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problema della stabilità politica era tutt’altro che risolto: anzi il parlamento risultò

ancora più frazionato. Le forze liberaldemocratiche potevano avere la maggioranza

solo con i deputati fascisti (fra i quali Mussolini). Ciò rese debolissimo il nuovo governo,

presieduto da Bonomi e accrebbe anche il peso politico dei fascisti.

Violenza e legalità: la nascita del Partito fascista

Il problema di Mussolini, a questo punto, era quello di trasformare il movimento

fascista in una forza politica e vi riuscì al congresso dei Fasci, del novembre 1921,

trasformando il vecchio movimento nel Partito nazionale fascista.

l programma del Partito fascista era un programma di impronta nettamente

conservatrice e nazionalistica, che rassicurava nello stesso tempo la borghesia

agraria, industriale e commerciale.

Prevedeva:

- uno stato forte e la limitazione dei poteri del parlamento;

- esaltava la nazione e la competizione fra le nazioni;

- proponeva la restituzione all’industria privata di servizi essenziali gestiti dallo stato,

come le ferrovie e i telefoni;

- invocava il divieto di sciopero nei servizi pubblici.

Le scissioni socialiste e la disfatta del socialismo italiano

Mentre Mussolini così consolidava la posizione del fascismo all’interno del sistema

politico, mescolando violenza e legalità senza incontrare apprezzabili reazioni da parte

dello stato, il movimento socialista si indeboliva a causa di ulteriori divisioni:

la prima e più importante si verificò al congresso di Livorno del Partito socialista,

quando un gruppo di dirigenti dell’ala sinistra del partito (tra cui Gramsci), se ne

distaccò dando vita al Partito comunista d’Italia;

una seconda scissione si ebbe all’inizio dell’ottobre 1922, quando i riformisti decisero

di dare vita a una nuova formazione politica, il Partito socialista unitario, che ebbe

come primo segretario Giacomo Matteotti.

Profonde divergenze maturavano anche all’interno del Partito popolare tra la destra

cattolico-moderata, il centro di Sturzo e De Gasperi, e la sinistra di provenienza

sindacale. L’avanzata del fascismo approfondì questa frattura, poiché la destra

conservatrice si orientò sempre più decisamente verso un’alleanza con Mussolini in

funzione antisocialista e anticomunista.

La marcia su Roma

Nella tarda estate 1922 Mussolini giudicò maturi i tempi per un’azione di forza. Mentre

da un lato trattava con gli esponenti liberali, tra i quali Giolitti e Salandra, la

formazione di un nuovo governo che sostituisse Facta e che comprendesse anche

ministri fascisti, dall’altro preparava una concentrazione di squadristi armati nella

capitale: nel mese di agosto, Mussolini aveva rafforzato l’apparato militare del

fascismo riorganizzando le squadre in una milizia fascista.

marcia su Roma

La cosiddetta ebbe inizio negli ultimi giorni d’ottobre con

l’occupazione di edifici pubblici in varie città dell’Italia centro-settentrionale, e il 28

ottobre colonne fasciste, senza incontrare resistenza da parte delle forze dell’ordine o

dell’esercito, entrarono nella capitale.

Dal punto di vista militare, i fascisti non avrebbero potuto fronteggiare con speranza di

successo una reazione dell’esercito italiano; ma tale reazione non vi fu, perché il 28

ottobre Vittorio Emanuele III rifiutò di firmare lo stato d’assedio per difendere Roma

sottopostogli da Facta, che si dimise.

Il primo governo Mussolini e la transizione verso la dittatura 41

Il sovrano si piegò di fronte alla minaccia dei fascisti e convocò a Roma Mussolini, al

quale diede il compito di formare un nuovo ministero, che venne presentato in

parlamento il 16 novembre. La marcia su Roma e la formazione del primo governo

Mussolini segnarono il crollo delle istituzioni liberali e democratiche: per la prima volta

nella storia d’Italia un uomo politico si era fatto assegnare il mandato governativo con

la minaccia delle armi.Cosi stava per nascere in Italia una forma di governo di tipo

totalitaria.

