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Il Piacere,

Nel 1889, il primo romanzo di D’Annunzio, inaugura il Decadentismo

in Italia. Intanto, però, le pressanti richieste dei creditori lo inducono a stabilirsi

a Napoli. Mentre accoglie le novità del Simbolismo europeo sposta la sua

residenza a Francavilla.

La vera svolta avviene nel 1895 quando D’Annunzio conosce l’attrice Eleonora

Le Vergini delle rocce

Duse e pubblica il romanzo dove riecheggia il mito del

La città morta,

superuomo. Nel 1898 concepisce la tragedia prima di una serie

di opere scritte per la Duse.

Con lei, nello stesso anno, si trasferisce nella villa ‘La Capponcina’. Anche la

sua relazione con la Duse finì. Le grandi spese dovute al suo bisogno del

superfluo gli causano il sequestro della Capponcina. D’Annunzio, quindi, si ritira

in esilio in Francia.

Tornato in Italia nel 1914 sostiene con

infiammati discorsi l’intervento in guerra

dell’Italia. Nonostante l’età si arruola 8

come volontario e prende parte ai

combattimenti compiendo coraggiose

imprese. Si batte in fanteria compie

incursioni aeree ma perse un occhio.

Nell’agosto del 1918 vola su Vienna per

lanciare manifesti tricolori sulla città. È

l’ultima delle azioni che producono

enorme impressione in Italia e nel mondo.

Nel 1919 deluso dal trattato di pace,

organizza una legione di volontari e

occupa con un colpo di mano la città istriana di fiume. Qui istituisce un vero e

proprio stato dove lui era il dittatore e che dura più di un anno fino al Natale di

sangue quando viene sloggiato con la forza. Dal 1921 risiede nella casa-museo

del Vittoriale, sul lago di Garda dove si spegne il 1 marzo 1938.

Decadentismo in Europa e in Italia

Espressione letteraria della crisi culturale in corso al principio del Novecento, il

Decadentismo, è una tendenza che abbraccia due decenni dell’Ottocento e il

primo quindicennio del Novecento. Esso viene chiamato Decadentismo in Italia,

Estetismo o Modernismo in Inghilterra, Simbolismo in Francia.

La tendenza dei poeti decadenti era quella di promuovere un’arte antinaturale,

che si fondasse, cioè, non sulla rappresentazione del vero e della realtà, ma sui

lati oscuri del mondo e della vita, su quanto sfugge alla ragione (l’inconscio,

l’enigma). Insiste perciò su elementi irrazionali, come la sensazione o

l’intuizione. D’Annunzio è, insieme con il Pascoli, il poeta più

rappresentativo del Decadentismo italiano, almeno della

prima parte; ma, pur essendo quasi contemporanei -

appena otto anni separano la nascita di Gabriele

D’Annunzio (1863) da quella del Pascoli (1865), essi sono

poeti, sotto molti aspetti, assai differenti tra loro.

Anzitutto il Decadentismo del Pascoli fu più istintivo che

consapevole, con scarse o inesistenti sollecitazioni e

influenze esterne (ad eccezione del Poe e di Baudelaire,

infatti, non pare che il Pascoli conoscesse altri testi del

Decadentismo europeo); il Decadentismo del D’Annunzio

fu invece frutto di scelte precise, operate nell’ambito delle più svariate

tendenze del Decadentismo europeo, assimilate e padroneggiate per

l’eccezionale disponibilità del suo spirito alla più varie e ardite esperienze di

vita e di arte.

E` vero che il D’Annunzio assimilò le tendenze più appariscenti e superficiali

del Decadentismo europeo, come l’estetismo, il sensualismo, il vitalismo, il

panismo, l’ulissismo (inteso però in senso dinamico, attivistico, come ricerca di

esperienze sempre nuove ed eccezionali, e non in senso vittimistico, di

perseguitato dal destino, come quello del Foscolo), ma ne ignorò il misticismo

gnoseologico (ossia la concezione della poesia come strumento di conoscenza

del mondo ultrasensibile) ed il dramma della solitudine umana e dell’angoscia

esistenziale.

