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Questo è un dispositivo costituito da un’asta sospesa ad un filo,libera di muoversi, alla
quale è applicata una carica, ad esempio positiva. Nelle vicinanze è posta un’altra
carica, dello stesso segno.
È possibile misurare la forza elettrica che interagisce tra le due cariche attraverso la
forza elastica che mantiene in equilibrio la bilancia.
Coulomb operò prima con sferette di uguale carica, ripetendo l’esperimento ponendole
a distanze diverse. Scoprì in particolare che la forza di interazione elettrica tra le
cariche è inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza.
Poi ripeté l’esperimento mantenendo fissa la distanza, ma variando le cariche e
prendendo in considerazione tutti i loro sottomultipli. In questo modo arrivò alla
conclusione che a parità di distanza la forza è direttamente proporzionale a ciascuna
delle due cariche e quindi al loro prodotto.
Dall’unione delle due esperienze si evince la formula sopra descritta.
Eros 7 Fisica
Eros: tensione alla perfezione.
Il particolare partecipa all’assoluto
Come sopra accennato, valutando la possibilità di una doppia interpretazione del
concetto di eros, sicuramente una lettura positiva, analoga a quella di Platone, viene
data da Johann Gottlieb Fichte, filosofo del XVIII secolo.
Questi, in “Dottrina della Scienza”, s’interroga su chi sia il
Soggetto conoscente, ripercorrendo una genesi della
coscienza empirica.
Propone un percorso partendo da tre principi:
Il primo riporta l’affermazione dell’ Io, della coscienza
pura. È lo stadio più astratto del pensiero, la fase in cui il
pensiero pone sé stesso come attività pensante.
Contemporaneamente, secondo principio, questa attività
originaria nel porre sé stesso, pone un Non-io, un suo
opposto. Quindi dopo una fase iniziale in cui il pensiero
pensa sé stesso, l’ Io pone poi un oggetto da pensare.
Ma è soprattutto nel terzo principio che emerge l’io
particolare. Questo nasce come sintesi fra le due
condizioni antitetiche iniziali dell’ Io e del Non-io, di tesi e antitesi.
La ricostruzione del processo di formazione della coscienza non assume per Fichte un
significato meramente teorico.
Infatti, dopo aver ripercorso il procedimento in cui l’io empirico perviene alla
consapevolezza di sé come Io assoluto, Fichte sottolinea la necessità dell’attività
pratica dell’uomo.
Afferma infatti che dopo aver compreso il senso della realtà il compito dell’uomo, del
filosofo in particolare, non può fermarsi, ma anzi inizia qui il suo impegno per mettere
in atto ciò che ha compreso per dar vita ad un mondo libero e razionale.
L’attività pratica si situa in particolare nell’opposizione io- non io.
Infatti il non io rappresenta l’ostacolo e il compito morale dell’io si attua proprio nello
sforzo di superare questo impedimento.
Il non io appare propriamente come materia, natura, limite corporeo, nonché impulso
naturale. Ma l’io empirico non è solo schiavitù all’impulso, è anche modificazione della
materia e slancio e godimento dell’oggetto. In questo processo l’io e il non io si
limitano reciprocamente.
Ciò che muove l’attività dell’io particolare al superamento dell’ostacolo è lo stesso Io
assoluto, inteso come volontà originaria, che pone il non io.
Eros 8 Filosofia
Nel superare i propri limiti sensibili l’io empirico va realizzando la libertà dell’ Io puro.
In questo modo Fichte riscatta la finitezza del singolo che partecipa al farsi
dell’assoluto.
Nel rapporto tra Io e Non io si definisce il compito storico dell’uomo e la sua libertà.
L’attività morale dell’uomo non potrà mai avere fine, perché proprio nella continua
tensione alla perfezione risiede la vita e la libertà dell’ Io puro. Inoltre se veramente
si attuasse il bene e la perfezione e il mondo diventasse giusto, libero e razionale, gli
uomini sarebbero fuori dalla storia ed entrerebbero in un’utopistica metafisica.
Dunque l’Io puro come Fichte lo intende, ovvero come forza che alimenta la coscienza
empirica e la sua attività pratica, può essere paragonato a eros, come impulso che
spinge l’uomo, proposto da Platone.