Nuove istituzioni fasciste

Il regime fascista introdusse importanti elementi di cambiamento nel sistema politico

italiano. Furono infatti costituiti:

il Gran consiglio del fascismo, un organo che comprendeva i massimi esponenti del

partito e i membri fascisti del governo e che esercitava forte influenza sul governo

stesso;

la Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, una sorta di esercito parallelo agli

ordini del capo di governo, che inquadrava le squadre d’azione antifasciste;

la Confederazione nazionale delle corporazioni sindacali, che riuniva i sindacati

fascisti e che di lì a poco sarebbe divenuta l’unico sindacato autorizzato a operare nel

paese.

La legge elettorale maggioritaria del 1923 e la vittoria del “listone”

La stabilità del governo di Mussolini era tuttavia sempre minacciata, oltre che dalle

opposizioni socialista e comunista, dal fatto che i popolari e i liberaldemocratici

insieme avevano la maggioranza numerica in parlamento e avrebbero quindi potuto

mettere in crisi il governo in qualsiasi momento.

Mussolini riuscì a guadagnare consensi grazie al alcuni provvedimenti contenuti nella

legge di riforma scolastica, approvata nel marzo 1923.

Al fine di rinsaldare la maggioranza di governo e di togliere spazio alle opposizioni,

Mussolini riuscì a far approvare nel 1923 una nuova legge elettorale

maggioritaria: alla lista che avesse ottenuto la maggioranza dei voti (purché

superiore al 25%) sarebbero stati assegnati i due terzi dei seggi. Con questa legge si

andò alle elezioni dell’aprile 1924, che costituirono un momento di svolta cruciale nel

passaggio alla dittatura fascista.

Il Partito fascista si presentò alle elezioni all’interno di una lista nazionale (il

listone).

cosiddetto Il listone ottenne un grande successo con il 65% dei voti:

Mussolini disponeva ora della maggioranza dei deputati ed era riuscito a portare in

parlamento ben 275 deputati fascisti. Brogli e intimidazioni di ogni tipo, operate dai

fascisti, accompagnarono le votazioni.

Il delitto Matteotti

Il 10 giugno 1924 Matteotti, che con un forte discorso alla nuova camera aveva

denunciato i brogli e le violenze elettorali, fu rapito e ucciso dalla squadra fascista.

Il delitto Matteotti scosse profondamente l’opinione pubblica, aprendo una grave

crisi politica: per la prima volta il potere di Mussolini sembrò vacillare. Le opposizioni

parlamentari decisero per protesta di non partecipare più ai lavori della camere

intendendo con questo che non riconoscevano legittimità morale e politica a un

parlamento dominato dai fascisti (fu la cosiddetta secessione dell’Aventino).

Questa fu una scelta di alto significato morale, ma debole politicamente. Vittorio

Emanuele III d’altra parte non destituì Mussolini.

Col passare dei mesi, Mussolini poté gradatamente riprendere in pugno la situazione e

l’epilogo fu il famoso discorso al parlamento, con cui egli si assunse la responsabilità

politica del delitto Matteotti.

Il capo del governo ammetteva pubblicamente di essere responsabile, sul piano

politico, dell’eliminazione di un deputato dell’opposizione. Si aprì così la fase della

dittatura. 41

Le leggi “fascistissime” del 1925-26 e la nuova legge elettorale plebiscitaria

Il progetto politico di Mussolini, a partire dal 1925, mirò alla fascistizzazione dello

stato e della società civile. Punto di partenza di tale trasformazione furono le leggi

dette “fascistissime”:

 il capo del governo fu reso responsabile solo di fronte al re, non più di fronte al

parlamento;

 il parlamento non poteva discutere alcuna legge senza il preventivo consenso

del governo;

 fu soppressa la libertà di associazione, mettendo fuori legge tutti i partiti politici,

a eccezione di quello fascista;

 vennero sostituiti i sindaci elettivi con podestà nominati dal sovrano;

 furono chiusi i giornali antifascisti e tutta la stampa fu sottoposta a un severo

controllo;

 fu istituito il Tribunale sociale per la difesa dello stato.

