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Estratto del documento

Nasce nel 1839 a San Salvatore Monferrato, in

Piemonte. Entrato nel commissariato militare, fu

trasferito nel Meridione negli anni della lotta al

brigantaggio.

Nel 1864 si stabilì a Milano, dove partecipò alla

vita degli ambienti letterari e fu accolto nel salotto

della contessa Maffei.

L’autore in questo romanzo, da un lato

La sua vita fu tormentata da costanti difficoltà

economiche che egli cercò di alleviare

pone l’attenzione sulla dimensione

collaborando con giornali e riviste.

extrasensoriale che costella la realtà dei

Morì di tifo a Milano nel 1869, ad appena

trent’anni.

propri arcani; dall’altro si occupa del tema

del “dualismo” sia come condizione

interiore, sia come confronto tra figure opposte. I

personaggi sono dotati di una profonda ambivalenza

interiore, oscillante fra categoria di contrari,

amore/distruzione, attrazione/repulsione.

In “Fosca” è molto forte la componente autobiografica del

poeta: Tarchetti nel novembre del 1865 conobbe una certa

Carolina o Angiolina, malata, epilettica, prossima alla

morte, orribilmente brutta.

La figura di questa ragazza di Parma e la tormentata

relazione, confluiranno nel romanzo.

Giorgio, il protagonista, come il poeta, e un militare e

Fosca, come Carolina, è epilettica ed isterica, simbolo

palese della malattia e della morte, corrispettivo femminile

dello scrittore, malato di tisi, come lei tormentata dal

bisogno ossessivo d’amare ed essere amata.

Nucleo del romanzo è proprio questo folle desiderio, causa

di sofferenza fisica e morale che li condurrà alla

distruzione: lui al collasso nervoso lei, alla tomba.

Oltre alla storia del folle sentimento di Fosca, viene narrata

la vicenda di Giorgio che ama, ed è amato da un’altra

donna, Clara, sposata e dalla quale deve separarsi a causa

del proprio trasferimento.

Clara, nella vicenda biografica di Tarchetti, corrisponde

nella realtà alla signora milanese,sua amante con cui il

poeta vive l’idillio d’amore.

Clara e Fosca sono due figure in antitesi: già i nomi delle

due donne sono espressione del tema del dualismo 7

presente nella letteratura scapigliata. Entrambe hanno

venticinque anni ma, sono l’una l’opposto dell’altra, il

sogno e la realtà, la vita e la morte.

Clara, bella e fiorente, simboleggia Eros (amore), la

rinascita dei sogni, delle illusioni, della speranza, della

salute.

Fosca, brutta e malata, rappresenta Thanatos (morte), il

tempo cupo della malattia, la fine degli incanti, il tormento.

Giorgio comincia a conoscere realmente Fosca solo grazie

alla sua assenza, ovvero quando il suo posto a tavola è

lasciato vuoto perché la donna patisce di convulsioni

nervosa; da segnali inquietanti come le “..grida…orribilmente

e il lettore apprende questa

acute, orribilmente strazianti…”

consapevolezza del protagonista, soprattutto grazie alla

descrizione della patologia di cui è affetta:

“(…) è una specie di fenomeno, una collezione ambulante di tutti i

mali possibili (..)”.

Soffre di isterismo che, diversamente da ciò che si credeva

essere, ovvero sintomo di insoddisfazione sessuale, è in

realtà una espressione di carenza di gratificazioni erotiche.

Così si esprime Giorgio quando finalmente la conosce:

“(….) Dio! Come esprimere colle parole la bruttezza orrenda di

quella donna!(….) Né tanto era brutta per i difetti di natura

(….)quanto (…) per la rovina che il dolore fisico e le malattie

avevano prodotto sulla sua persona ancora così giovine. Un lieve

sforzo di immaginazione poteva lasciarne travedere lo scheletro, gli

zigomi e le ossa delle tempie(….) La sua persona era alta e giusta

(…) i suoi mali erano naturalmente dolci (…) Tutta la sua orribilità

era nel suo viso(…)”

Con il volto che ricorda il teschio, Fosca è la

rappresentazione della morte.