Eros 9 Filosofia
Eros: Punto di Contatto tra Uomo e Dio?
Può una lettura di eros in termini positivi essere fatta nell’ambito del sentimento
religioso cristiano?
Nella terza cantica della celebre Divina Commedia, Dante Alighieri struttura il
Paradiso sulla base di numerosi riferimenti alla teologia come si può ben immaginare.
In particolare propone come motivo dominante in tutti i canti il sentimento di carità.
Questo naturalmente è riscontrabile in tutti gli spiriti che incontra in quanto beati,
ma è nello specifico del canto III che si tratta dell’argomento.
Il pellegrino e la sua guida si trovano nel cielo della luna, definito anche il cielo della
volubilità, dove sono accolti dagli spiriti che in vita sono venuti meno ai voti monacali.
A rappresentanza di queste anime si propone Piccarda Donati ed è proprio nelle sue
parole che troviamo la definizione di carità.
“Frate, la nostra volontà quieta
Virtù di carità, che fa volerne
Sol quel ch’avemo, e d’altro non ci asseta.
Se disiassimo esser più superne
Foran discordi li nostri disiri
Dal voler di colui che qui ne cerne”
Le due terzine sono in risposta al dubbio di Dante riguardo i gradi di beatitudine,
infatti si afferma che la virtù di carità appaga la volontà dei beati e tale carità fa
desiderare loro solo ciò che già possiedono e non li rende bramosi d’altro. Perché se
desiderassero altro, come essere collocati in un cielo superiore, i loro desideri
sarebbero discordi dal volere di Dio che li distribuisce in un certo ordine.
Per questa spiegazione l’autore fa riferimento alla definizione di carità proposta dalla
scolastica, intesa come perfetta adesione tra la volontà dell’amante e quella
dell’amato.
Se dunque identifichiamo con eros la ricerca della cosa amata, la carità può
rappresentare la risoluzione ultima di tale percorso. Ovvero il totale soddisfacimento
del desiderio appagato dall’amore divino e dalla beatitudine.
Eros 10 Divina Commedia
Eros: Volontà Dominatrice
Se è possibile dare un giudizio positivo ad eros, sarà possibile leggerlo anche in una
chiave negativa.
A riuscire in questo intento è stato sicuramente Arthur Schopenhauer, filosofo
polacco del XIX secolo. Questi propone il “Mondo come volontà e
rappresentazione” riprendendo il concetto tutto
kantiano della conoscenza come elaborazione da
parte del soggetto del mondo come
rappresentazione.
Ma si va ben oltre, l’intento di Schopenhauer infatti
è quello di “squarciare il velo di Maya”, ovvero
andare al di là della mera rappresentazione, per la
conoscenza di ciò che Kant definiva noumeno.
Schopenhauer ne deduce che la cosa in sé è
strettamente legata alla materialità del soggetto
conoscente, essa infatti è volontà di vivere, impulso,
passione, desiderio, in una sola parola volontà.
Questi sono gli stessi caratteri che si erano definiti
per eros, ma S. degenera il concetto platonico. Infatti disegna il volere come
movimento caotico, non razionale, senza alcuna finalità, che domina la vita dell’uomo
provocando sofferenza.
L’unico scopo della volontà è la propria conservazione e per questo intento necessita
dell’uomo che con i suoi desideri contribuisce ad alimentarla.
La vita umana è dominata dall’ossessione del soddisfacimento dei propri desideri,
l’uomo si dice infelice perché non riesce a soddisfarli supponendo che una volta
raggiunto l’oggetto bramato possa acquietarsi. In realtà scopre che se si termina la
ricerca si è privi di quella spinta che prima il desiderio ci conferiva. Quindi non si vive
più il soddisfacimento per aver raggiunto la cosa desiderata, ma la noia, fintanto che
non si trova un altro oggetto del desiderio.
La vita dell’uomo dunque diventa l’incessante, inutile e irrazionale ricerca di un
qualcosa, che non ci interessa tanto in sé quanto per il desiderio di questa.