Questi provvedimenti abolirono di fatto la libertà democratica e il parlamento finì per

assumere una funzione puramente formale, ulteriormente accentuata dalla legge

elettorale del 1928. Questa legge prevedeva infatti che l’elettore potesse solamente

dire “si” o “no” a una lista di 400 candidati designata dagli organi supremi del

fascismo.

Partito e stato

Mussolini, inoltre, provvedeva a “normalizzare” il Partito fascista. La violenza

squadrista non era più necessaria nel momento in cui il regime aveva perfezionato i

suoi strumenti repressivi, grazie al Tribunale speciale, alla Milizia, all’efficientissima

polizia segreta (Ovra) e al pieno controllo delle forze dell’ordine. Mussolini trasformò

dunque il partito in una struttura burocratica e gerarchica, strettamente controllata dal

vertice.

Organo supremo del partito era il Gran consiglio del fascismo. Il Gran consiglio

rimase di fatto l’unico organo entro il quale fosse possibile una qualche dialettica

politica.

Dai sindacati alle corporazioni

Vennero abolite le commissioni interne (organismi di rappresentanti dei lavoratori della

fabbrica); lo sciopero fu proibito per legge.

Venne realizzato l’ordinamento cooperativo, enunciato nella Carta del lavoro del

1927, in base al quale tutti i settori della produzione, del lavoro e delle professioni

dovevano essere organizzate in corporazioni, cioè in organismi che rappresentavano

i diversi interessi ed erano soggetti a un apposito ministero.

L’ordinamento corporativo, di fatto, non venne realizzato e si risolse nell’assoluto

predominio degli imprenditori all’interno delle fabbriche e in un intreccio sempre più

stretto fra industria e stato, fra potere economico e potere politico.

Dittatura e consenso

Con gli anni trenta, il fascismo venne assumendo le caratteristiche di un regime

totalitario. Alla repressione del dissenso il regime affiancò iniziative volte a mobilitare

il consenso della popolazione. Un punto fondamentale di tale strategia fu il controllo

dell’informazione, ottenuto sia proibendo la stampa antifascista, sia creando enti,

come quello cinematografico (Istituto Luce), finalizzati a gestire l’informazione in

senso favorevole al regime.

Le organizzazioni di massa

L’iscrizione al partito divenne obbligatoria per i dipendenti pubblici ed era

comunque un requisito per ottenere impieghi e promozioni. Il partito controllava poi

diverse organizzazioni di massa istituite dal regime per educare la gioventù ai 41

valori fascisti. Queste organizzazioni svolgevano attività ricreative e nel 1937

confluirono nella Gioventù italiano del Littorio.

I patti lateranensi

Mussolini riuscì a giungere ad una conciliazione tra stato e chiesa quando l’11 febbraio

1929 la Santa sede e il governo italiano sottoscrissero i Patti lateranensi, con cui la

chiesa riconosceva la sovranità dello stato italiano, con capitale Roma, e lo stato

riconosceva la sovranità pontificia sulla Città del Vaticano.

La politica economica: le fasi

La politica economica del fascismo attraversò diverse fasi:

 in un primo periodo, tra il 1922 e il 1925, fu una politica essenzialmente

liberista. Il governo da un lato attuò una serie di provvedimenti che favorivano

la libertà di iniziativa economica, dall’altro agì per una diminuzione della spesa

pubblica, attraverso riduzioni del personale statale e aumenti delle tariffe dei

servizi. Quindi questa su un a fase di sviluppo economico e sul piano

finanziario il governo conseguì nel 1924 il primo bilancio attivo dalla fine della

guerra;

 nel secondo periodo, tra il 1925 e il 1930, incominciarono a emergere

difficoltà economiche, dovute a una serie di fattori: il rallentamento

dell’economia internazionale, che mise in difficoltà le nostre esportazioni; la

sempre più rapida svalutazione della lira rispetto alle altre monete, in

particolare alla sterlina; una forte ripresa dell’inflazione. Mussolini decise

quindi la rivalutazione della lira: il cambio con la sterlina venne

successivamente fissato a 90 lire. Questa severa manovra deflazionistica riuscì

a raffreddare l’inflazione.

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