A questa descrizione di Fosca e a ciò che prova Giorgio, ben

si sposa la poesia “Memento” di Tarchetti: 8

Quando bacio il tuo labbro profumato,

cara fanciulla, non posso obliare

che un bianco teschio v’è sotto celato.

Quando a me stringo il tuo corpo vezzoso,

obliar non poss’ io, cara fanciulla,

che vi è sotto uno scheletro nascosto.

E nell’orrenda visione assorto,

dovunque o tocchi, o baci, o la man posi….

sento sporger le fredde ossa di morto.

Fosca è orribile nel volto, il quale è lo specchio, la porta

dell’anima e, se l’anima è travagliata ed oppressa, le

afflizioni non possono riverberare sul volto: è per questo

che tutta la bruttezza è nel viso.

Però, è intelligente, sensibile, elegante.

È smisurata in ogni suo aspetto e questa sua eccezionalità,

smisuratezza e anormalità affascinano Giorgio che

percepisce in lei la presenza di uno spessore maggiore, di

un qualcosa interiore. Giorgio infatti ci riferisce su di lei:

“(….) nessun’altra avrebbe saputo amare più intensamente (….)

Ella pensava, agiva, amava come una persona inferma. Tutto era

eccezionale nella sua condotta, tutto era contraddittorio(….)”.

In questa psiche tutta contorta però, pare esserci un

ordine:

“(…) passava da un eccessivo all’altro ad un tratto, senza cause

apparenti; e non aveva alcuna moderazione nei suoi dolori, né nelle

sue gioie(…)”

Giorgio scrive anche della storia vissuta con Clara solo “(…)

, di questa

pel contrasto spaventoso che ha formato col primo(…)”

voluttà crudele, causa di sofferenza.

Inoltre, opposta a Fosca, Clara è:

“(…)una donna giovane e bella(…) sì serena, sì giovane, sì

fiorita(…) vi era nulla di fatuo, nulla di fiacco, nulla di puerile nel

suo carattere; e pure nessuna donna fu mai più affettuosa, più

dolce, più arrendevole, più accarezzevole, più eminentemente

donna (…) era alta, pura, robusta, serena (…)”

Gli elementi di sorprendente modernità non sono tanto la

forte componente autobiografica, l’indagine sugli effetti 9

della passione estrema sui due protagonisti, il tema degli

opposti bene/male e bello/brutto ma, il confronto tra le due

donne Clara/Fosca, normalità/anormalità, come anche

Giorgio che inizialmente è “normale” e nel finale è

contagiato dall’”anormalità” di Fosca.

Da “Fosca”, grazie al regista Ettore Scola, ne

nacque il film “Passione d’amore”.

Il regista, che seguì fedelmente la trama del

romanzo, sottolineò

soprattutto gli aspetti psicologici della storia, gli

effetti della passione estrema sui due

protagonisti, Giorgio e Fosca, il tema degli

opposti e della diversità, della

normalità/anormalità, bello/brutto, bene/male,

nel confronto tra le due donne Fosca e Clara,

senza tralasciare comunque la descrizione del

delirio di Giorgio, persona inizialmente “normale” e nel finale

irrimediabilmente contagiato dall’”anormalità di Fosca. 10

Nell’ambito pittorico, ciò che reputo possa esprimere

questo tema del dualismo, il contrasto e il tentativo di una

sintesi fra due opposti è “La tavola imbandita (Armonia

in rosso)” di Matisse, dove il contrasto fra

–1908/1909-

interno della stanza e il paesaggio primaverile incorniciato

dalla finestra, è molto forte perché accentuato dal colore

rosso dell’interno, colore più acceso e di maggior contrasto.

L’immagine riunisce i quattro generi praticati da Matisse:

natura morta, paesaggio, figura, interno: generi disparati

ma che riconcilia adottando un doppio registro pittorico,

quello realista e quello astratto-decorativo, il cui rapporto è

una chiave di lettura fondamentale dell’immagine. 11

– sosteneva Matisse-

“Per me il soggetto di un quadro e il suo

sfondo hanno lo stesso valore, o, per dirlo più chiaramente, nessun

punto prevale sull’altro, conta solamente la composizione, il

modello generale. Il quadro è fatto dalla combinazione di superfici

variamente colorate”.