Tuttavia, nonostante questo limite vistoso, egli non solo divenne parte

integrante del movimento decadente europeo, ma seppe creare un proprio stile

di vita e di arte che va sotto il nome di « dannunzianesimo », un fenomeno

culturale e di costume tanto diffuso che si può dire che all’Italia largamente

carducciana della seconda metà dell’Ottocento, successe, tra la fine

dell’Ottocento e i primi del Novecento, un’Italia altrettanto largamente

dannunziana, nonostante la contrarietà dei tanti oppositori e denigratori.

Decadentismo dannunziano 9

Tra gli aspetti più significativi del Decadentismo dannunziano si possono

ricordare:

1) L’estetismo artistico - cioè la concezione della poesia e dell’arte come

creazione di bellezza, in assoluta libertà di motivi e di forme - sorto come

reazione alle miserie e alle "volgarità" del Verismo;

2) L’estetismo pratico, che ha un rapporto di analogia con l’estetismo artistico:

anche la vita pratica deve essere realizzata in assoluta libertà, al di fuori e al di

sopra di ogni legge e di ogni freno morale;

3) L’analisi narcisisticamente compiaciuta delle proprie sensazioni più rare,

sofisticate, raffinate;

4) Il gusto della parola, scelta più per il suo valore evocativo e musicale che per

dell’Alcyone;

il suo significato logico. Esso culmina nei capolavori

5) Il panismo, ossia la tendenza ad abbandonarsi alla vita dei sensi e

dell’istinto, a dissolversi e ad immedesimarsi con le forze e gli aspetti della

natura, astri, mare, fiumi, alberi; a sentirsi, cioè, parte del Tutto, nella

circolarità della vita cosmica.

L’influenza di D’Annunzio sul costume, la letteratura, la

politica

Per dannunzianesimo s’intende spesso il complesso degli atteggiamenti

deteriori del D’Annunzio, che influenzarono la vita pratica, letteraria e politica

degli italiani del suo tempo.

D’Annunzio suscitò interesse e curiosità, influenzando la società

dall’aristocrazia alla borghesia alle quali riuscì ad imporre la moda dei suoi

atteggiamenti estetizzanti, narcisistici, edonistici, immorali e superomistici.

Nella vita letteraria con i suoi virtuosismi lessicali e stilistici diventò il modello

di tanti poeti del suo tempo.

Nella vita politica dapprima con la sua eloquenza fastosa di interventista e poi

con le imprese eroiche e leggendarie di combattente, galvanizzò l’ingresso

dell’Italia in guerra; poi con il gusto estetizzante dell’avventura e della

ribellione all’autorità costituita (al tempo dell’impresa fiumana) influenzò il

Fascismo, al quale il dannunzianesimo fornì gli schemi delle celebrazioni

esteriori, dei discorsi roboanti e vuoti, dei messaggi e dei motti (ricordiamo il

famoso ‘memento audere semper’) l’uso del gagliardetto, la teatralità dei gesti

e le pose istrionesche del capo.

Ma il dannunzianesimo non fornì al Fascismo soltanto gli schemi esteriori, che,

tutto sommato, potevano anche rimanere innocui: gli lasciò anche eredità più

dell’habitus

nefaste e brucianti, che vennero a far parte mentale fascista, come

la mancanza di senso storico; il fastidio o il disprezzo per il lavoro umile;

l’improvvisazione; la faciloneria; la sottovalutazione e il disprezzo degli

avversari: tutti elementi che portarono l’Italia alla guerra e alla disfatta.

L’arte come modello di vita

D’Annunzio fin da giovane non nascose la sua passione per l’arte, il lusso e

tutto ciò che è bello. Da quando si trasferì a Roma, il vate abruzzese frequentò

sempre i salotti letterari romani dove veniva a contatto con l’aristocrazia e le

novità letterarie.

I generi praticati da D’Annunzio sono molteplici: la poesia lirica, quella epica, il

romanzo, le novelle, il teatro, la cronaca giornalistica e la prosa d’arte. Questo

perché la sua attività letteraria fu sempre improntata ad una forte

sperimentazione che lo portò al costante accostamento di modelli antichi e

moderni.

Più volte gli vennero contestati dei plagi, essi però, vanno compresi come

aspetto tipico del suo sperimentalismo. Allo sperimentalismo vanno aggiunti i

molteplici interessi culturali di D’Annunzio che inevitabilmente determinano

quel carattere di commistione di elementi di provenienza diversa propria della

sua poesia.

Anche per rispondere al gusto mutevole del pubblico egli fece uso delle nuove

tendenze letterarie.

