gelosia).

I ROMANZI DELLA MATURITÀ

Mastro-don Gesualdo (1889), invece, mette in risalto la storia del

protagonista che dà il titolo al romanzo. Di origini modeste, Gesualdo riesce a

vincere il suo destino di miseria e diventa ricco. Il matrimonio con la nobile

Bianca Trao non cancella la sua modesta estrazione sociale: persino la figlia

Isabella si vergogna del padre. Rimasto solo, Gesualdo muore nel palazzo

ducale di Palermo, abbandonato dai suoi e ignorato dalla servitù che si prende

gioco di lui.

Anche qui l'ambiente è siciliano (il romanzo è ambientato a Vizzini) e la

lingua rispecchia in modo tecnicamente molto raffinato la realtà che fa da

sfondo al romanzo.

Fu un insuccesso inatteso e Verga, amareggiato, si ritirò a Catania

ciclo dei vinti

abbandonando la scrittura. Il progettato " ", cioè coloro che nella

lotta per l'esistenza sono destinati ad essere sconfitti, che prevedeva altri tre

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