L’interno della stanza è appiattito, la composizione perde di

volume e assume bidimensionalità: la stoffa rossa della

tavola si espande in tutta la parete di fondo, riducendo i

piani in un’unica barriera solida.

In ogni caso la tridimensionalità non è del tutto dissolta: la

testa della donna proietta un’ombra sul suo collo, la

prospettiva imposta diagonalmente tende a ovalizzate

fruttiera e bottiglie, una con vino bianco l’altra con vino

rosso, si rimpiccioliscono gli alberi e le case visibili

all’esterno.

Dunque, lo “spazio realista” non scompare, ma Matisse gli

sovrappone il registro decorativo, scaturito dal ripetersi dei

motivi ornamentali blu sopra la nota dominante del rosso.

Così, anche il colore rosso trova la propria giustificazione

realistica nel tessuto stampato; la linearità consente alla

prospettiva di integrarsi nel sistema astratto.

Il conflitto fra sistema realista e registro astratto decorativo

è superato attraverso il gioco di richiami e corrispondenze

instaurato fra gli elementi di entrambe le parti.

La contrapposizione fra interno ed esterno è sottolineata

con insistenza: la macchia verde del prato spicca sul muro

rosso quasi vi fosse ritagliata. Si noti poi il contrasto netto

fra il rettangolo verde e la donna in bianco e nero:

l’opposizione si ripropone tra i fiori del giardino e la frutta

sul tavolo e, trova una sintesi nel vassoio al centro della

tavola dove, fiori e frutta sono riuniti.

Tali contrasti non lacerano l’immagine, in quanto gli

elementi dell’interno e quelli dell’esterno trovano

rispondenza e abbinamenti ora nella forma, ora nei colori.

La donna si china sulla tavola come, l’albero più grande si

piega verso i fiori che costellano il prato; le volute della sua

capigliatura riprendono quelle del fogliame, così come le 12

macchie gialle dei frutti richiamano quelle dei fiori. Il tetto

della casa all’estremità opposta al giardino, riprende le

linee dello schienale della sedia in primo piano. I rami degli

alberi, infine, riecheggiano il motivo vegetale del tessuto

stampato anzi, fra i due avviene uno scambio che ne

sottolinea l’affinità: i rami si riducono ad arabeschi, mentre

le linee dipinte, risultano quasi in rilievo.

Mediante questo gioco di forme, Matisse ricongiunge ciò

che era diviso; come egli stesso dichiara: “io non dipingo

cose, ma soltanto i rapporti che le collegano”.

Henry Matisse nacque il 31 dicembre 1869. A seguito di una,

durante la convalescenza iniziò a dipingereNel 1992 entrò nello

studio di Moreau. La sua prima esposizione risale al 1896, presso il

Salon de la Société nationale . Successivamente venne a contatto

con la pittura impressionista.Dopo il 1907 decise di aprire un

Accademia. Nel 1911 fu costretto a chiuderla.La sua prima mostra

all'estero, fu a New York. A partire dal 1930 è all'apice della

carriera.Nel 1949 Matisse il museo di Lucerna gli organizza la più

grande retrospettiva , esponendo 308 delle sue opere.L'anno

successivo la XXV biennale di Venezia gli assegna il massimo

riconoscimento come miglior artista straniero.Muore a Nizza il 3

novembre 1954. 13

William Blake’s collections “Songs of Innocence and

Songs of Experience” represent only a fragment of his

total poetic production, but well illustrate his major themes

d his style. The two collections, which Blake

engraved and illuminated by hand,

appeared separately.Though

contrasting with one another, the two

parts are meant to be

complementary.

Externally the state of innocence

seems to apply to the condition of

man in the Garden of Eden before the

Fall.

Internally and psychologically it

applies to the condition of the child

who has not yet experienced the evils

of both the individual and society.

The inner state of innocence is

externalized by Blake in a world of images such as the

lamb and the child.

In Innocence, the traditional order of society is benevolent

as it is based on feelings of love and generosity.

Experience is the world of adult life, when people are

selfish, incapable of spontaneity, and the social order

produces inequality between individuals and exploitation of

one human being by another. It is a state of life whose 14

external symbols are sounds and sights of distress or a

creature like the tiger of “fearful simmetry” is the poem of

that name.

The two states coexist within the human being – they are

“the two contrary states of the human soul”: innocence is

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