D’Annunzio finì per creare in questo modo una sorta di enciclopedia del 10

Il Piacere.

Decadentismo la cui espressione più importante divenne il romanzo

Con quest’opera nasce anche un vero e proprio "pubblico dannunziano",

condizionato non tanto dai contenuti quanto dalla forma divistica, un vero e

star system,

proprio che lo scrittore costruì attorno alla propria immagine. Egli

inventò uno stile di vita da "grande divo", con cui nutrì il bisogno di sogni, di

misteri, di "vivere un'altra vita", di oggetti e comportamenti-culto che stava

connotando in Italia la nuova cultura di massa, proprio come il suo Andrea

Sperelli, il protagonista del romanzo.

L’Estetismo per D’Annunzio fu, prima di tutto, aspirazione a costruire la propria

vita come un’opera d’arte. Il programma dell’estetismo è completamente

Il Piacere,

delineato nel protagonista de il quale, riduce la figura dell’esteta a

una dimensione mondana arricchendo le vicende con la cornice esclusiva ed

elegante dell’aristocrazia romana e ottenendo così infatti un gran successo di

pubblico.

Estetismo, superomismo e panismo Le vergini delle rocce,

Il mito dell’esteta si travasa a partire dal romanzo in

quello del superuomo, infatti, si diffuse molto presto anche in Italia la filosofia

del superuomo. D’Annunzio si accostò subito al tema nietzschiano che venne

assunto dallo scrittore pescarese, in modo abbastanza superficiale ed esteriore.

In D’Annunzio, infatti, si perde la negatività del pensiero nietzschiano:

D’Annunzio celebra il superuomo come individuo superiore a ogni altro per

raffinatezza, culto del bello, doti artistiche. Superuomo è, per D’Annunzio, colui

che impronta la sua vita sul modello dell’arte – bella e perfetta, disinteressata,

unica e sprezzante della mediocrità – e che dunque non può sottostare alle

leggi pensate per gli uomini comuni.

Ai pochi eletti che sanno improntare la propria vita alla lezione dell’arte, spetta

il compito di guidare le nazioni, di indicare agli altri la via sulla quale muoversi,

di porre ogni aspetto sotto il segno dell’arte.

I temi dannunziani si incrociano spesso con le contraddizioni della vita. Nelle

pagine dei suoi romanzi i protagonisti conoscono spesso il sapore amaro della

sconfitta e dell’incapacità di vivere. Per contrasto risaltano le figure femminili,

la donna spesso è dipinta come “donna fatale”, misteriosa e lussuriosa, in

grado di dominare il “superuomo” utilizzando a suo vantaggio la seduzione,

Il trionfo della

mentre l’uomo è consumato dalle passioni (tema del romanzo

morte).

L’Estetismo è per il poeta celebrazione del culto degli istinti e del corpo e fu

questa la vera fonte di scandalo che produssero i suoi romanzi. Questo primato

della percezione, o del ‘piacere’ inteso sia in senso stretto che in senso

Alcyone,

estetico, che ritroviamo in particolare nelle poesie di serve anche a

ricollocare la vita dell’uomo dentro la vita della natura come si riscontra nella

poesia “La pioggia nel pineto” nella quale si assiste ad una vera e propria

metamorfosi dell’uomo nel contesto naturale (processo che va sotto il nome di

Panismo).

L’Estetismo, infine, suggerisce l’idea del poeta come supremo artefice: colui

che produce gli oggetti dell’arte sottoponendoli a una lunga elaborazione,

come un artigiano fa con i suoi manufatti. Il poeta-artigiano è una mente

superiore, una spiritualità raffinata che sottolinea in questo modo le doti e il

valore dell’esperienza artistica.

L’arte e il suo pubblico

Una delle novità più grandi portate alla nostra letteratura da D’Annunzio fu il

nuovo rapporto che consapevolmente egli cercò di costruire con il proprio

pubblico.

D’Annunzio fu il primo scrittore moderno in quanto seppe interpretare le novità

scaturite dalla nuova società di massa. D’Annunzio si propone come un

intellettuale di tipo nuovo: uno scrittore in grado di soddisfare il proprio

pubblico borghese, desideroso di nobilitarsi intellettualmente, fornendo

personaggi d’eccezione, amori raffinati e ambienti falso-antichi, costituendosi

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