La ricerca della felicità mostra la sua illusorietà in quanto al termine di ogni nostra
azione ci attende il medesimo dolore e sentimento che ci aveva spinto a compierla. Ma
anche perché l’individuo si illude di operare in base alle proprie libere scelte, quando in
realtà è schiavo della volontà che lo opprime senza concreta via di fuga, se non la
totale ascesi e il completo annichilimento della propria materialità.
Eros 11 Filosofia
Eros nel Don Giovanni
Si potrebbe a tal proposito portare come esempio le figure che lo stesso Kierkegaard
proponeva come modello, in particolare per la vita estetica.
Egli presenta le figure del Don Giovanni di Mozart e di Giovanni il seduttore per
esemplificare appunto la vita spesa nella ricerca di esperienze sempre nuove, di
un’esistenza, se così si può chiamare, votata a rincorrere il piacere. In questo caso
particolare gli individui sono mossi dalla passione sessuale, ma sono sempre simbolo di
una ricerca ossessiva ed effimera, non tanto di una donna quanto dell’emozione di un
attimo.
Anche in questo caso per le due figure subentra la noia, vagamente nascosta
dell’euforia, tipica di questo stile di vita, per la quale non ci si accorge di essere
travolti dal meccanismo della seduzione e dalla schiavitù dell’oggetto che si crede di
possedere, ma dal quale in realtà si è vissuti.
Eros 12 Filosofia
La Perfezione al Gusto di Cicoria
Mantenendosi sulla scia di eros come ricerca tormentosa, si può far riferimento a un
ben preciso periodo nella storia in cui il raggiungimento della perfezione era diventato
un imperativo categorico a discapito di qualsiasi cosa o persona potesse impedirlo,
ovvero il ventennio fascista.
A regime ormai instaurato, Mussolini diede il via a tutta una serie di opere per creare
un perfetto ed assoluto stato totalitario. Ma tutto ciò fu realizzato senza uno
sguardo realista e oggettivo di quella che era la situazione effettiva in Italia.
L’esempio più lampante può essere l’attuazione dell’autarchia.
Nei primi anni del regime si attuò come politica economica il liberismo, dando spazio
alla libera impresa privata. Ma il coincidere di
un’inflazione dilagante e delle eco della crisi
economica del 1929 portarono alla scelta di
un’autosufficienza economica, con la
nazionalizzazione delle industrie e delle banche
(IMI, IRI).
L’autarchia intendeva aumentare i dazi doganali,
così da scoraggiare le importazioni estere, e
incrementare la produzione di materia prima sul
territorio italiano, in modo da non soffrire la
mancanza di prodotti stranieri.
L’intenzione comportò numerose ricerche di
giacimenti minerari per rifornire l’industria,
ormai volta quasi esclusivamente alla produzione
bellica, e un’ingente intensificazione della
produzione di grano per sostenere le necessità di tutta la nazione.
Questo spinse Mussolini ad opere positive come la bonifica di territori paludosi, come
l’Agro Pontino, da riutilizzare per la semina, ma causò anche il declino di tutte quelle
produzioni più pregiate che erano alla base dell’economia italiana e che la
caratterizzavano rispetto altri paesi, come il vino. Portò anche alla privazione di beni
di lusso, come caffè e zucchero, sacrificio che venne ben accetto grazie all’opera di
propaganda fascista in cui il duce sosteneva che agli italiani il caffè piace amaro e al
gusto di cicoria perché ha il sapore di un prodotto di provenienza tutta italiana.
Questo non è che un esempio dei sacrifici che il paese dovette sopportare per
sostenere le folli manie di grandezza del proprio capo del governo, il quale a sua volta
non agiva che dietro l’ombra dell’alleata tedesca e della figura carismatica di Hitler.
Un altro episodio ben esplicativo dell’ ideologia fascista fu la guerra in Etiopia, per
quanto riguarda la politica estera.
Eros 13 Storia
Quando l’Italia era diventata ormai un paese forte, moderno e audace, alla pari con le
altre nazioni europee, almeno secondo l’immaginario mussoliniano, non poteva essere
priva di territori coloniali in cui potesse misurare la propria grandezza.